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“Le usanze sono alla base dell’identità”

La testimonianza di Roland Angerer, residente a Stelvio, che ha riportato in auge lo Stilzer Pfluagziachn: “La tutela delle tradizioni deve scaturire dalle comunità”.
Il Pfluagziachn di Stelvio e altre usanze
Foto: Gianni Bodini

Calende di marzo, Scheibnschlogn, Hom Strom, Klosn: tra Bassa Engadina, Val Monastero e Val Venosta si può assistere tutto l’anno a una grande varietà di usanze. Con assiduo impegno e passione, numerosi custodi di ricchezza si occupano di mantenere vivi i riti, celebrare le feste e preservare le tradizioni e il sapere a esse connesso, perché di certo, così come in altri esempi di patrimonio culturale vivente, le usanze non si tramandano da sole. Avvincente è la testimonianza di Roland Angerer, residente a Stelvio, che ha riportato in auge la tradizione dello Stilzer Pfluagziachn.

 

salto.bz: Roland, ci racconti cosa ti ha spinto a far rivivere il Pfluagziachn?

Per rispondere a questa domanda, devo fare un breve excursus. Il Pfluagziachn è una tradizione molto antica, non sappiamo di preciso a quando risalga, ma si è tenuto regolarmente a cadenza biennale fino a circa gli anni Sessanta. Questa regolarità è venuta meno quando non si trovavano più abbastanza persone dedite all’organizzazione. Va detto che a Stelvio una “legge fissa” prevedeva che fossero i cosiddetti Spielbuam (ragazzi che dovevano presentarsi alla visita di leva) a organizzare le usanze popolari tra cui, ad esempio, il Klosn. Negli anni Settanta e Ottanta, il Pfluagziachn si è svolto sporadicamente e nel 1987 si è tenuta l’ultima edizione. Fino a quando nel 1990 è giunto il mio momento. Ebbene sì, sono dovuto intervenire. La scintilla è stata l’organizzazione di una mostra, una sorta di esposizione nella piscina di Prato, nell’estate di quell’anno. Il tema riguardava gli antichi mestieri e la vita “di una volta” e il target erano, in particolare, i turisti. Rimasi sconvolto. Sarei dovuto restare impassibile di fronte a una simile esposizione di costumi, completamente decontestualizzata, resa folcloristica e persino a scopo puramente turistico? Può sembrare una farsa, ma faceva tutt’altro che ridere. In ogni caso, non aveva nulla a che fare con le usanze reali, vive. Doveva essere questo il nostro futuro? Niente più usi e costumi autentici e vissuti nelle nostre località, a favore di un’“esposizione museale” decontestualizzata basata su una manciata di oggetti? Non potevo accettarlo!

 

Quindi cosa è successo? Di sicuro non è semplice trarre qualcosa di costruttivo di fronte a una situazione inaccettabile, soprattutto nel caso di un patrimonio culturale vivente come lo Stilzer Pfluagziachn, che dipende da un gran numero di attori.

Per prima cosa mi sono rivolto al presidente del club sportivo, dato che non esisteva ancora un’associazione culturale, e ho chiamato in causa la rievocazione dello Stilzer Pfluagziachn, ricevendo da subito il suo appoggio. Poi è iniziato il lavoro vero e proprio, un periodo incredibilmente faticoso! Abbiamo dovuto informare i concittadini della nostra volontà, coinvolgere le associazioni, individuare gli attori e così via. Infine, abbiamo contattato gli anziani del paese per invogliarli a partecipare al progetto: la loro presenza sarebbe stata fondamentale, perché i giovani non conoscevano più in dettaglio lo svolgimento, i ruoli e il background dei singoli partecipanti della sfilata. In ogni caso, i nostri sforzi sono stati ripagati: nel 1991, il Pfluagziachn si è rimesso in moto, coinvolgendo in egual misura giovani e anziani. Due anni dopo l’abbiamo organizzato di nuovo, seppur con le medesime difficoltà. In linea di massima è stato un successo, ma volevamo rivitalizzare il tutto, per renderlo di nuovo un evento regolare. Purtroppo, non avevamo ancora raggiunto quell’obiettivo: erano necessari troppi input dall’esterno, compresa una buona dose di motivazione da parte mia. La rinascita del Pfluagziachn non era ancora bramata dalla popolazione, che non sentiva ancora la necessità di questa “data fissa nel calendario”. Di conseguenza, c’è stata un’altra pausa dal 1993 al 1998, ma nel 1996 è stato fondato il Comitato di educazione permanente di Stelvio, un’associazione culturale. Per una questione d’onore dovevo esserne a tutti i costi un membro fondatore! Grazie a questa istituzione, siamo riusciti a organizzare nuovamente il Pfluagziachn nel 1998 e… da allora non è più saltata una data! Così la nostra tradizione ha riacquisito la sua energia e la generazione successiva ha preso il sopravvento. Il seme che abbiamo gettato ha trovato terreno fertile nella mente e nel cuore della comunità.

 

Chi sono oggi i curatori della tradizione?

Ora c’è un comitato di quattro persone giovani e volenterose. Li conosco bene perché sono stati tutti miei studenti, quindi so che vanno d’accordo e che si completano a vicenda. Uno di loro, Jörg, disegnava biglietti d’invito per il Pfluagziachn quando era ancora a scuola e oggi è anche presidente dell’associazione teatrale locale. Io ormai vengo interpellato solo per qualche consiglio, ma l’intera organizzazione è a carico di altri.
In passato, Klosn e Pfluagziachn erano organizzati dallo stesso comitato, ovvero lo Spielbuam, come dicevo prima. Ma poiché la storia recente delle due usanze si è sviluppata diversamente, oggi esistono due comitati distinti.
Naturalmente, le tradizioni e la loro trasmissione dipendono sempre in una certa misura dalla situazione demografica dei villaggi. Per quanto riguarda Stelvio, il numero di abitanti ultimamente è invariato, ma per esempio il Klosn, chiama a raccolta anche gli ex residenti, in quanto membri di una comunità accessibile attraverso un rituale di iniziazione. Non si rinuncia a cuor leggero a una cosa del genere.

 

Puoi provare a spiegarci cosa significa la pratica delle tradizioni per te personalmente, ma anche per la comunità di Stelvio in generale?

Le usanze sono alla base dell’identità, del senso di appartenenza, del radicamento in un territorio e sì, della patria emotiva di un popolo. La tutela delle tradizioni deve scaturire dall’interno della comunità, essere avvertita come una reale esigenza, una necessità. È chiaro che l’aspetto emozionale non gioca un ruolo marginale, trasformando usi e costumi in una fonte di forza. Inoltre, una considerazione molto importante per me nella rinascita del Pfluagziachn è che le usanze danno vita a quei trascorsi che formano il tessuto della comunità paesana. Quando le tradizioni viventi sono fortemente radicate in un territorio, fanno da collante anche nel trattenere gli abitanti sul posto, forti del loro senso di appartenenza, e possono essere un fattore decisivo per chi deve scegliere se andarsene o restare.

 

Un’ultima domanda: che risvolti ha avuto la pandemia di COVID sulle tradizioni?

Ah già, la pandemia! Per quanto riguarda il Pfluagziachn, abbiamo messo a segno l’edizione di febbraio 2020, poco prima del lockdown, in un’atmosfera di leggerezza, serenità e spensieratezza. Poi è arrivato il COVID, ma con il passare del tempo è emerso che gli eventi all’aria aperta non sono un problema significativo, neanche in presenza di gruppi numerosi, e con immensa gioia abbiamo portato a casa anche la sfilata del 2022. Il Klosn invece si tiene a inizio dicembre e, per due anni di fila, è caduto nel periodo peggiore dovuto a incidenza del virus e restrizione dei contatti. Ciononostante, in paese c’era un forte desiderio di organizzarlo, quasi un bisogno esistenziale di mantenere questa tradizione, contro ogni ostacolo. E così l’abbiamo fatto, senza pubblico e in sordina, pertanto quasi nessun “forestiero” ha partecipato. La sfilata si è tenuta nella sua forma abituale, rivelando la grande allegria e l’entusiasmo dei partecipanti. Lasciare che si svolgesse, nonostante tutti gli impedimenti, ci ha dato molta carica e il nostro senso di appartenenza al paese si è rafforzato ancora una volta.