Society | Rifugiati

“Andai a Roma, ma non ci fu nulla da fare”

Centro di accoglienza profughi al Brennero: ecco la testimonianza di Hugo Senoner, parroco del Brennero all’epoca della guerra nella ex Jugoslavia.

Il pioniere dell’accoglienza dei profughi è stato al Brennero l’ex parroco, che ebbe il coraggio di chiedere ‘umanità’ alle forze dell’ordine 'solidarietà' ai cittadini. Facendo persino un’incredibile spedizione a Roma per chiedere che il passo venisse inserito nella lista delle località italiane sede di un centro di accoglienza per i rifugiati.
Oggi Hugo Senoner è parroco a Rio Pusteria Mühlbach, dove l’abbiamo raggiunto per raccogliere la sua testimonianza.

Don Senoner, come sta vivendo questi giorni di nuova emergenza profughi al Brennero?
Sono personalmente molto contento, quasi felice, che finalmente si metta in moto qualcosa. 
Una situazione analoga l’avevo trovata dal 1991 in poi quando era scoppiata la guerra in Jugoslavia. Centinaia di persone erano arrivate al Brennero e al quel tempo l’Austria non era ancora nella comunità di Schengen. Il confine era proprio un confine, insomma. Nessuno riusciva a passare. C’erano ancora tutti i carabinieri, 20 finanzieri, 120 poliziotti. Sul versante austriaco c’erano altrettante forze dell’ordine. Un vero sbarramento, un muro. 

Il confine era reale anche per lei, che all’epoca era parroco di una parrocchia che si trovava metà in Austria e metà in Italia, vero?
Sì, era l’unica in Europa ad essere suddivisa su due stati. I parrocchiani austriaci venivano sepolti nel cimitero che si trova in Italia. La stessa cosa per i matrimoni. Ma pure io che ero parroco avevo le mie difficoltà nel passare il confine. Specie quando incontravo i poliziotti novelli che non mi conoscevano. Se facevo fatica io, immaginatevi i profughi dell’epoca. 

Cosa accedeva?
Ogni persona che viaggiava in treno, al Brennero veniva perquisita o per lo meno controllata. Appena qualcuno veniva considerato sospetto, veniva subito fatto scendere. Gli austriaci erano davvero durissimi e se le persone venivano fatte scendere dai treni e dalle macchine, venivano poi lasciate là e dovevano arrangiarsi. 
La situazione divenne drammatica in particolare alla fine di novembre nel ’91. C’era molto freddo e mezzo metro di neve: quando vidi che la situazione era diventata insostenibile cominciai a distribuire un po’ di patatine e succo d’arancia almeno ai bambini. In particolare c’era una famiglia con due bambine che erano là ormai da tre giorni. Andai allora a chiedere all’albergo Posta se avevano posto. C’erano pochi ospiti per via della stagione per cui li accolsero. 

Poi cosa accadde?
A questa famiglia se ne aggiunsero altre e mi ritrovai con diversa gente ospitata nell’albergo. Chiesi anche se potevano dare loro qualcosa da mangiare. Passò una settimana, poi un’altra, e alla terza quelli dell’albergo mi chiesero: chi paga? Eravamo a ridosso del Natale e allora feci un appello, che mi venne pubblicato dal giornale, in cui scrissi che l’iniziale di Brennero è la B anche di Betlemme. 

Quali furono le reazioni?
Ci fu una gara di solidarietà e potei almeno pagare il conto dell’albergo. In occasione delle grande feste annuali dei militari al confine - con la crem della crem delle forze dell’ordine di Italia, Austria e Germania ed anche la presenza di un cardinale da Roma - io che ero stato invitato dissi: “sentite un po’, voi qui che festeggiate il Natale, per l’occasione non potreste chiudere un occhio e far passare i profughi al confine?”. 
Insomma: sono riuscito a farli espatriare tutti. C’è voluta molta diplomazia. 

Ma le cose successivamente non sono più andate così lisce…
Nel 1992 la guerra divenne ancora più forte. I gendarmi austriaci si confermarono nella loro durezza, mentre invece i carabinieri chiudevano un occhio e anche due, manifestando grande umanità. A quel punto però mi posi l’obiettivo di fare in modo che al confine ci fosse almeno un posto dove per almeno mezzora le persone potessero essere accolte. 

Cosa fece allora?
Ho fatto prima il giro dei comandi delle forze dell’ordine a Bolzano e poi sono andato anche a Roma ai vari ministeri. Ho scoperto che per legge in Italia i centri d’accoglienza per i profughi potevano essere all’epoca solo a Trapani, Bari, Ventimiglia, Gorizia e Trieste. Ho detto a loro: “guardate che il massimo dei flussi è ora al Brennero, non potete inserire questa località in una postilla alla legge?”. 

Quale fu la risposta?
Mi dissero dappertutto di no e non se ne fece nulla. Intanto al Brennero arrivavano profughi da tutto il mondo. Questa situazione durò per anni. Continuai ad insistere ed ebbi anche delle esperienze spiacevoli con alcuni responsabili delle forze dell’ordine che mi dissero che se continuavo a rompere mi avrebbero mandato via nel giro di 24 ore come ‘persona non grata’. Con Schengen il confine venne aperto nel ’96 ma per quanto riguarda la struttura di prima accoglienza non si fece più nulla. 

La parrocchia al Brennero c’è ancora?
Da quando sono venuto via io nel 1997 non c’è più un parroco residente. Solo un sacerdote, tra l’altro rumeno quindi ‘straniero anche lui’, che sale ogni sabato e domenica da Colle Isarco per le celebrazioni religiose. 

Quindi lei è fiducioso, ora. 
Sì, sia la provincia che la chiesa si sono mossi, anche se per il momento l’aiuto ora consiste semplicemente in una minestra. Alla gente vanno fornite soprattutto informazioni sul cosa fare. Speriamo.