Society | kalašnikov&valeriana

L'ennesimo femminicidio

L'uccisione a Merano di Sigrid Gröber è un segno di fallimento della nostra società, tutta!
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Foto: Screenshot

E mentre proprio in questi giorni nel tribunale di Bolzano si sta discutendo come Mustafa Zeeshan abbia potuto per sbaglio uccidere sua moglie Fatima a causa dei suoi disturbi del sonno, a pochi chilometri si consuma l'ennesimo femminicidio. Il femminicidio di Sigrid Gröber. Meno o peggio degli altri? Non lo so.
So invece che non mi sorprende. Non mi sorprende che un’altra donna ancora sia stata uccisa per mano di un uomo o meglio del suo partner. Certo, speravo tanto di sbagliarmi ed è chiaro che fino a giudizio o dichiarazione di colpevolezza certezze non le abbiamo… D'altronde se in Italia contiamo un femminicidio ogni settantadue ore, è matematico che prima o poi avvenga anche nella nostra Provincia. Questa volta prima del solito se teniamo conto di quello di Alexandra Elena Mocanu a Bolzano nell’ottobre 2022.
Non mi sorprende nemmeno quello che sta succedendo nelle aule del tribunale di Bolzano. È sinonimo dell’impegno collettivo di trovare a tutti i costi una scusante per il violento e una corresponsabilità della vittima. È sinonimo di quei preconcetti e stereotipi di genere che rendono socialmente accettabile la violenza su donne, bambine e bambini e preparano il terreno fertile per la loro uccisione.

”Se davvero la situazione fosse stata così grave, se ne sarebbe andata prima” dicono Pubblici Ministeri. “In realtà non capisco, perché lei tema per la sua vita, tutti litigano prima o poi” dicono operatori delle Forze dell'Ordine. “Eh, ma doveva denunciare prima”, dicono cittadine e cittadini. “Qui c'è dietro un disagio sociale o un abuso d'alcol” dicono i media. E avanti così a incolpare le donne, persino morte, uccise dal violento. Anziché vedere la realtà dei fatti e chiamarla per nome: femminicidio! L’omicidio di una donna per mano di un uomo per motivi basati sul genere. Un esempio per questi motivi? L’assunzione che una donna si possa possedere, controllare e giudicare. E quando da tutto questo si sottrae, c’è chi la priva della vita come atto estremo di controllo, e c’è chi giustifica.

Tutto questo, mentre chi sul campo lavora e si forma da decenni continua a ripetere: La violenza domestica non è un conflitto - il femminicidio non è un raptus - la responsabilità è del violento - prendiamo posizione! - ci vogliono formazione, prevenzione e sensibilizzazione.
E poi la frase che tanto fa inorridire chi non vuole vedere come quotidianamente contribuisce a quel substrato culturale che lo rende possibile: ogni femminicidio è un segno di fallimento della nostra società tutta. A partire da coloro che negano i diritti fondamentali alle donne, passando da chi si gira dall’altra, fino a coloro che con senso di superiorità affermano che basta volerlo per riuscire a vivere libere dalla violenza. A vivere.