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Tecnologia e minori: l’ONU si esprime

Il Comitato ONU sui diritti del minore prende posizione sull’ambiente digitale. Servono tutele, ma che non intacchino le opportunità della tecnologia per i minori.
ONU
Foto: Unsplash

Sebbene una parte importante degli utenti di internet sia minore di età, per tanti anni dell’uso delle tecnologie da parte dei più giovani non si è parlato molto, o soltanto in termini negativi. A richiamare l’attenzione su rischi e opportunità che le tecnologie presentano per i minori è intervenuto recentemente il Comitato ONU sui diritti del minore, l’organismo che monitora l’applicazione dell’omonima Convenzione.

 

La Convenzione sui diritti del minore: una “dichiarazione d’amore”?

 

Adottata nel 1989, la Convenzione sui diritti del minore costituisce oggi uno dei trattati più ratificati al mondo: 196 Stati – tutti tranne gli Stati Uniti – hanno dichiarato di ritenervisi vincolati e si sono impegnati a darvi seguito. Un impegno che ha un chiaro valore giuridico.

In Italia alla Convenzione è stato infatti riconosciuto rango superiore alla legge ordinaria, con la conseguenza che quest’ultima deve rispettare in pieno le sue previsioni. Al tempo stesso, la Convenzione è parte delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri dell’Unione europea, e appartiene così al “diritto costituzionale” dell’UE. Alcune parti della Convenzione fanno inoltre parte del diritto internazionale consuetudinario: principi e regole che vincolano tutti gli Stati del mondo, a prescindere che essi lo vogliano oppure no.

Insomma, la Convenzione sui diritti del minore non è una “dichiarazione di amore”, come potrebbe suggerire il romantico titolo che la legge italiana di ratifica nel 1991 vi ha attribuito (“Convenzione sui diritti del fanciullo”). Al contrario, è un trattato internazionale che gli Stati sono tenuti a rispettare pienamente nella loro azione legislativa, politica e amministrativa.

 

Il commento generale per adattare la Convenzione alla tecnologia

 

Redatta negli anni Ottanta, la Convenzione non considera internet, che al tempo era una tecnologia ancora in fase di sviluppo. Le sue disposizioni, che riconoscono o ribadiscono vari diritti di cui i minori di età sono titolari, vanno pertanto interpretate alla luce delle diverse circostanze oggi esistenti. Per orientare la sua applicazione, il Comitato ONU sui diritti dei minori ha recentemente pubblicato un “commento generale” sui diritti dei minori nell’ambiente digitale. Atteso da molto tempo, il documento non è vincolante: è solo espressione dell’opinione del Comitato, composto da diciotto esperti internazionali, e adottato dopo aver consultato minori provenienti da tutto il mondo. In luce della sua autorevolezza, il commento costituirà però negli anni a venire il metro di paragone delle politiche nazionali e internazionali in questo ambito. Cinque sono i punti chiave.

 

Primo: cercare un approccio bilanciato

 

Il Comitato ONU chiede di non analizzare il rapporto tra minori e tecnologie in termini soltanto negativi: internet costituisce infatti un fondamentale strumento per realizzare i diritti dei minori. Servono chiaramente misure di protezione, che tutelino il minore dalla maggiore vulnerabilità propria dell’età della crescita. A famiglie e attori educativi viene tuttavia richiesto di bilanciare attentamente le protezioni con il rispetto del diritto alla vita privata del minore, della sua libertà di informazione e comunicazione, e del suo diritto all’identità. Tale bilanciamento si presenterà chiaramente diverso in luce dell’età e delle competenze del minore: più una persona cresce, maggiore rilevanza sarà da riconoscere alla sua autonomia e libertà.

 

Secondo: un’educazione critica alle tecnologie

 

Più e più volte ribadita è la necessità di fornire un’educazione all’uso consapevole di internet e delle tecnologie. Oltre a possedere le competenze “tecniche”, è infatti importante sapere come valutare le infinite informazioni rinvenibili su internet. (Trovo un’opinione sui vaccini: chi l’ha scritta? È una fonte autorevole? Ci sono conferme? È un’informazione coerente con le mie conoscenze sul tema?) Su internet, infatti, è difficile tutelare una persona a 360 gradi: bisogna che questa sia anche in grado di proteggersi da sola.

Tale educazione critica, si noti bene, il Comitato chiede venga offerta non soltanto ai minori, bensì anche a tutti quegli adulti – componenti della famiglia, insegnanti etc. – che costituiscono per essi importanti punti di riferimento.

 

Terzo: attenzione ai (nuovi) rischi

 

Il Comitato chiede di prestare attenzione ai rischi che la rete presenta, mettendo ad esempio a disposizione del minore strumenti facilmente accessibili per segnalare situazioni spiacevoli. Il Comitato adotta una prospettiva ampia: accanto al pericolo di abusi sessuali o violenze, cita così anche, ad esempio, i gravi rischi di esclusione sociale qualora uno non possa, o non sappia, fare pieno uso della tecnologia.

Quasi tutti, infatti, posseggono uno smartphone, ma di internet si può spesso fare pieno uso soltanto con un computer: non tutti però ne hanno uno. E chi non ha la curiosità e competenza di usare internet per approfondire la propria conoscenza del mondo rischia di rimanere sulla superficie di un mare di banalità che, pure, la rete offre.

 

Quarto: orientarsi ai diritti dei minori, e coinvolgerli

 

Il commento generale chiede che ogni innovazione legislativa e politica venga analizzata in riferimento alla sua incidenza sui diritti dei minori: li rispetta in pieno? È un passo avanti? Quali rischi presenta?

Non solo: l’azione pubblica dovrebbe basarsi su evidenze scientifiche e non, come purtroppo spesso è il caso, su preconcetti, allarmi sociali, giudizi di pancia. E nel processo decisionale andranno coinvolti pure i minori stessi, ascoltando la loro opinione e dando conto in maniera trasparente di come questa sia stata considerata. Tale “diritto all’ascolto” costituisce, pacificamente, uno dei principi chiave della Convenzione ONU: ma si tratta di un diritto che, al di là delle belle parole, molto raramente viene rispettato in Italia.

 

Quinto: cooperare tra attori, anche tramite le autorità garanti

 

Il settore tecnologico è caratterizzato dalla presenza di molti attori: imprese multinazionali, Stati, organizzazioni non governative… Il Comitato richiede che questi cooperino con famiglie, attori educativi, società civile e accademia, per migliorare le possibilità di utilizzo delle tecnologie da parte dei minori di età.

Per favorire tale cooperazione e coordinare la relativa azione pubblica, un ruolo importante spetta alle autorità garanti. In Italia, dal 2011 è attiva l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, competente a promuovere l’attuazione della Convenzione sui diritti del minore. (Di una simile autorità con competenza per i diritti umani di tutte le persone si sta discutendo proprio in questi giorni, così da colmare una lacuna che vede l’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa senza un tale organismo.)  L’Alto Adige ha svolto un ruolo pionieristico in Italia, avendo istituito l’ufficio della garante per l’infanzia e l’adolescenza già nel 2009.

 

Il rischio di risposte semplicistiche

 

Il rapporto tra minori e nuove tecnologie è molto complesso. Il che potrebbe portare, paradossalmente, a risposte semplicistiche: limitare l’accesso a internet (ma davvero si può?), approvare a seguito di allarmi sociali una qualche norma-manifesto (che, come si può immaginare, fa spesso più male che bene), o concludere che “non si può fare comunque nulla” e sperare che l’ambito tecnologico e ogni minore si auto-regoli.

Già una maggiore consapevolezza sul tema potrebbe invece, passo dopo passo, condurre nella giusta direzione. Ragionando a scuola o in famiglia sulle informazioni disponibili su internet. Discutendo su come usare intelligentemente lo smartphone, senza che diventi il cardine di ogni momento. E chiedendo conto a industrie e decisori politici se abbiano considerato che le loro scelte andranno ad incidere su una società che non di soli adulti è composta.