Culture | Salto Afternoon

Cultura in movimento

Un volume corposo, tra saggi e immagini, narra l’evoluzione culturale a Merano in 35 anni (1965-1990) dello scorso secolo e sarà presto anche una mostra. Prima parte
Meran4
Foto: Salto.bz

È dedicato a Herta Wolf Torggler, la direttrice fondatrice di Kunst Meran/o Arte, da quest’anno in pensione, dopo aver guidato per tanti anni una galleria d’arte piuttosto piccola che rappresenta oggi un punto di riferimento nella vita culturale di Merano e oltre. Non da sola, ovviamente, nel senso che in questo lungo cammino è stata sostenuta da un folto gruppo di persone che le è sempre stato vicino con consigli, idee e ispirazioni, dapprima nel fondare una realtà espositiva e poi a farla crescere. 

Di cosa stiamo parlando? Del corposo volume-catalogo uscito nello scorso mese di dicembre “Cultura in movimento Merano 1965-1990” con la bellissima immagine di copertina disegnata da Franz Pichler, a cura di Kunst Meran Merano Arte, Markus Neuwirth e Ursula Schnitzer (597 pp, 55 Euro).  Il volume rappresenta l’ideale prosecuzione dell’indagine nel mondo culturale meranese iniziata con “Prospettive per il futuro Merano 1945-1965” e raccoglie dunque le esperienze artistiche nelle varie discipline accumulatesi nei trentacinque anni della seconda parte del secolo scorso. 


A prenderlo in mano, pesa, nel vero senso della parola. Ma pesa anche il contenuto culturale. Le prime due pagine si aprono su una “serigrafia-impronta” a firma di Matthias Schönweger intitolata Oh Sohle mio, un gioco di parole, tipico della poetica di questo artista nato a Parcines che vive a Merano, che si basa sulle impronte della suola del suo stivale militare (suola=Sohle) e delle piante dei due piedi, nonché sul titolo della famosa canzone napoletana. Schönweger ha celebrato la fusione delle due culture, che convivono a pari merito nella città sudtirolese situata sulle rive del Passirio. L’opera è tratta dalla raccolta Poesia delle due culture realizzata assieme a Jakob de Chirico, Franz Pichler e Luigi Serravalli, grande critico d’arte vissuto a Merano sebbene originario di Rovereto, di cui citiamo il testo riprodotto sulla pagina seguente, redatto a mano con un inchiostro che su ogni riga passa in modo fluido dal nero al rosso – dettaglio grafico ben più esplicito di ogni ipotetica critica politica: “Megalitiche teste bianconere /fuga in amico sole /leccai sanguinanti /sale e pece / come omerica carena /ossa e sassi /presente passato /ammiccanti.”

Questo incipit di apertura è secondo me una sineddoche dell’intero volume, che ripercorre tre decenni di convivenza non facile delle due culture a Merano e nel suo hinterland. La mostra collegata a questa impresa editoriale porterà lo stesso nome ed è stata rinviata alla prossima primavera a causa delle misure restrittive per l’emergenza sanitaria Covid-19, in quanto quelle precedenti per le lunghe chiusure al pubblico erano già slittate di un paio di mesi. La parte espositiva del progetto è pubblicata nella sezione centrale del volume, dove imperano opere di artisti di lingua tedesca, innanzitutto i tre già citati. Se Franz Pichler cela il suo spirito ironico nelle opere che si rifanno all’arte povera condita di azionismo e dadaismo (ad esempio Heiligenverehrung in Südtirol/Devozione dei Santi nel Sudtirolo, 1981), Jakob de Chirico è più attento all’aspetto politico esplicito nei suoi disegni, a volte dai tratti naif, e la sua inventiva sul piano del linguaggio ci fa ricordare la rivista Il Male uscita a livello nazionale a cavallo tra gli anni settanta e ottanta del Novecento, che si divertiva a prendere in giro i media. De Chirico lo fa esplicitamente con il suo Dolomiten Hahahahahaha, lettere stampate con il carattere tipografico del giornale di lingua tedesca che per tanti anni è stata l’unica fonte di informazione per il gruppo linguistico tedesco in Alto Adige, molto criticato allora per la linea dogmatica con tendenze destroidi e lo stampo tipicamente piccolo-borghese da foglio boulevard provinciale. 


Il terzo del trio, Matthias Schönweger, che si dilettava anche nella poesia concreta, ha voluto rendere omaggio a quegli anni con opere che si compongono di diversi oggetti nello stile dei ready made, con interventi ironico-sarcastici, (il suo presepe Geschenkskrippe composto da tazze riverse dove il manico fa da naso e su entrambi i lati ci sono due occhi disegnati) o opere-collage come Tepp ich Teppich del 1980, dove nuovamente gioca con la dicitura dialettale Tepp ich (Stupido io) e la parola tedesca Teppich (=tappeto) che si forma nel momento in cui le due parole si scrivono attaccate, avendole scritte di seguito à la Gertrude Stein (a rose is a rose is a rose) con diverse matite colorate sulla tela bianca per appendervi sopra un battitappeto nel suo ruolo di ready made.

Ci sono una serie di opere di tutt’altro livello e genere, come quelle di Peter Fellin (Urbild/terra rossa, 1983, una superficie in gesso dipinto; Meditativ, 1986, realizzato con gessetto colorato su tela quadrata, dove la parte nera sfuma in quella bianca creando volumi, ombre e linee; Scultura in bianco e nero, 1983, due parallelopipedi in legno dipinto poggiati uno dietro l’altro da formare una immagine simile come nel quadro con forme lineari più pulite) e di Hansgeorg Hölzl (sculture sinuose in diversi materiali degli anni 70, disegni a matita colorata Untitled che sembrano essere le cugine di forma sul piano bidimensionale), Oswald Oberhuber (alcuni dei suoi Senza titolo realizzati con carboncino o acrilici su tela giocano sulla percezione del segno, delle pennellate e del fondersi dei colori, così come un Senza titolo quadro-scultura con pietre incollate su tavola di legno, tutti degli anni tra il 1975 e 1987) e Gina Klaber Thusek (Kerzengarten/Giardino di candele, 1973, dove i moccoli attaccati su una tavoletta in legno fungono da colore/materiale scultoreo; Danza macabra, 1977, si compone di forchettine in plastica per datteri nelle forme di ballerine e di scheletro) che si distinguono per linee e forme nonché materiali usati. 

[...]

Seconda parte: 26 gennaio 2021, Salto Afternoon