Politics | Elezioni europee

Un sistema elettorale europeo unitario

Un sistema elettorale comune e unitario per tutta l’Ue non è solo un'invenzione di pochi, ma un impegno degli stessi Trattati di Lisbona (art. 223,1), non rispettato.
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Vari partiti si sono lanciati nelle manovre preelettorali in vista delle elezioni Ue in maggio 2019 con il solito stratagemma: a chi agganciarsi per accaparrare un seggio in più? Come modificare la legge elettorale per avvantaggiare la propria forza? Quali umori cavalcare per cogliere i non-decisi e Ue-scettici? Non si pensa più ad una riforma del sistema elettorale e del sistema politico dell’Ue in quanto tale per rendere tutta la sua impalcatura più democratica. Tuttavia vale la pena riflettere come questo sistema potrebbe essere trasformato in un sistema parlamentare a pieno titolo, introducendo anche la democrazia diretta.

La sua architettura rappresentativa da sola richiede un intervento sostanziale, perché l’Ue in fondo merita un vero e proprio parlamento con due camere (Senato degli Stati e Camera dei deputati) con un’effettiva divisione dei poteri fra il ramo esecutivo e legislativo. Servono quindi correzioni democratiche che possano ridurre la logica del consenso intergovernativo finora dominante nell’Ue, che introducano una certa competizione secondo il principio della maggioranza e di programmi politici divergenti e che perfezionino la divisione dei poteri. A questo fine servono tre agganci:

  1. un diritto elettorale comune e unitario per tutta l’Ue dei 27 paesi membri;
  2. l’elezione del Presidente della Commissione europea e della Commissione da parte del Parlamento con rapporto di fiducia permanente;
  3. l’effettiva divisione dei ruoli fra legislazione (Parlamento e Consiglio europeo) ed esecutivo (Commissione).

Ancora prima di intervenire sulla divisione dei poteri il Parlamento europeo (PE) questo andrebbe eletto con un sistema elettorale unitario. Un tale sistema elettorale nell’Ue non è solo una richiesta voluta da pochi, ma un impegno previsto dagli stessi Trattati di Lisbona (art. 223,1, TUE). Oggi tutti quanti i partiti alle elezioni europee si presentano come partiti nazionali, benché formalmente parte di qualche raggruppamento transnazionale. Introdurre un sistema unitario e comune significa porre fine a particolarismi nazionali e dare priorità alle forze politiche transnazionali e anche agli argomenti europei nella campagna elettorale. Oggi vari partiti aderiscono solo pro forma ad un partito europeo, che ha sì un programma comune, ma la campagna elettorale si articola principalmente su questioni nazionali o addirittura regionali. Gli elettori quindi non possono esprimersi per un chiaro indirizzo politico che l’Ue dovrebbe prendere e non la Lega, M5S, FI o la SVP.

In un sistema elettorale unitario le votazioni nei singoli territori nazionali avvengono secondo un sistema proporzionale unitario per tutto il territorio Ue con liste fisse. Come oggi l’elettore dovrebbe avere solo un unico voto, in 751 circoscrizioni non troppo diverse per non violare troppo il principio dell’uguaglianza del voto. Le liste verrebbero predisposte dai singoli partiti aderenti alle forze politiche europee oppure presenti solo in un unico paese, secondo le regole vigenti nei rispettivi paesi. Alla distribuzione dei mandati sarebbero ammessi solo i partiti che hanno raggiunto una ragionevole soglia minima di voti (es. il 2% dei voti a livello europeo, non nazionale). A queste condizioni solo i partiti grandi dei paesi più grandi potrebbero correre da soli se volessero. Si produrrebbe un forte incentivo per i partiti a costituire partiti transnazionali. I partiti nazionali sulle schede elettorali comparirebbero solo come un’espressione territoriale di un partito transnazionale europeo, rendendo molto più visibile il loro profilo europeo.

Con un tale sistema nel Parlamento europeo ci sarebbero meno partiti, ma di natura effettivamente transnazionale, e si ridurrebbe l’attuale frammentazione delle forze politiche. Dall’altra parte dopo nel PE si aprirebbe la possibilità di arrivare ad una vera coalizione politica di maggioranza invece del calderone presente oggi. Senza il minimo dubbio questo sarebbe un grande stimolo per milioni di cittadini per tornare alle urne, siccome la partecipazione da 10 anni si è assestata ad un misero 43%.

I partiti nazionali, uniti a livello europeo in un unico partito transnazionale, nel PE  costituirebbero automaticamente i singoli gruppi parlamentari, lasciando fuori qualche forza politica nazionale o regionale non aggregata a partito europeo, ma comunque abbastanza forte per passare la soglia del 2%. In presenza di una tale soglia relativamente bassa si arriverebbe ad un PE con 7-8 gruppi politici, quindi un numero più o meno analogo a quello dei Parlamenti nazionali come si presentano oggi nella maggior parte dei paesi membri. Questi gruppi potrebbero più facilmente creare maggioranze a carattere politico, non grandi coalizioni a carattere nazionale come oggi. Crescerebbe inoltre l’identificazione dei singoli elettori con una precisa forza politica europea con i suoi rappresentanti di spicco e con un suo programma politico europeo. Un sistema elettorale comune e unitario di questo tipo porrebbe fine alla discrepanza palese che oggi esiste fra un Parlamento transnazionale e un sistema partitico nazionale che ogni giorno complica i lavori concreti del PE. Dei punti 2 e 3 menzionati sopra parlerò nei prossimi interventi. Per approfondire l’argomento vedi il Dossier POLITiS “Come democratizzare l’Ue”.

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Christian Mair Sun, 12/02/2018 - 11:21

@.Benedikter:
1. Come mai allora la sua posizione e´scettica verso la repubblica europea? https://salto.bz/de/article/11112018/passt-republiksausrufung-zur-demok…?
2. Cosa pensa della candidatura di Y. Varoufakis in Germania https://www.zeit.de/politik/ausland/2018-11/europawahl-yanis-varoufakis…? Diem25 propone una democratizzazione della UE.
3. Come si potrebbe istituire degli candidati transnazionali?

Sun, 12/02/2018 - 11:21 Permalink