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Quando i "manzoniani" giocavano in A

Martedì 26 dicembre il Südtirol incontra il Lecco, squadra che disputò tre stagioni nella massima serie. Vi giocò anche il terzino Vinicio Facca da Azzano Decimo. Questa è la sua incredibile storia.
lecco in serie A
Foto: Wikipedia
  • Chi coltiva l’inattualità, la salutare distanza dalla nevrotica fretta eletta a sistema, anche nello sport – soprattutto nel calcio -, ha un modo tutto suo di guardare al calendario delle partite. Così, martedì 26 dicembre, Santo Stefano, la partita del Südtirol contro i “manzoniani” del Lecco è una frustata alla memoria. Perché i biancorossi di Pierpaolo Bisoli (ops! ora Federico Valente) affrontano una compagine che è tra le 68 che hanno finora giocato in serie A: tre stagioni, bastevoli, orsù, per ritagliarsi un po’ d’orgoglio e una buona razione di memorabili ricordi. 

    Beh, sappiano i tifosi biancorossi che nella storia del Lecco v’è una pagina tra le più brutte del calcio italiano. Dimenticata da molti, forse. Anzi, da molti neppure conosciuta. 

    Allora, riavvolgiamo il nastro dei ricordi. Mai sentito nominare Vinicio Facca? Nato ad Azzano Decimo in provincia di Pordenone nel 1939, terzino destro (sì, c’erano i terzini, un tempo) dal fisico asciutto e scattante, dotato di un’ottima corsa, si era fatto notare proprio nel Pordenone. E nel 1960 lo prende il Lecco, che in quegli anni viveva il suo momento d’oro, oscillando tra la A e la B.  Con i blucelesti giocherà 226 partite (74 in serie A), una volta va a segno, e nei tre campionati in massima serie del Lecco lui c’è sempre. 

  • Vinicio Facca: Il terzino di Azzano con la maglia del Lecco. Foto: Panini
  • Saluta definitivamente la serie A il 30 aprile 1967, nel derby contro il Brescia, vinto 1-0 dai blucelesti. Ma è il campionato dell’anno successivo che lo consegna tristemente alla cronaca (nera) del calcio italiano. 

    Ecco, se ha senso parlare di “fatal Verona” non è tanto per le disavventure del Milan, quanto per quel che successe a Vinicio Facca il 2 giugno 1968, domenica. Al Bentegodi di Verona i padroni di casa affrontano il Lecco. I veneti lottano per tornare in serie A (e ci riusciranno), il Lecco per non retrocedere (e ci riuscirà). Finisce 0-0, il finale è teso. Mentre le squadre escono dal campo – e Facca sta per salutare il capitano degli scaligeri, Mascetti -, dagli spalti qualcuno getta una bottiglia di vetro, una bottiglia della Fanta, l’aranciata. La bottiglia s’infrange sulla ringhiera che conduce agli spogliatoi, esplode. Le schegge diventano proiettili. Due giocatori del Lecco restano a terra. Uno si rialza subito, si chiama Sacchi, è ferito solo alla mano. L’altro rimane a terra, il volto ridotto a una maschera di sangue. Si copre l’occhio destro, urla. È Facca, il numero 2, una vita da onesto difensore, fino a quel momento, una carriera ancora davanti. Lo medicano, lo portano all’ospedale di Borgo Trento, ha schegge dappertutto, ma è l’occhio destro a preoccupare. Lo operano d’urgenza a Milano, ma dopo pochi giorni il responso è tremendo. Facca perde l’occhio, la carriera, la gioia di giocare e non conoscerà mai il nome del vigliacco autore del gesto. È il primo calciatore vittima del teppismo dentro gli stadi. Unico rimborso, 12 milioni dall’assicurazione, e non sarà facile nemmeno averli, quei soldi. Il Verona organizza una amichevole e l’incasso sarà per lui: 5 milioni. Tutto qui.

  • Giro del mondo: A quei tempi la storia di Vinicio Facca colpì molto l'opinione pubblica di tutto il mondo, tanto che la sua storia fu raccontata anche da un giornale arabo. Foto: Arch Martinelli

    La vita di Facca si capovolge: diventa impiegato alla Zanussi di Pordenone, a centomila lire al mese. 

    “Ho perdonato quel gesto” racconterà molti anni dopo “ma non potrò mai dimenticare. Non potrò mai capire, perché quello non è più sport, non è più calcio. Facevo il difensore, le botte le davo e le prendevo, ma quelle facevano parte del gioco. Tutto il resto, no. Quel giorno, a Verona, finì il mio sogno, in quella maniera. Mi sarebbe piaciuto, almeno, sapere perché, conoscere il nome di chi aveva fatto quel gesto. L’avrei perdonato anche di persona, forse avrei pure cercato di capire. Ma così, no. Così, mi resta dentro qualcosa che non posso cancellare”.

    Vinicio Facca smetterà di seguire il calcio, Renato Favretto gli dedicherà un libro, “'Quando i friulani giocavano in serie A: storia di Vinicio Facca calciatore negli anni Settanta”. Muore nel giugno del 2011, lo Stadio Comunale di Azzano Decimo ora porta il suo nome. Era figlio di un soldato morto in Russia e di una madre operaia. Vinicio Facca, professione terzino, mastino che mordeva le caviglie, morì senza mai sapere che cosa spinse quel giorno un folle a compiere quel gesto. E nessuno, presente al Bentegodi quel giorno, neanche chi quel gesto l’aveva visto da vicino, ha mai detto qualcosa.

    Ecco, una partita di calcio si porta appresso anche ricordi simili, se si ha la pazienza di non fermarsi alle formazioni in campo. E se vi chiedete quando si è deciso di proibire le bottiglie di vetro dentro gli stadi, vi siete già dati una risposta. 

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Georg Markart Mon, 12/25/2023 - 19:49

Veramente una storia triste quello successo al giocatore Vinicio Facca.
Vorrei peró anche ricordare che in quel periodo giocavano due giocatori Bolzanini nel Lecco in Serie A , cioé
Antonio Pasinato classe 1939 e Giuseppe Bacher classe 1942.

Mon, 12/25/2023 - 19:49 Permalink