Europa gelingt zusammen
Europa gelingt zusammen, l'Europa riesce assieme. Una frase che i 27 capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea si saranno detti in tutte le 23 lingue del continente domenica al museo storico di Berlino, dove hanno sottoscritto una dichiarazione comune, per ridare slancio al progetto comunitario in vista delle elezioni del 2009.
Spesso parlando di Europa emerge la difficoltà di avvicinare le istituzioni alla gente comune, perchè l'immagine dell'istituzione è quella generalmente di un centro di lungaggini burocratiche e Bruxelles diventa facilmente un capro espiatorio per i problemi di politica economica che debbono affrontare i governi nazionali. Molti sanno che l'Unione ha stabilito parametri per la lunghezza dei cetrioli o delle carote, come ricordava spesso l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti, ma pochi, ha sottolineato domenica anche il settimanale “Welt am Sonntag”, ricordano che a Bruxelles si sono poste le basi per uno standard comune di comunicazione (la rete per la telefonia mobile Gsm), sono stati scardinati i monopoli nazionali nelle tratte aeree che permettono oggi a tutti di farsi un weekend in molte città europee pagando cifre ridicole, sono stati fissati standard di qualità per gli alimenti. Siamo quindi di fronte al classico “problema di comunicazione”: quello che manca, per rafforzare ancora di più quella creatura nata con il Trattato di Roma del 25 marzo 1957, è proprio la conoscenza del ruolo dell'Europa all'interno delle nostre vite. Non solo quindi conoscenza, come ricordato anche nei punti sottoscritti, per emergere dal punto di vista competitivo ed economico (uno degli aspetti della “strategia di Lisbona”), ma anche una, che potrà sembrare banale, maggiore coscienza dell'essere parte di uno stesso progetto da parte degli europei stessi. Prendendo a prestito una celebre frase: “Abbiamo fatto l'Europa, ora facciamo gli europei”.
Per questo quindi un evento come quello di domenica fa parlare la gente dell'Europa, oltre a rappresentare anche un momento di svago e promozione turistica negli stand che dalla Porta di Brandeburgo si sono presentati lungo Straße des 17.Juni (famosa per il Capodanno, la Love Parade, i maxischermi durante il mondiale, oltre ovviamente ad essere la strada che dall'ovest portava al muro) per un chilometro di suoni, sapori ed immagini.
Seguendo quindi il principio della conoscenza reciproca ha quindi a mio parere stonato l'assenza di Gianna Nannini al concerto davanti alla porta, dove migliaia di persone attendevano la sua “Ragazzo dell'Europa”. In un comunicato la rockstar toscana ha spiegato che “certe feste sono legate spesso alle parole e alla retorica e si brinda con un bicchiere vuoto. Lo spessore storico culturale civile filosofico europeo ci obbligano a fare di piu`: l´uomo e i suoi diritti al centro di tutto. E questo deve valere per la politica estera e per le guerre. Per rispettare quello che io credo sia lo “spirito europeo”, oggi non festeggero´con le mie canzoni, proprio perche`non voglio che il mio “Ragazzo dell`Europa” diventi ostaggio di questo contesto”. Peccato sentire queste parole, anche se contengono certamente pensieri condivisibili, proprio perchè è controproducente andare contro lo spirito di eventi che comunque in qualche modo cercano di rendere l'Europa più vicina ai cittadini. La “dichiarazione di Berlino” contiene molti principi generali, pochi obiettivi precisi sulla via dell'integrazione; un documento politico come molti, che lascia forse spazio a troppa retorica. Questo viene in risalto soprattutto in passaggi quali: “Noi ci impegniamo affinché i conflitti nel mondo vengano risolti pacificamente e le persone non siano vittime di guerre, terrorismo o violenza. L'Unione europea vuole favorire libertà e sviluppo nel mondo. Noi vogliamo reprimere povertà, fame e malattie”.
Nonostante l'assenza della Nannini sul palco si sono alternati artisti da diversi stati europei, quali il gruppo spagnolo “La Shica”, i tedeschi “Monrose”, la star della serata, il britannico Joe Cocker, fino alla RIAS Jugendorchester ed ai francesi di “Babylon Circus”. Un momento che ha emozionato i presenti, tra i quali molti turisti soprattutto spagnoli ed italiani, è stato quello dei fuochi di artificio sulle note dell'Inno all'Europa di Beethoven, suonate dalla RIAS Jugendorchester. Attimo ricco di significati simbolici: il palco posto a cavallo delle due linee di mattoni che ricordano il tracciato del muro, dietro al palco la costruenda ambasciata degli Stati Uniti con lo striscione “Gli Stati Uniti applaudono i primi 50 anni dell'Europa”, di fianco la porta di Brandeburgo, simbolo della divisione del mondo e dell'Europa, sulla quale venivano proiettate la bandiera a 12 stelle e gli auguri nelle 23 lingue dell'Unione.
Una bella giornata primaverile ha garantito l'afflusso di centinaia di migliaia di persone nei dintorni della porta di Brandeburgo, dove si trovavano molti stand informativi di ministeri tedeschi, ma anche di organizzazioni di categoria, sindacati, oltre a soprattutto le 26 tende dedicate ai paesi membri ospiti a Berlino. In questi luoghi ogni paese ha potuto presentarsi dal punto di vista turistico o attraverso i propri prodotti tipici. Molto d'impatto lo stand della Gran Bretagna, con una band nordirlandese che suonava musica dal vivo e lo spazio dedicato ad una delle grandi sfide future dell'Europa, quella del cambiamento climatico. I visitatori hanno potuto testare il consumo di energia di apparecchi solitamente utilizzati nella vita quotidiana, quali radio, tv, lampade e computer, generando energia grazie al movimento dei pedali di una bicicletta appositamente installata. Il cinquantesimo compleanno è stato salutato dai britannici, membri dell'Unione dal 1973, con una torta lunga 3 metri. Con grande sorpresa a metà pomeriggio lo stand ha ricevuto la visita del premier Tony Blair con la moglie Cherie, che hanno lasciato sul libro degli ospiti come augurio “l'auspicio di altri 50 anni di progressi”. Chissà quale sarà il rapporto con l'Europa del prossimo successore del premier inglese? I Blair hanno salutato con una stretta di mano i presenti e poi sono volati alla volta di Osnabrück, per visitare una base militare.
Molta curiosità per lo stand verde degli svedesi, per le specialità culinarie degli stati baltici, per l'artigianato rumeno, infine per i giochi proposti al pubblico dagli austriaci, che hanno voluto testare le conoscenze europee dei presenti. Dall'Olanda un'idea per risolvere i problemi dei locali giovanili in molte città (Trento ad esempio...): una discoteca “silenziosa”. C'è come sempre il deejay, la console, la pista da ballo. La novità sta nelle cuffie collegate wireless con la console: si balla ma ognuno sente la musica nella propria cuffia. Dall'esterno la sensazione è strana, ma appoggiandosi le cuffie sulle orecchie si capisce la bontà dell'idea: semplice, ma efficace.
Cordiale, allegro e giocoso lo spazio gestito dagli spagnoli, con assoluto mattatore Luis Martos Martinez, ufficio stampa dell'ambasciata iberica, che ha preso per la gola i presenti con il vino tinto ed altre prelibatezze tipiche del paese. Un modo di sicuro non innovativo, ma sicuramente sempre valido per attrarre visitatori e trasmettere in poco tempo un po' della “filosofia del territorio”.
Un po' di delusione per quanto proposto dallo stand italiano. Quando si spendono 45 milioni di euro solo per un sito internet (www.italia.it) che dovrebbe promuovere l'intero paese fa specie vedere una scarna rappresentazione dell'Italia in un'occasione di tali dimensioni. L'idea particolare dell'istituto italiano di cultura di Berlino, ma non certo accattivante in una festa di “massa”, è stata quella di leggere testi italiani tradotti in tedesco all'aria aperta. All'interno della tenda invece si trovavano depliants turistici a casaccio (probabilmente materiale rimasto in ambasciata), una foto d'epoca del Trattato di Roma del 1957, un piccolo banchetto dove si vendeva il caffè espresso a caro prezzo. Nella folla qualche visitatore tedesco che si chiede «ah, gli italiani! Dove sono la pizza e gli spaghetti?». Soliti, scontati luoghi comuni, che sarebbe bello abbattere mostrando la poliedricità del nostro paese. Ci conosciamo troppo poco, diventa difficile parlare di “senso comune europeo”. Ma il bello dell'Europa è che non si sa mai dove va a parare: magari fra 10 o 20 anni seguiremo con maggiore interesse quanto succede a Bruxelles più che gli accadimenti classici della politica romana...