Figli e nipoti dell'autonomia
"Noi figli dell'autonomia" di Hans Karl Peterlini (Edizioni alphabeta Verlag 2013) è la versione tradotta ed aggiornata di "Wir Kinder der Südtirol-Autonomie) che l'autore aveva scritto dieci anni fa. Il poscritto di aggiornamento fornisce a Peterlini la possibilità di superare il sottotono pessimista con cui aveva chiuso la versione in lingua tedesca. Al di là dei cambiamenti politici, è, però, l'esempio famigliare a incrementare l'ottimismo di Peterlini. Ruben, il suo figlio più piccolo, pur provenendo da una famiglia tedesca, è stato iscritto ad un asilo italiano ed in tre anni "non ha mai avuto nessun problema etnico o culturale".
Lo stesso autore sembra meravigliarsene, ma Ruben è "un nipote dell'autonomia", cresciuto in un ambiente che non si concentra più sulle questioni etniche ma piuttosto sulle opportunità individuali. La Libera Università di Bolzano è piena di questi "nipoti", ma nessuno se ne accorge perché la toponomastica sui sentieri riempie più facilmente le pagine dei giornali ed anima le solite discussioni nei bar. Si potrà ribattere che Peterlini è stato fortunato, che ci sono asili in cui le cose vanno molto peggio e negli istituti professionali non si respira la stessa aria della Lub. Può darsi. Che sia una questione economica? O di livelli di istruzione? Non è questo il luogo per discutere se sia l'istruzione a innescare il benessere o viceversa, ma Peterlini invita tutti a promuovere e "stimolare le premesse positive nel mondo della vita per impedire che la pace traballi di nuovo e che si sciupino le opportunità del presente". Sacrosanto, ed è una regola generale, in Sudtirolo come in Italia e in tutta Europa. Nelle ultime righe del suo libro, l'autore sottolinea come ci sfuggano le perle del Sudirolo (e non si riferisce alle montagne) mentre "ciò di cui abbiamo bisogno è la scoperta della molteplicità come sfida, come stimolo, come difficoltà, come irritazione, come bellezza, come varietà insomma". Fortunatamente questa non è una terra che disdegna le salite anche se difficoltose.
Detto questo, il libro è anche uno strumento utilissimo per ripassare la storia dell'Alto Adige/Südtirol perché il punto di vista dell'autore e le sue storie famigliari completano la precisione storica e rendono il testo più facile da seguire e quindi più aperto alle riflessioni personali.
A Peterlini vanno fatti i complimenti non solo per questo, ma anche per aver esposto pubblicamente le sue pulsioni identitarie, senza nessuna vergogna. Fino al punto di ammettere di essere milanista.