Elogio del vino santo
Si tratta di un passito prodotto esclusivamente nella Valle dei Laghi, ottenuto dall'appassimento su graticci, le arèle, di uve nosiola (un vitigno autoctono), di cui si selezionano solo i grappoli spargoli (con pochi acini e ben distanziati). I produttori sono 7 per circa 14 ettari complessivi. Inoltre costituisce un presidio slow food.
Il tempo, la benefica Ora del Garda, che fornisce una ventilazione costante, mite e asciutta, e la muffa nobile, che favorisce la concentrazione degli zuccheri, portano a una riduzione del volume di acqua (e quindi a un calo di peso) di più di due terzi. Dopo la torchiatura, il mosto viene messo in botticelle di rovere per la fermentazione con lieviti in massima parte autoctoni e infine in bottiglia, dopo un periodo di almeno quattro anni dalla vendemmia, come da disciplinare.
Il risultato è un vino dolce di colore dorato o ambrato, di grande aromaticità, equilibrio ed eleganza, dal profumo avvolgente e dal gusto persistente, un vino raro e prezioso, una magia, un nettare da tenere in serbo per gli ospiti di riguardo o per occasioni particolari.
Lasciando da parte abbinamenti "di moda" come gli erborinati o il paté, va eventualmente accompagnato a dolci con altrettanta persistenza aromatica.
È un vino di grande tradizione, al quale sono da sempre state attribuite proprietà corroboranti. Michelangelo Mariani, cronista del Concilio di Trento, racconta dei vini "rari, amabili e pettorali" di Castel Toblino e il principe vescovo lo preferiva come vino da messa. Oggi è un pezzo di storia che si rinnova continuamente.
Questo prodotto strettamente legato al territorio è anche un vino corale in quanto frutto del lavoro, della collaborazione e dell'esperienza di generazioni e generazioni. Si dice anche che il nome venga dal fatto che per fare questo vino … ci vuole la pazienza (certosina) di un santo! Ipotesi se non credibile, almeno verosimile …