Farli star bene a casa nostra
Ogni tanto la realtà meno piacevole viene a farci visita. Mentre consideriamo fondamentali le bizze di brevilinei uomini politici, risultati sportivi o, ancor peggio, la segnaletica di montagna, una tragedia arriva a ristabilire le priorità. Ma siamo talmente poco abituati a questa realtà che siamo capaci di reagire solo attraverso gesti simbolici: un fiocchetto nero sui social network, una firma su un sito, una manifestazione in piazza, un minuto di silenzio.
La realtà è che milioni di persone, la maggior parte degli abitanti del pianeta, vive al di sotto o al limite della soglia di sopravvivenza, causa fame, guerre, carestie e violenze di vario genere. Da quando esiste il mondo chi si trova in una situazione simile prova a cambiare le cose o ad andarsene, chi pensa che sia facile la prima ipotesi provi a cambiare l'assurda mentalità di questo paese poi magari ci si risente, gli altri sanno già che fermare l'immigrazione è come sperare di gestire il clima, decidendo in quale giorno far piovere e in quale tenersi il sereno.
Questo non significa che il fenomeno non si possa gestire, anzi, si deve, ma occorre capirne la dimensione e la complessità e quindi allontanare dal dibattito tutti gli slogan e le sparate di qualche politicante che conta di guadagnarsi il pane limitandosi ad urlare contro un capro espiatorio. La Lega Nord, uno dei partiti più xenofobi e ossessionati dalla sicurezza dell'intera Europa è stata al governo per lunghi anni, i risultati vi sembrano apprezzabili?
Ma il problema maggiore non è che non abbiano ottenuto risultati di alcun tipo, ma che da vent'anni tengano in mano il pallino del dibattito politico sulla questione, facendo sì che si facciano leggi che servono unicamente a tranquillizzare l'elettore più sprovveduto. Nonostante questo duri da decenni, i media continuano a divertirsi a rilanciare la sparata del politico più ottuso e rilanciano il dibattito su cui si finisce per litigare nei talk show. Perché "sparare ai barconi", "rimandare tutti a casa" è già un titolo pronto, mentre spiegare la complessità non interessa più a nessuno.
L'esempio pratico e lampante di questa mentalità è la leggi Bossi-Fini che non solo non ha fermato lo sbarco dei migranti, ma ha reso la vita impossibile a chi è in regola. Chi è clandestino si ritrova punito con un foglio di via, potendo continuare a gestire i suoi lavori o i suoi traffici da "inesistente" mentre i regolari passano giornate a espletare pratiche burocratiche infinite, mentre il dibattito continua a puntare alla pancia della gente da cui si sa cosa madre natura fa uscire.
Se davvero vogliamo onorare le vittime della tragedia di ieri, occorre innanzitutto espellere dal dibattito tutto quello che evidentemente non tende alle soluzione del problema, ma all'interesse personale di chi non ha orrore a sfruttare le tragedie altrui per fare campagna elettorale.
Si ragioni sui fatti, ovvero che viviamo in un mondo ingiusto che, a secondo del luogo di nascita, ti garantisce un futuro opulento o non te ne garantisce nessuno. Questo non significa aprire le frontiere a tutti, ma di finirla con gli slogan di facile presa anche se non xenofobi. Perché dire "facciamoli stare bene a casa loro" non ha alcun senso, perché occorrerebbe cambiare le regole del mercato mondiale, oggi decise da chi sfugge persino al controllo dei governi dei paesi più ricchi, o ritornare al colonialismo che ha già mostrato i suoi effetti.
E' molto meglio farli star bene a casa nostra, attivando concreti processi di integrazione, perché migliorando la vita di chi arriva qui staremmo meglio tutti.
E' ora di abolire la stupida Bossi-Fini e si produca una legge che non sia figlia dei sogni di qualche populista con scarsi studi; si cambi il diritto di cittadinanza e si ampli il diritto di voto, perché chi paga le tasse ha diritto di decidere dove finiscono i suoi soldi, indipendentemente da dove è nato.
Se invece si preferisce continuare a discutere delle sparate degli xenofobi e razzisti, così tutti ci sentiamo “più buoni”, allora si evitino fiocchetti e minuti di silenzio perchè occorre fare qualcosa di pratico e concreto. Non per rinunciare a qualcosa per darlo agli altri, ma per stare meglio tutti, pare si chiami civiltà.