Giornalismo e qualunquismo
Si legge da qualche parte, di nuovo in questi giorni, come il giornalismo politico sia annoiato e non approfondisca nulla. Rassicura, innanzitutto che queste diagnosi così perentorie (e dunque inconsistenti) siano presenti soprattutto nelle chiacchiere da bar (o in Rete) le quali non sono esattamente il luogo ideale per quasi nessun approfondimento che non sia dovuto a qualche rancore e ad alcune birre.
Non si tratta, va da sé, di difendere la categoria alla quale chi scrive appartiene da qualche decennio, salvo aver scelto quasi soltanto temi storici e culturali da qualche tempo a questa parte. Si tratta, ahinoi, di registrare critiche casuali e confuse di chi offre l’impressione non solo di non saper scrivere ma neanche di saper leggere.
Per carità, i casi sono isolati e non rischiamo una epidemia. Ma quando si insinua che il giornalismo si annoia e non approfondisce, ebbene sarebbe il caso di segnalare esempi concreti. In caso contrario, si chiama qualunquismo o peggio. Come dire che a Scampia tutti sono ladri armati oppure che i belgi sono tutti pessimi guidatori in autostrada.
Quando si insinua che il giornalismo si annoia e non approfondisce, ebbene sarebbe il caso di segnalare esempi concreti. In caso contrario, si chiama qualunquismo o peggio
In filigrana, vediamo un rischio antico e purtroppo amplificato dalla e nella Rete, oltre che da una birra di troppo: quello di generalizzare e fustigare non tanto singoli approcci giornalistici che riteniamo sbagliati o addirittura “pericolosi” (ben vengano le critiche ma è elementare documentarle), quanto un intero sistema informativo. In questo caso – troppa grazia – circoscritto al giornalismo politico. Presumibilmente quello italiano e quello che segue la nostra politica interna.
Certo, ci sono analisi e analisi e retroscena e retroscena sui giornali che stanno seguendo la grottesca drammaturgia post-elettorale. E, per fortuna, esiste anche una polifonia di articoli e commenti che fa rima con democrazia.
Ma sostenere che il giornalismo politico è annoiato e non approfondisce significa allontanare ancora di più lettori o utenti di radio, tv e siti (o portali felicemente babelici come Salto.bz) dalla vita reale e da un approccio partecipativo e responsabile. E anche qui, si tratta di democrazia.
“L’è tutto sbagliato, l’è tutto da tifare”, sbuffava il campione Gino Bartali. Ma almeno lui, sapeva andare in bicicletta.