Society | Ritratto

“Io, una camionista a bordo del Diavolo”

Paola Cestari, autotrasportatrice trentina impiegata in Austria, sui pregiudizi quotidiani, la fiducia dei colleghi maschi da conquistare e il giro di vite al Brennero.
Paola Cestari
Foto: Paola Cestari

“È come un richiamo, a un certo punto devo accendere il motore e andare”. Lei si chiama Paola Cestari, 37 anni, è di Trento, e dal 2016 fa la camionista. Dopo aver cominciato a lavorare nel settore dell’autotrasporto in Italia la “zingara”, soprannominata così dai suoi cari, è approdata in Germania, “avevo il pallino dell’estero”; ha imparato il tedesco e oggi lavora per una ditta austriaca girando a bordo del suo “Gangal” (“diavolo” in dialetto tirolese, il nome del suo autoarticolato), un “bestione” di 16 metri e mezzo che tre settimane fa ha messo in bella mostra in occasione del suo primo raduno di camionisti. Paola viaggia soprattutto di notte, toccando città come Brema, Modena, Milano, Venezia, e nella sua ancora breve carriera, ha trasportato di tutto, dal legno al marmo. Una vita dura, fatta di orari estenuanti, chilometri da macinare ogni giorno, merci da consegnare in orario e, sgradito “bonus” riservato alla compagine femminile, stereotipi da abbattere a spallate.

 

 

Insomma, un mestiere che forse più di altri richiede una massiccia dose di passione. “Da quando ho memoria volevo fare l’autotrasportatrice, è un sogno che avevo fin da bambina, mia madre sperava che cambiassi idea ma non è successo”, racconta Paola. La strada per tagliare l’agognato traguardo non ha concesso scorciatoie. “All’inizio mi è mancato il coraggio, non avevo alle spalle una famiglia proprietaria di un’azienda di trasporti, mio padre lavorava all’Enel, mia madre faceva la casalinga, e io sono, come dire, la ‘prima del mio nome’, ad aver intrapreso questa avventura”, dice con misurato orgoglio, spalancando un sorriso.

 

Orgoglio e pregiudizio

 

A 16 anni Paola si inventa benzinaia, poi arriva la parentesi del panificio a Trento, “ma mi mancava l’aria a stare chiusa in un negozio”; nel 2013 Paola prende le patenti C e CE, valide per la guida di camion e veicoli adibiti al trasporto merci, e inizia “dal basso”, con i furgoni, girando in lungo e in largo il Trentino-Alto Adige. “Il mio ex marito faceva l’autista ma non ha mai voluto che diventassi camionista”, confessa Paola, “in più da parte dei datori di lavoro all’inizio la diffidenza era tanta, a Trento per esempio una ditta mi ha liquidato dicendo che non avevo abbastanza esperienza, ‘ma se fossi stata un uomo lo avreste preso senza troppe storie, ho obiettato, purtroppo l’attività dell’autotrasporto viene ancora generalmente percepita come non adatta alle donne”. Le differenze geografiche in questo senso esistono, sottolinea la camionista, “ho notato che in Austria e Germania c’è profondo rispetto verso le donne che fanno questo mestiere, in Italia invece ti guardano ancora con un certo sospetto”.

 

 

Le torna in mente un episodio: “Una volta mi trovavo in Italia, vicino a Venezia, ed ero in procinto di scaricare la merce. Un magazziniere, non sapendo che fossi italiana dato che ho la targa austriaca, dà di gomito al collega e indicandomi con il mento a punta gli dice: ‘Vediamo quanto ci mette a mettere il Tir sulla rampa’. Avevo il finestrino abbassato e il commento non mi era sfuggito. Faccio le mie due manovre, scendo dal mezzo e gli chiedo: ‘Ci ho messo il tempo giusto?’, lasciandolo di stucco”.
Sulla litania della retorica stucchevole di cui si nutre il pregiudizio si sovrappone però la melodia del controcanto, che risuona nell’ironia di un cartello recante un annuncio di lavoro (come testimonia la foto sottostante), che Paola ci mostra divertita, o nell’umanità dei colleghi incontrati in viaggio. “Un giorno un autista turco, vedendo il mio camion sulla rampa, mi ha scambiato per la segretaria del magazzino, e quando ha scoperto che guidavo io il mezzo si è inginocchiato davanti a me, tra riverenze e complimenti”, ricorda Paola. “Un’altra volta, in Germania, un autista sloveno mi ha salvato, erano le 3 di notte e mi ha aiutato trainando il mio camion che si era impantanato”.

 

 

L’ombra del Brennero

 

A “rovinare la festa” c’è ora il giro di vite lungo l’asse del Brennero, una oggettiva difficoltà, per il settore, con cui fare i conti. Notizia di pochi giorni fa è lo stanziamento deciso dalla giunta provinciale di Bolzano di 6 milioni di euro per il biennio 2020/2021 allo scopo di incentivare il trasporto merci su rotaia. Ma l’obiettivo a medio-lungo termine - ha ribadito l’assessore alla mobilità Daniel Alfreider -, è quello di arrivare a un management del traffico sul corridoio del Brennero con misure coordinate assieme alla Baviera, al Tirolo, e al Trentino allo scopo di trasferire il volume di traffico maggiore possibile dalla gomma alla rotaia e implementare la mobilità alternativa. “Vedremo cosa succederà”, afferma fatalisticamente Paola, “sulla A22 è aumentato soprattutto il traffico proveniente dall’est Europa, ce ne accorgiamo dalle targhe che circolano sull’autostrada, da cui risulta evidente anche un altro problema, quello di chi guida sottocosto, si tratta soprattutto di camionisti stranieri, disponibili a viaggiare per un compenso minore, è una concorrenza sleale, a mio avviso”.

 

 

Nessuna ombra di pentimento però nelle parole della camionista trentina riguardo la scelta professionale fatta, perché, “malgrado tutte le criticità del caso, questo lavoro mi ha forgiato il carattere, resa più sicura di me, anche se i compromessi con la vita privata non sono pochi, anche se quando sei lontana la famiglia ti manca, ma l’ho sempre detto: l’unica cosa che avrebbe potuto farmi scendere dal camion era un figlio, che purtroppo non è arrivato, il desiderio di vedere posti sempre nuovi, quelle albe e quei tramonti dalla posizione privilegiata della mia cabina, è il mio carburante, e niente mi appaga di più”.