In campo la storia
Italia-Uruguay è una partita storicamente affascinante. In campo due nazionali che, insieme, hanno totalizzato ben 6 vittorie mondiali, anche se 4 delle quali risalgono a tempi davvero arcaici: 1934 e 1938 per gli azzurri, e 1930 e 1950 la Celeste. E proprio la “finale” del primo mondiale brasiliano - in realtà l'epilogo di un torneo giocato fino all'ultimo col sistema dei gironi -, disputata il 16 luglio 1950, è la partita con la quale la formazione uruguayana ha consegnato alla storia una delle pagine più significative di questa competizione. Una partita che profuma ancora di leggenda.
Quel giorno quasi 150.000 spettatori gremivano gli spalti del gigantesco Maracanà, accorsi per godere il trionfo del Brasile, fino allora apparso invincibile. Per di più, alla nazionale verde-oro – che però, e proprio fino a quello scontro, indossava una tenuta completamente bianca – sarebbe bastato un pareggio per conquistare il primo titolo mondiale. Ma il Brasile non è mai stata una squadra calcolatrice. Attaccare sempre e segnare molto erano dogmi validi al di là di ogni possibile considerazione tattica. E così fu, secondo uno schema che in un primo momento portò i brasiliani a passare in vantaggio nel tripudio generale. Poi però accadde l'impensabile. L'Uruguay smorzò la frenesia dei locali con due reti – Juan Alberto Schiaffino e Alcides Ghiggia i nomi dei marcatori – che ribaltarono pronostico e risultato, precipitando un intero paese nella disperazione più cupa. Lo scrittore argentino Osvaldo Soriano ha narrato quella partita in un bellissimo racconto raccolto nel suo libro Cuentos de Fùtbol.
Da allora i trionfi degli uruguagi si sono “limitati” a due medaglie olimpiche e a 15 vittorie nella Coppa America, restando comunque sempre, anche ai mondiali, una formazione assai “ostica” da affrontare. Il giornalista e scrittore Gianni Brera, autore di una singolare teoria secondo la quale ogni nazionale calcistica traduce in campo le caratteristiche etniche del suo popolo, soleva dire che l'Uruguay, al pari dell'Italia, è una compagine tendenzialmente “femmina”. La difesa viene cioè prima dell'attacco, e questo si dispiega prevalentemente in contropiedi rapidi e letali. Teoria affascinante, ma non verificabile. Sicuramente confutata dalla trasformazione che questo sport ha subito negli ultimi anni, anche se a chi ne è convinto sarà sempre possibile trovare conferme.
Indipendentemente da come andrà a finire la partita di oggi pomeriggio (ma attenzione: come nel 1950, anche in questo caso agli avversari della Celeste basta il pareggio...), agli ottavi di finale accederà una squadra titolata e carica di successi passati. Successi che ovviamente non sono mai garanzia di quelli futuri, ma ugualmente capaci di esprimere il peso di una tradizione che continua a restare influente. Chissà se, proprio per questo, la storia si ripeterà e Brasile-Uruguay potranno incontrarsi di nuovo per una clamorosa “rivincita”. Chi tifa Italia, ovviamente, spera di no.