Politics | Governo

“Uno slogan molto scivoloso”

Il costituzionalista Francesco Palermo commenta la frase di rito sull'Autonomia pronunciata da Meloni per accontentare la SVP: “Ritorno al 1992? Le competenze erano meno”
Francesco Palermo
Foto: eurac

salto.bz: Professor Palermo, in un passaggio del discorso programmatico alla Camera, la neo-Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pronunciato la “formula magica” richiesta dalla SVP in cambio della propria astensione nel voto di fiducia al nuovo governo di centrodestra: il “ripristino degli standard di autonomia che nel 1992 portarono al rilascio della quietanza liberatoria”. Cosa significa in concreto questo passaggio?

Francesco Palermo: Bisogna destrutturare il tutto e partire da un assunto: la politica vive di riti e di slogan. Tra i riti, nelle dichiarazioni programmatiche di pressoché tutti i Governi, troviamo la menzione delle Autonomie speciali, come minimo, o di quella dell’Alto Adige in altre circostanze se si ottiene di più. È una classica formula rituale “di maniera”, il “contentino” che si fa sempre per ingraziarsi i rappresentanti di questo territorio. In qualche caso bisogna lottare per ottenerla, in altri arriva per una sorta di accordo precedente. Sarà accaduto in tutte le dichiarazioni d’inizio legislatura, almeno dal 1992 in avanti, tranne una volta…

Quando?

Il primo a non citare dopo molti anni “la formula” nelle proprio dichiarazioni programmatiche fu Matteo Renzi, che dovette riparare nelle repliche. Ma al di là di questo, come detto, tutto questo è parte di un rito che si è celebrato e si mantiene per tradizione. Politicamente non era scontato Giorgia Meloni lo mantenesse, molti lo considerano un successo e probabilmente lo è.

 

 

Ma?

Poi c’è lo slogan, che è un’altra cosa. Tutta la politica vive spesso degli slogan, a cui ci si attacca. Si pensi a “gender”. Anche in Alto Adige siamo degli specialisti: uno dei più terribili è “amico/nemico dell’Autonomia”, la patente di “bravo” e di “non bravo”. Da un po’ di tempo, tra gli slogan si è affermato quello della “riduzione delle competenze”, basato su uno studio commissionato anni fa dalla Giunta provinciale all’Università di Innsbruck, che ha fatto tutta una mappatura della giurisprudenza tendenzialmente centralistica degli ultimi vent’anni, dopo la riforma del Titolo V. Una giurisprudenza che ha interpretato le clausole trasversali della Costituzione (l’ordinamento civile, i livelli di protezione dei diritti fondamentali e così via) in modo non particolarmente favorevole alle competenze delle Regioni e della Provincia di Bolzano.

Menzionare l'Autonomia è un rito. Poi c'è lo slogan. Ora si è affermato quello della “riduzione delle competenze” post-1992. Ma sul piano giuridico è problematico.

È vero?

Sì, c’è stata un’erosione di alcuni contenuti da parte della giurisprudenza costituzionale. Ma lo slogan, affermatosi più di recente, del “ripristino delle competenze al livello del 1992” è rischioso. Quello che s’intende dire, il significato politico, è “siamo disposti a collaborare, perciò siamo disponibili a elaborare norme di attuazione per ricostruire quei pezzi, quelle materie ‘mangiate’ dalla giurisprudenza costituzionale”. Come ricostruire un dente spezzato, dopo aver sbattuto i denti contro la Corte. Se si fosse detto questo, ed è forse quello che si intendeva dire, benissimo. E pure se il richiamo del 1992 non fosse di merito, ma di procedura (cioè lavorare assieme all’Austria senza azioni unilaterali) andrebbe specificato, anziché fare ricorso a degli slogan molto scivolosi. Perché sul piano giuridico il pre-1992 è alquanto problematico.

Per quale ragione?

Dal punto di vista del contenuto, le competenze del 1992 erano parecchio inferiori alle materie attuali. Cosa ne facciamo della sbandieratissima “Autonomia dinamica”? Il ritorno al 1992 è tra gli slogan di Kompatscher, lo ripete spesso. Il senso è giusto, ma in sé per sé potrebbe lasciare intendere che quanto avvenuto dopo il 1992 non è internazionalmente coperto. Invece si dovrebbe dire: ricostruiamo quella parte di competenze perse in via interpretativa nella giurisprudenza costituzionale.

Il ritorno al 1992 è tra gli slogan di Kompatscher. Ma le competenze allora erano parecchio inferiori alle materie attuali. E cosa ne facciamo della “Autonomia dinamica”?

Andrebbe meglio specificata la responsabilità della Corte costituzionale?

Con due ulteriori aggiunte. È vero che la giurisprudenza costituzionale è abbastanza centralista, ma è vero che non abbiamo fatto alcune norme e poi è arrivata la disciplina dello Stato ad anticiparle, ad esempio sull’orario di apertura dei negozi. Oppure abbiamo fatto delle leggi scadenti, che la Corte costituzionale ha bocciato e ridotto - e poteva pure andarci molto peggio. Non possiamo prendercela solo con il Governo o la Consulta: i compiti vanno fatti a casa, l’Autonomia si esercita anche qui.

Lo slogan potrebbe ritorcersi contro il Sudtirolo, se il Governo lo interpretasse in altro modo?

Esattamente. Certo, poi si vedrà in concreto come lo interpreteranno. La traduzione è “veniamo in amicizia disposti a collaborare”, come si è sempre fatto. E forse siamo un po’ provinciali ad aspettarcelo ogni volta.