Environment | Ambiente & Economia

E' il momento di cambiare strada

L'attuale modello economico e di produzione agricola e forestale è non più sostenibile, ce lo dice la scienza. E ci dovremmo attrezzare per il cambiamento
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Ormai ci siamo abituati: sul tema ambientale non passa giorno che non vi sia qualche presa di posizione/appello da parte della comunità scientifica. D'altronde gli effetti a volte drammatici del riscaldamento globale sono ormai parte stabile nella cronaca quotidiana.

Di recente però sono stati pubblicati due appelli, entrambe sottoscritti da un ampio numero di scienziati di fama inter/nazionale, che hanno particolare valore per l'Alto Adige e che purtroppo non hanno avuto il giusto riscontro sulla stampa locale. Ne consiglio vivamente la lettura.

Il primo appello, sottoscritto da oltre 200 autorevoli docenti universitari (botanici, biologi, selvicoltori, geologi, esperti di idraulica forestale e diritto del suolo) è rivolto al Presidente della Repubblica al quale si richiedeva di non firmare (cosa che invece è avvenuta la scorsa settimana) la nuova legge in materia forestale. L'appello è particolarmente interessante anche per la nostra provincia perchè mette in dubbio la valenza scientifica di alcuni principi che sono da diversi anni assunti come postulati indiscutibili dell'attuale politica forestale che ha condotto, come chiunque dotato di un po' di memoria e spirito di osservazione, ad uno sfruttamento massiccio della risorsa boschiva (anche in alta quota) senza precedenti e di cui non si riesce a scorgere un limite. Di seguito alcuni dei passi più interessanti :

"Il Decreto assume, contro ogni evidenza scientifica, la necessità di una gestione selvicolturale del patrimonio forestale per la prevenzione del dissesto e degli incendi e la tutela del paesaggio. Se è innegabile che la selvicoltura è un’attività economica di enorme importanza, che non può certamente essere esclusa da tutti i nostri boschi, dobbiamo con forza sottolineare come sia infondato e paradossale attribuirle aprioristicamente, in modo generalizzato, capacità di tutela contro eventi come le frane o l’erosione."

Questa in effetti è l'argomentazione principe, assieme al rischio di spopolamento (in Alto Adige davvero risibile), addotta a sostegno degli interventi attuali, che ricordo, avvengono con una certa profusione di soldi pubblici. Ora sappiamo che, almeno dal punto di vista strettamente scientifico, è infondata. I promotori dell'iniziativa aggiungono, tanto per essere chiari :

"La produzione di legna e legname dai boschi è un’attività economica fondamentale: non vogliamo certo eliminarla dal territorio. Ma se si vogliono rendere i tagli molto più facili per ragioni economiche, allora si abbia il coraggio di dirlo e si lascino perdere ragioni pseudo-scientifiche"

Altra argomentazione usata pesantemente è quella che il bosco non gestito tenda a degradare e perdere valore. Anche in questo caso secondo il parere degli studiosi l'argomentazione non regge :

i boschi, anche se gestiti, sono ecosistemi auto-sostenuti e, in assenza di attività selvicolturali, evolvono in modo autonomo con caratteri che ne aumentano i servizi ecosistemici associati

in altre parole, il bosco dove non sono svolte attività selvicolturali non degrada, anzi, tende a migliorare in termini di valenza ecologica (p.e. qualità delle acque, conservazione del suolo e difesa dal dissesto, habitat per la fauna selvatica).

Anche il passaggio seguente appare di rilievo nel contesto locale dove alcune pratiche molto invadenti e discutibili (es. il taglio a raso) sono in rapida espansione :

 [...] appare molto discutibile sotto il profilo scientifico-ecologico ritenere buone pratiche forestali e assoggettabili ai PES qualunque tipo di utilizzazione forestale purché si abbia rinnovazione.

E a proposito delle strade forestali, il cui numero e dimensione è in crescita esponenziale (e che la nuova legge consentirebbe di asfaltare) il parere degli scienziati è netto :

Va sottolineato che la viabilità forestale ha spesso dimostrato di avere notevoli impatti negativi sull’erosione del suolo, sul rischio di frane e sulla biodiversità floristica e faunistica (per il fenomeno noto in ecologia come effetto margine)

Insomma, ci sarebbe parecchio su cui riflettere, ma anche porsi una domanda sul perchè il dibattito su queste tematiche sia di fatto totalmente assente.

Il secondo appello riguarda invece un tema che contrariamente a quello della gestione forestale, è caldissimo: l'uso dei pesticidi

La lettera aperta alla UE, sottoscritta da un grande numero di scienziati di tutta europa, chiede la messa al bando totale di un particolare tipo di pesticidi, i neonicotenoidi, usati principalmente dai frutticoltori e che, secondo la Commissione Europea che nel 2013 ha commissionato uno studio sui loro effetti, "rappresentano un rischio inaccettabile per la sopravvivenza delle api". C'è da dire che da qualche anno in Trentino Alto Adige il loro uso è vietato durante la fioritura, ciò nonostante secondo studi promossi anche dall'Università di Bolzano e dalla Fondazione Mach, il livello di pesticida presente nel cervello delle api rimane a livelli assai pericolosi.

Ma al di là dello specifico l'appello degli scienziati contiene alcune affermazioni molto nette sia sull'uso dei pesticidi in generale che sulle modalità con cui coltiviamo :

Sono 60 anni che continuiamo a girare sulla giostra dei pesticidi: generazioni dopo generazioni di prodotti chimici vengono messi in commercio per essere vietati 10 o 20 anni dopo, quando emergono i danni ambientali da essi causati. Ogni volta vengono sostituiti con qualcosa di nuovo, e ogni nuova sostanza porta nuovi problemi e imprevisti. Considerata l’intelligenza della nostra specie, è straordinario come noi esseri umani riusciamo a ripetere sempre gli stessi errori 

Anche in questo caso gli scienziati mettono in dubbio non solo la valenza scientifica delle motivazioni che da sempre sono alla base delle scelte prese in campo agricolo, ma anche quella economica :

 l’agricoltura biologica ha una resa media dell’80%: con una piccola riduzione degli sprechi di cibo (attualmente intorno al 35%) e del consumo di carne rossa, potrebbe facilmente sfamare il mondo intero. L’agroforestazione su piccola scala e i sistemi di permacoltura offrono rese addirittura maggiori dell’agricoltura convenzionale

Ma la vera ciliegina sulla torta è la conclusione, particolarmente calzante nel contesto locale, dominato da una monocoltura spinta :

Per produrre il cibo di cui abbiamo bisogno, ci sono modi molto migliori invece di continuare con gigantesche monocolture da spruzzare costantemente con varie miscele di pesticidi

A questo punto non ci sono dubbi, il parere della scienza è netto. E non parliamo di uno sparuto gruppo di scienziati talebani/ecologisti.

Se davvero si crede nella scienza e nel metodo scientifico come ogni giorno si professa è necessario iniziare a prendere seriamente in considerazione la necessità di un cambiamento di rotta deciso.

Perchè fra non molto quello che stiamo facendo mostrerà tutta la sua fragilità e inizieremo a pagarne le conseguenze. In fondo, al di là del parere dell'ambiente scientifico, molti iniziano a maturale la consapevolezza dell'insostenibilità dell'attuale sistema semplicemente perchè si palesa sempre più evidentemente, basta aver voglia di vedere.

Siamo una provincia ricca e anche culturalmente molto legata al territorio di cui ci si è sempre presa cura, riconoscendone l'importanza: abbiamo i mezzi economici e le capacità per farlo e diventare così un esempio a livello europeo. Non potrà che giovare a tutti noi e non solo in termini di salute e benessere ma alla fine anche a livello economico. La speranza è che la politica che per decenni si è dimostrata illuminata e che per questo qui da noi ancora gode di molto seguito fra la popolazione, prenda consapevolezza della situazione reale e sia in grado di portare avanti un'azione a medio lungo termine capace anche di resistere alle lusinghe delle strade che promettono facili arricchimenti.