Europa, tra mito e politica economica
Alla ricerca di Europa, dice il titolo del documentario firmato da Alessandro Scillitani, presente in giuria per i documentari a Bolzano nel corso del BFFB (Bolzano Filmfestival Bozen) dal 9 al 14 aprile scorso, e assieme a lui ci erano andati Piero Tassinari e Paolo Rumiz. L’idea era dello stesso Tassinari, storico e professore alla università di Cardiff, il quale dopo l’esito del referendum che aveva portato alla Brexit (che poi si faccia o non si faccia, prima delle elezioni del 26 maggio) volle andare a fondo sulla questione mitologica riguardante la dea Europa e le sue radici. Soprattutto per raccontare meglio ai suoi studenti che cosa avrebbero perso. Nesso di connessione è dunque la origine di – e quindi della – Europa e la Gran Bretagna che ne fa(ceva) parte, un nesso anche suo personale visto che era partito dalla natìa Trieste per recarsi nel Galles da dove erano partiti con una barca a vela, anch’essa “storica” e assieme “mitologica”: battezzata Moya fu costruita nel 1910, di fattezza inglese e a regola d’arte, in legno pregiato. Tassinari, purtroppo scomparso all’improvviso nel 2017, se l’era comprata e l’aveva non soltanto restaurata ma per l’occasione aveva fatto piazzare anche due corna a prua per simboleggiare quel toro bianco in cui si era trasformato Zeus ai fini di rapire la giovane Europa di cui si era pazzamente innamorato. I sessanta minuti di film passano in fretta davanti ai nostri occhi con le immagini di alcune delle più belle isole del Dodecaneso, Rodi in primis, dove fu eretto il primo dei “castelli di attacco” – come li chiama Tassinari nel film – eretti nel periodo delle Crociate dai tanti legionari partiti dalle loro terre per difendere quella considerata originaria della religione cristiana. Guerre di religione, già allora. Furono i fascisti italiani sotto Mussolini nel 1921, dopo aver conquistato l’isola greca, a riportare quella fortezza allo splendore medievale, in quanto nel frattempo le mura erano state coperte da diversi apporti architettonici di ispirazione turca perché cittadini turchi vi si erano insediati nel periodo del dominio degli ottomani.
Nell’arco della ricerca della Europa mitologica possiamo ammirare anche noi quei bei paesaggi insulari, circondati dalle acque del Mediterraneo, le cui onde vengono solcate dalla prua a punta lunga che ci fa viaggiare con essa. Fuori campo sentiamo alternativamente la voce di Tassinari e di Rumiz, la prima legge in originale la storia del mito e racconta eventi e fatti storici accaduti, la seconda avanza ipotesi, riflessioni e proiezioni per un futuro. Già qui. Nel presente. Visto che nelle interviste fatte alle persone incontrate riguardo quella Europa, antica, la risposta è sempre attinente all’era contemporanea, quindi alla nostra Europa unita, alla condizione politico-economica. Una donna a Rodi metaforicamente afferma: “Europa è ovunque e in nessun luogo!”
salto.bz: Come si era formato il gruppetto che ha compiuto il viaggio?
Alessandro Scillitani: Piero e Paolo Rumiz erano già amici, entrambi triestini avevano già fatto altri viaggi in mare assieme, e così l’avevo conosciuto. Un giorno Piero mi contattò comunicandomi il suo desiderio di compiere questo viaggio visto che aveva fiutato l’aria di Brexit. Per Rumiz il tema Europa ha da sempre una grande importanza e nel giro di poco lo sentimmo un argomento comune, non ultimo perché avendo da poco girato i fronti della prima guerra mondiale all’inizio della quale le persone giravano liberamente nei paesi cosiddetti europei e quindi se ne sentiva un po’ le radici di quel che sarebbe accaduto dopo la seconda grande guerra già tra i soldati nelle trincee varie.
Inoltre Paolo ha altri progetti in corso, come quello della orchestra giovanile europea che ogni anno si rinnova in un altro paese, formata ex novo da ragazzi nuovi risorge sempre come un’Araba Fenice, per cui si era detto subito disponibile a fare anche la voce narrante nel film.
Europa. Il tema lo si legge a più livelli, anche la barca viaggiava con quella bandiera assieme a quella inglese e quella greca…
Il veliero nel corso della sua veneranda età era passato di mano in mano con proprietari vari anche del mondo del cinema. Tassinari e Rumiz hanno scritto un libro a quattro mani sulla storia della barca Moya che per volere di Piero era tornata nel Mediterraneo.
Colpiscono le immagini da lei filmate con molta discrezione, di tanto in tanto paiono finestre sul mondo che fu e altre su un eterno presente.
Nel corso del tempo ho maturato questo tipo di intenzione di rendermi trasparente, di farmi piccolo piccolo con la mia telecamera per cercare e rendere l’autenticità, uno stile perfezionato in solitaria. Volutamente. Sarebbe stato impensabile portare una troupe sulla Moya senza andare a creare artifici non voluti da nessuno, avremmo dovuto coinvolgere una seconda barca, quando la mia intenzione era appunto di stare “con” gli altri a bordo, far parte del racconto e quindi entrare nella vita quotidiana per descriverla. Per questo era necessario raccogliere attimo dopo attimo e cercare di registrare il più possibile facendo dimenticare la mia presenza. Così pure nel corso degli incontri con le persone sulle isole.
Grazie al montaggio, anch’esso firmato da lei, è riuscito a creare un discorso coerente tra audio e immagini, sebbene spesso scorrano indipendenti l’uno dall’altro generando a volte sinergie e altre contrappunti intriganti.
L’idea di Piero fu per me elemento seduttivo e i motivi forti per condurre quel viaggio continuavano ad attraversare le riprese prima, e il corso del film dopo. Mito e politica, storia e presente: ho accolto tutte le contraddizioni per narrarle in un racconto aperto, in fondo l’argomento era simile, allora come oggi si era e siamo in un’epoca confusa. Un tempo si respirava l’entusiasmo di far parte della Unione europea, ma ormai i cittadini sono divisi in fazioni, chi è pro e chi contro, dove nessuna delle due porta argomenti convincenti. Ma se c’è meno Europa, dove dirigersi? Manca l’orgoglio e il piacere di essere in Europa, e con questo film volevo dare un contributo, ma non di parte, quanto invece r/accogliere ciò che avviene davanti all’obiettivo, in modo discreto, come ho già detto. Ascoltando il mondo e non fornendo un determinato punto di vista. Lo spettatore si deve sentire coinvolto nel viaggio, tra onde e idee, tra isole e continente.
Trovo molto affascinante l’accostamento della dea Europa alla nostra Europa di oggi.
Si tratta di un mito laico, un’idea religiosa più aperta, e personalmente ne sono rimasto talmente affascinato da catapultarmi in questo racconto dei posti e dei luoghi in cui è ambientato. Grazie per altro alla maestria narrativa di Piero, il quale con grandezza narrativa e sapienza storica ci rende partecipi di radici antiche, di un oriente e occidente da sempre in conflitto e collaborazione. Persino il tema del profugo era già presente dai tempi antichi, visto che Europa proviene dalla Fenicia, da Tiro che oggi si trova in Libano, sulla costa mediterranea. Ogni mito narra eventi realmente accaduti, qui assistiamo a un ratto – Zeus sotto le sembianze di toro rapisce Europa, figlia del re di Tiro, e la conduce sull’isola di Creta dove poi vivrà generando tre figli con il dio greco – e alla conseguente mescolanza di culture. C’è sempre stato il dialogo tra le coste e le culture, nel Mediterraneo, il viaggio nel mare dalle isole greche a quelle turche, e viceversa, in mare non ci sono stazioni doganali, il mare è una koinè di coste affacciate arrecandovi una radice forte. È da qui che Europa parte verso il nord. Qualcuno tende a identificare le radici europee nella cristianità, ma forse sono di fatto più antiche? Ci sono storie di grande profondità, storie di radici comuni che vanno oltre la comunità europea. Forse i principi andrebbero rivisti con gli occhi di oggi – e di ieri - per arrivare a un futuro diverso. Il commento di uno spettatore mi ha fatto riflettere, il quale citò l’esempio portato da Piero riguardo la nave di Teseo, la cui leggenda narra che fu rimaneggiata più volte e non poteva più essere considerata la stessa e che la stessa cosa si poteva dire della barca Moya, per arrivare a dire che forse quella barca poteva essere considerata una metafora-simbolo della nostra Europa? Quale tassello corrisponde a quella Europa lontana? E con le modifiche di abitudini e tradizioni che cosa era accaduto? I grandi cambiamenti nei secoli? Dove e come si può identificare la vita che scorre?
Le risposte avute dai cittadini greci intervistati, pescatori e osti di trattorie, turisti e altri, in cui invece di divagare sul mito Europa si arriva subito alla Merkel e alla Germania che domina lo spirito europeo, ve l’eravate aspettate?
Abbiamo tutti avuto il massimo rispetto per le risposte delle persone che ovviamente non avevamo minimamente immaginato benché fossero prevedibili, dopo tutte le sanzioni operate alla Grecia. In fondo è la narrazione di una Europa odierna legata alla condizione economica, ciononostante pensavamo che da quelle parti forse si ricordano il mito. Eppure ci stanno, se teniamo conto che quelle frasi non sono soltanto diffuse in Grecia per causa di tanti errori sul piano politico, quando tutto passa per l’economia, i migranti, le tasse, tutti macro-temi dove il resto si perde. Certo, sentire questo mentre sullo sfondo si vedono resti archeologici, come a Kos dove un mosaico ricorda la storia di Europa e c’è una statua dedicata alla giovane dea, amiamo pensare che le persone abbiano memoria del loro passato. Eppure, benché nelle parole non lo dicono, da qualche parte nei loro volti e nelle loro espressioni sono nascoste quelle radici millenarie. Basta identificarle nelle inquadrature…
Infatti, i loro occhi spesso dicono altro, anche il giovane greco che alla fine dice di voler essere libero. Mi viene in mente un film girato poco dopo l’allargamento della Unione agli attuali 28 stati e intitolato Die Mitte, in cui i registi tedeschi erano andati alla ricerca del centro dell’Europa e nel loro percorso intervistavano gli allora nuovi cittadini europei, tantissimi delusi dalle prospettive o dalla generalizzazione.
Indubbiamente. La storia ha sempre portato grandi pluralismi e molti particolarismi (non ultimo il cibo, le lingue, la cultura) che per altro sono elementi di distinzione anche nobili. Ad esempio, se mi trovo in Canada e mi chiedono di dove sono, rispondo che vengo da Reggio Emilia, tutt’al più aggiungo Italia, ma non dico mai che sono europeo. Al contrario le persone degli Usa, che per altro sono stati uniti piuttosto giovani, uniti però da un forte mito fondativo dettato dal sangue, per cui hanno stravolto equilibri, annullato civiltà intere, accumulando tanti elementi negativi, eppure ogni americano dice di essere americano: “I’m American!”, non dice di venire dalla California, nonostante le differenze identitarie e abitudini diverse. Quella idea forte che unisce tutti, qui manca. La storia ci può aiutare, ci offre significati e dati, al di là di quella scritta che rispecchia sempre un determinato punto di vista di colui che l’ha redatta.
Potremmo imparare dall’impero austro-ungarico che nelle sue tante contraddizioni, nonostante fosse sfaldato e scricchiolasse all’interno, aveva unito tante lingue e culture diverse sotto una unica bandiera. È questa che dovremmo creare, una Europa dei popoli, dove ognuno possa mantenere la propria cultura e sentirsi lo stesso parte di questa unione.