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"Vorrei più tolleranza"

Si inaugura la stagione operistica della Fondazione Haydn con l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti. Sul podio Alessandro Bonato. L’intervista di SALTO.
Alessandro Bonato, direttore
Foto: FHS
  • SALTO: Nel programma della Fondazione Haydn leggiamo che lei è “Direttore principale” dell’Orchestra. Quali sono le peculiarità di questo incarico e quali i suoi personali obiettivi?

    Alessandro Bonato: Un direttore d’orchestra, nell’arco della sua vita, dirige moltissime orchestre e un’orchestra, d’altro canto, viene diretta da moltissimi direttori diversi. Spesso accade che il rapporto tra un direttore e un’orchestra si intensifichi, si faccia più stretto e continuativo, e che porti ad una nomina all’interno della Fondazione. Il lavoro, a questo punto, non è più quello di eseguire al meglio il programma musicale assegnato per quel determinato concerto (come accade per tutti i direttori ospiti in una qualsiasi orchestra o teatro), ma diventa a lungo termine: un lavoro di sinergia con l’orchestra e le maestranze tutte che porti alla costruzione di un percorso artistico saldo e condiviso, con obiettivi comuni.
     

     Io ho trovato, nella Haydn, un’orchestra di livello artistico e professionale straordinario


    Il direttore principale (e/o musicale) lega la propria figura alla Fondazione che lo ha nominato e se ne deve prendere cura, deve rispettarla, lavorare per essa, avendo una visione ad ampio raggio e contribuendo al suo sviluppo artistico. Questo avviene lavorando a stretto contatto con l’orchestra, dirigendo più programmi, condividendo le scelte artistiche con il direttore artistico. Io ho trovato, nella Haydn, un’orchestra di livello artistico e professionale straordinario, con la quale posso lavorare nel dettaglio di ogni partitura, sperimentando programmi nuovi e idee musicali diverse.

    Il mio più grande sogno è sempre stato quello di poter creare una mia visione interpretativa attraverso lo studio metodico e costante (fin nei minimi dettagli) e lavorare con musicisti di grande livello in un ambiente umano e sereno. Alla Fondazione Haydn questi elementi li ho trovati ed è per questo che dedico loro tutte le mie attenzioni ed energie, che è ciò che un direttore principale deve fare.

  • L'elisir d'amore: quella che va in scena a Trento e Bolzano è una coproduzione Fondazione Haydn / Maggio musicale fiorentino Foto: Michele Monasta
  • In una recente intervista a SALTO lei ha affermato: “Mi ha sempre affascinato la direzione d'orchestra perché mi consente di capire la musica a pieno, a tutto tondo, di vederla «dall'alto»”. Da questo suo particolare punto di vista cosa ammira nella partitura dell’Elisir d’amore?

    L’Elisir d’amore, come il Barbiere di Siviglia e altre opere, è stata composta in pochi giorni; questo è chiaramente sintomo di assoluta sicurezza da parte del compositore, che dimostra di avere una visione architettonica e strutturale della partitura talmente salda da consentirgli una tale velocità di scrittura.

     

    Un finale primo lunghissimo e perfettamente calibrato nella concatenazione agogica.

     

    Questa è la prima cosa che apprezzo moltissimo di quest’opera: la sua perfetta architettura. Un finale primo lunghissimo e perfettamente calibrato nella concatenazione agogica (arrivando a un momento lento e di sospensione per poi riprendere la corsa verso la fine, come era tipico dei finali a catena delle opere a carattere buffo o giocoso dell’epoca), la divisione ternaria di alcune grandi arie o duetti (si pensi alla cavatina di Dulcamara o il duetto Dulcamara Nemorino del primo atto), la strumentazione efficacissima in cui gli strumenti (i legni in particolare) vengono usati talvolta come canto, altre volte come effetto, altre ancora come colore.

    É interessante notare anche la precisa caratterizzazione dei personaggi (anche questi tipici dell’opera buffa: si pensi ai personaggi del Barbiere, o della Cambiale di Matrimonio o del Matrimonio segreto di Cimarosa ecc): il tenore innamorato e sciocco (a cui spesso vengono affidate pagine in prestito dall’opera seria come melismi o recitativi accompagnati), la prima donna astuta e maliziosa (Adina), il vecchio burbero e prevaricatore, fiero e cattivo che, nel caso dell’Elisir, diventa un guerriero tronfio (ma nemmeno più di tanto) impersonificato da Belcore; il furbo della situazione che, pur di esaudire i propri interessi, nonostante tutte le motivazioni sbagliate, alla fine fa la cosa giusta: Dulcamara (il Figaro del Barbiere o lo Slook della Cambiale).

  • L'elisir d'amore: si compone di due atti, il primo composto da dieci scene e il secondo da nove. IL libretto è di Felice Romani. Prima esecuzione il 12 maggio 1832, a Milano. Foto: Michele Monasta
  • Delle varie incisioni del passato dell’Elisir d’amore ve ne è una che predilige?

    In questo caso non ho un’incisione preferita (come invece ho in moltissimi altri casi), però apprezzo moltissimo quella di Levine con il Metropolitan.

    Cosa deve accadere perché lei sia felice/orgoglioso di una sua interpretazione?

    Se sapessi il modo per arrivare alla felicità avrei trovato la risposta al senso della vita. Credo che per un artista (ma probabilmente per una persona in generale) la felicità sia effimera, come il fiore nel Piccolo Principe. Si tende alla felicità senza mai raggiungerla. Se è vero che il mondo è un pendolo che oscilla tra dolore e noia, la felicità è quel fugace e breve lasso di tempo in cui si appaga momentaneamente un desiderio, mentre si aspetta che il successivo venga a reclamare.

    E per me, che devo quotidianamente scontrarmi con la meraviglia e l’imponenza delle partiture lasciate dai grandi maestri del passato, questo senso di impotenza e di piccolezza al loro cospetto, mi sprona a dare sempre il massimo, pur sapendo che la perfezione è al di là del velo di Maya. Ma, dato per assodato che la perfezione e la Bellezza non sono raggiungibili, nel momento in cui mi sento di aver dato tutto ciò che potevo dare senza risparmiarmi, di aver rispettato a pieno la partitura che ho di fronte, di aver guidato i miei musicisti al meglio e averli spronati a dare il massimo, di aver emozionato il pubblico presente in sala, allora posso dirmi soddisfatto.

  • Alessandro Bonato: E’ stato, venticinquenne, il più giovane direttore principale di un’Istituzione Concertistico Orchestrale Italiana, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana. Foto: Alice Boiardi
  • Un libro che per lei è stato importante?

    La Confessione di Lev Tolstoj. Una disamina straordinaria sul senso della vita, sulla ricerca della felicità, sia come desiderio materiale che come concetto filosofico. Pieno di favole, parabole, metafore, quel libro tende a riscoprire il valore della vita e il modo migliore (secondo Tolstoj) per viverla.

    In un mondo che vive di ipocrisie, sovrastrutture, competizioni e guerre, dove l’autocompiacimento e l’autoconsacrazione vengono prima di qualsiasi cosa, dove l’apparenza è più importante della sostanza, leggere questo libro aiuta a ritrovare ciò che è davvero importante. Quel che amo di Tolstoj (e di Dostoevskij e la letteratura russa in generale) è lo scavo psicologico dei personaggi: le loro vite, i loro dolori.

    Un suo auspicio per il futuro?

    Spero di poter continuare a fare il mio lavoro con passione ed entusiasmo, immerso nella meraviglia della Musica e dell’arte. Spero di continuare questo percorso con la Haydn, che mi sta dando molte soddisfazioni umane e professionali.

    E, se posso estendere un auspicio in senso lato, vorrei davvero, un giorno, svegliarmi e non sentire più parlare di guerra, di morti, di odio, di prevaricazione. Vorrei vedere le persone rispettarsi e aiutarsi, pur nella differenza delle loro visioni personali. Tolleranza. Vorrei più tolleranza.

  • 07.11.25 ore 20.00
    09.11.25 ore 16.00

    OPERA Haydn
    Gaetano Donizetti 

    L’ELISIR D’AMORE
    Roberto Catalano, regia
    Alessandro Bonato, direttore
    Fondazione Teatro Comunale e Auditorium Bolzano