Chronicle | Gastbeitrag

Caro Albert

Venerdì 24 giugno in un incidente stradale a Maiorca è morto Albert Tavella, uno dei soci fondatori della Maratona dles Dolomites. Il ricordo di Michil Costa.

Caro Albert,

è vero, non abbiamo mai parlato tanto noi due. Sì, qualche battuta, una pacca sulle spalle, una frase buttata lì, fra i tornanti dei giorni che passano. Eppure, eppure sei una di quelle persone che nella mia vita hanno lasciato il segno. Strano a dirsi, ma me ne rendo conto solo ora, a distanza di anni. Ti guardavo con ammirazione, insieme correvamo in bicicletta; io ero un bocia, tu, di dieci anni più grande, eri già un uomo vero, uno di quelli che l’esempio lo danno, ed è bello prenderglielo. Perché ci sono uomini che sembrano forti, carismatici, indistruttibili. E di fatto lo sono. Camminare nella loro ombra si sa è un privilegio. Albert l’uomo tenace, Albert l’uomo solido, Albert l’uomo tutto nervi. Con quel sorriso un po’ ammiccante. Con quelle parole scarne, minime, essenziali, sempre giuste al punto giusto. Con quello sguardo penetrante, che sa di montagna indossata sulla pelle. Sì, mi piacevi, Albert Tavella.

La bicicletta, la tua passione. Quella bicicletta che ti faceva faticare, sognare, gioire. Quella bicicletta che è stata parte della tua vita e che un giorno ti ha fatto pensare alla Maratona dles Dolomites. Ed è così che ne sei diventato uno dei padri fondatori. Se quella folle idea compie oggi trent’anni è anche grazie a te. Perché anche tu tra gli altri, a quel lungo viaggio hai dato la direzione, con gioia, dedizione, capacità organizzative.

Porca miseria, ora non ci sei più. E non ti ho mai veramente ringraziato abbastanza per come gestivi il ristoro del passo Gardena, del quale eri il responsabile. È sempre stato impeccabile quel ristoro, ogni cosa al posto giusto, nessuna lamentela da parte dei novemila ciclisti che si fermavano da te. Eri capace, Albert. Concreto e deciso. E ancora una volta, che il tuo viaggio qui è finito, proprio quando la Maratona dedica se stessa al tema del viaggio, tu sei andato oltre. Hai spalancato il tuo vivere verso l’infinito, lasciandoci più soli e nello stesso tempo felici di averti avuto come compagno di momenti memorabili. Lo sai bene Albert, romanticismi e sentimentalismi non si usano in queste valli, siamo uomini di montagna noi. Però ora te lo dico, perché so che mi ascolti lassù, tra le praterie celesti a cavalcare la tua bici eterna: sì, ti dico che mi spiace tanto, mi spiace non averti mai abbracciato. Che lieve ti sia la terra e dolce la volta stellata.

Michil Costa