“No al modello spezzatino”

Hanno scioperato oggi (23 febbraio) in tutta Italia i lavoratori e le lavoratrici dell’azienda di telefonia mobile Tim contro il nuovo piano industriale che potrebbe portare in pochissimo tempo allo smembramento dell’azienda, attraverso la creazione di due società separate, NetCo per le reti e ServiceCo per i servizi. Il rischio di esuberi con la nuova operazione rimane altissimo, “un modello spezzatino” lo definiscono i sindacati che oggi hanno indetto la giornata di mobilitazione su tutto il territorio nazionale in attesa di un incontro con il premier Draghi.
I nodi sul futuro del Gruppo sono ancora tutti senza risposte, spiegano i delegati sindacali di CGIL, CISL e UIL che seguono la vertenza in Trentino Alto Adige, mentre rimane in piedi l’ipotesi di scorporo della rete. Cresce la preoccupazione per le ripercussioni che ne potrebbero derivare. “Nelle due province - spiega a salto.bz il delegato Maurizio Franchi - si contano 420 dipendenti, 42 mila lavoratrici e lavoratori in tutta Italia. a cui si aggiungono tutti gli addetti delle società che operano negli appalto. Le lettere che abbiamo spedito in questi mesi non hanno mai avuto risposta - prosegue il delegato sindacale -. Ora il tempo che abbiamo a disposizione è pochissimo. I rischi a cui vanno incontro sono davvero alti”.
Non può essere il profitto a guidare scelte strategiche e investimenti
“L’ipotesi di scorporo e cessione della rete che di fatto il cda non ha mai escluso è sbagliata e dannosa perché pregiudica il futuro di uno degli asset strategici del nostro Paese - hanno denunciato questa mattina i rappresentanti delle tre sigle sindacali in una conferenza stampa indetta a Trento, nella sede della CGIL di Via Muredei - Nell’ultimo trentennio in Italia sulle telecomunicazioni si è deciso di puntare su un modello sbagliato. Un settore che ovunque rappresenta un volano di crescita e sviluppo tecnologico è ridotto nel nostro Paese a bruciare 12 miliardi di ricavi negli ultimi undici anni. Una dinamica che ha aggravato gli effetti dei ritardi sul superamento del digital divide e si è drammaticamente riverberata sull’occupazione del settore, in costante diminuzione da decenni”.
Per i sindacati lo Stato deve agire subito e non limitarsi a guardare: “Non può essere il profitto a guidare scelte strategiche e investimenti - ribadiscono i sindacati -. Tutto il territorio dal centro alle più lontane periferie, ha bisogno di un piano di digitalizzazione capillare così come va reso esigibile il diritto alla connessione di qualità per tutti i cittadini e le cittadine”.
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