“Energia green trainata dal mercato”
salto.bz: Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, ai Colloqui di Dobbiaco che si svolgono da venerdì a domenica sul tema “Che fine ha fatto l’Era solare?” lei parlerà della transizione energetica in Italia. A che punto è questo difficile e doveroso passaggio nel nostro Paese?
La riflessione che farò è questa. L’Italia come l’Europa e altri Paesi del continente si trova di fronte a uno scenario che è costituito da degli obiettivi decisamente ambiziosi. Ad esempio, l’esigenza di avere fra 12 anni il 60% dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Per il nostro Paese significa che dopo cinque anni di freno a mano tirato si dovrà avviare una politica di rapida accelerazione, soprattutto per fotovoltaico e eolico.
L’Italia da quale posizione parte?
Al momento siamo attorno al 34-35% di rinnovabili rispetto al totale dell’energia elettrica. La percentuale oscilla in base al livello di idraulicità, ovvero da quanto piove. E dobbiamo arrivare al 60 per cento.
Un raddoppio, in pratica.
Significa ad esempio che il fotovoltaico dovrà passare da una produzione attuale di 25 miliardi di kilowattora a una di 80. Una diretta conseguenza dell’impegno assunto con gli obiettivi europei usciti a luglio, appunto il 22% di consumi finali da rinnovabili che vuol dire il 60% per l’elettrico.
La situazione quindi è complicata?
Noi abbiamo obiettivi molto ambiziosi che sono questi appena detti, a cui si aggiungono gli impegni sulla riduzione delle emissioni - meno 40% nel 2030 rispetto al 1990, che forse diventerà -45% tra uno-due anni - e quelli derivanti dal quadro di riferimento globale che è l’accordo di Parigi. Un’intesa per la quale l’Italia e altri Paesi stanno preparando il proprio programma energia-clima, riferito al 2050, da presentare alla commissione entro dicembre di quest’anno. Quindi, siamo in una fase interessante perché abbiamo due elementi positivi: target ambiziosi e impegno sovranazionale. Se però guardiamo a com’è la situazione attuale, in Italia, dal punto di vista dei segnali che vengono dati al mercato, quindi decreti e incentivi, il quadro è molto diverso. Noi veniamo da 4-5 anni di freno a mano tirato, per le rinnovabili, che hanno determinato un crollo del mercato.
Qualche dato?
Per il fotovoltaico siamo a 400 megawatt di potenza installata all’anno e in base ai numeri che dicevamo prima devo passare a 3.000-3.500 l’anno, quindi occorre un salto di qualità diverso rispetto all’oggi. Quello che ci si deve aspettare è che anche dal punto di vista degli incentivi, ma soprattutto delle norme nei prossimi uno-due anni lo scenario cambierà parecchio per permettere di dare il colpo di accelerazione che ancora non si vede.
L’Italia, si può dire, è indietro su questo fronte?
Per la mobilità elettrica è partita la rivoluzione, ma in Italia in effetti non si vede: siamo a un decimo delle vendite di veicoli elettrici rispetto alla media europea. Eppure si sa che è lì che si deve andare a parare. Anche se ci sono segnali interessanti. L’Enel è molto lanciata nella realizzazione delle infrastrutture di ricarica e riguardo alla Fiat-Fca, che non ci ha mai creduto, abbiamo notato come Marchionne nelle sue ultime interviste sia rinsavito. Inoltre, il governo ha dato dei segnali di interesse sulla mobilità elettrica: può darsi che un’attenzione maggiore a livello politico e delle imprese cambi la situazione. Quindi questa può essere davvero la fase in cui si avvia, nel 2019-2020, una forte accelerazione.
Ce la può fare l’Italia a centrare i risultati attesi?
È una buona domanda, perché qui intervengono le disruptive technologies, le tecnologie di rottura. La riduzione dei prezzi non era prevedibile fino a pochi anni fa. Il fotovoltaico ad esempio costa l’80% in meno di sei anni fa e sulle auto elettriche assistiamo alle stesse dinamiche, con il costo delle batterie che sta calando ogni anno. Questo cosa ci dice? Che noi il prossimo decennio il fotovoltaico potremmo metterlo senza incentivi. Anzi immagino che nel sud Italia le aziende si rivolgeranno a questa tecnologia per pagare meno l’energia elettrica di quanto la pagano ora. Sarà quindi un elemento di attrazione delle imprese. Una volta le industrie dove andavano? Dove c’erano l’acqua e il carbone. Oggi dove c’è il sole.
Diceva che le norme contano più degli incentivi.
È così. Bisogna cambiare le norme, perché se io oggi voglio fare un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio e poi distribuirlo tra le famiglie che vi abitano non lo posso fare, mentre l’Unione europea spinge nella direzione delle comunità energetiche, delle comunità solari. Quindi è prevedibile che nel giro di uno-due anni non tanto il governo, quanto l’autorità dell’energia cambino le regole, permettendo a chi ha energia in eccesso di non venderla al vicino di casa. In altri Paesi europei è già possibile. Quindi, in conclusione, questo è un altro elemento che fa pensare che obiettivi che sembrerebbero irrealistici in realtà possano venire spinti dal vantaggio economico per aziende e famiglie.