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“Dentro la sala degli specchi”

Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
La sala degli specchi
Foto: Salto.bz

Il fatto di vivere nella società dell’immagine, dove sui social network vengono postati ogni giorno milioni di scatti che riprendono le persone da quando aprono gli occhi al mattino a quando li chiudono alla sera, potrebbe far pensare che quello della bellezza sia un mito contemporaneo, ma a quanto pare non è per nulla così. Liv Strömquist in “Dentro la sala degli specchi”, sua ultima graphic novel pubblicata in Italia da Fandango, partendo da Kylie Jenner analizza l’ideale della bellezza passando in rassegna il racconto biblico di Giacobbe, Rachele e Lia, l’ossessione della magrezza dell’imperatrice Sissi e l’ultimo servizio fotografico di Marilyn Monroe.

Con ironia e acutezza, Strömquist – aiutandosi con il pensiero, tra gli altri, di Simone Weil, Susan Sontag, Byung-Chul Han – riflette sui limiti e i pericoli dell’ossessione su come si appare, un’ossessione questa che fa sì che il mostrarsi curati riesca ad assumere i tratti di un dovere. Sebbene l’immagine sia diventata una questione anche maschile, continua a essere quello femminile il mondo che maggiormente subisce questa pressione. I modelli estetici imperanti dettano regole senza fare sconti di genere, eppure per una donna avere un corpo conforme agli standard, un viso curato e una capigliatura in ordine è qualcosa che talvolta va oltre l’esteriorità diventando criterio di giudizio della persona. Le battute sessiste a politiche e giornaliste non sono terminate con la fine del berlusconismo, per il semplice fatto che quella della bellezza è una faccenda complessa che coinvolge il desiderio, l’accettazione e il capitalismo. Caratteristica delle graphic novel di Liv Strömquist è quella di affrontare gli argomenti attraverso più piani di analisi senza mai perdere lo sguardo femminista. In “Dentro la sala degli specchi”, Strömquist spiega come la transitorietà della bellezza fisica faccia sì che esista una corsa contro il tempo per raggiungere il massimo splendore in giovane età. Vivendo in un’economia capitalista che prevede solo un’eterna curva di crescita, la mutabilità del proprio aspetto non può che essere difficile da gestire: se gli anni che passano segnano la pelle, i capelli e il corpo, l’unica soluzione è quella di impegnarsi fin da piccoli a essere belli e in forma. In poche parole a fare della vanità un valore.

In un contesto dove il narcisismo predomina, non è folle affermare che “l’ultimo ideale comune della nostra cultura, l’unica cosa su cui siamo tutti d’accordo: cazzo quant’è bello essere magri!!!”. Ironizzando sul mito del benessere, Strömquist dichiara che “in realtà vogliamo tutti solo essere magri – praticamente tutto ciò che facciamo è spinto dalla stessa motivazione: il desiderio di essere magri”. In “Dentro la sala degli specchi” vengono smascherate le ultime mode in fatto di salute mostrando la vera motivazione che sta alla base dei comportamenti considerati retoricamente “healthy”. L’intolleranza al glutine diventa la possibilità per rifiutare focaccia e pizza; praticare la mindfullness permette di esercitarsi a ingannare il proprio appetito; la dieta antinfiammatoria a protezione dell’apparato intestinale e del sistema immunitario è la scusa perfetta per bere solo frullati. È molto difficile che leggendo “Dentro la sala degli specchi” non ci si riconosca in almeno uno degli atteggiamenti descritti, perché come sempre i libri di Liv Strömquist toccano con tale facilità e totalità le contraddizioni della nostra società che è praticamente impossibile che non parlino anche di noi.