Cinema | Recensione

Apocalisse à la carte

A House of Dynamite: come gli Stati Uniti risponderebbero a una potenziale catastrofe nucleare. L’ammonitore e adrenalinico film bellico di Kathryn Bigelow sul fragilissimo equilibrio di un pianeta a un passo dal disastro.
A House of Dynamite
Foto: Netflix
  • ***1/2

    A 8 anni dal suo ultimo film (Detroit), Kathryn Bigelow torna con A House of Dynamite, capitolo finale della sua trilogia militare che comprende i precedenti Zero Dark Thirty e The Hurt Locker. Il film, che ha criminalmente avuto un brevissimo passaggio in sala, è ora disponibile su Netflix. 

    Cos’è

    A House of Dynamite segue i 18 minuti che precedono l’impatto, previsto su Chicago, di un missile nucleare di provenienza incerta. Si tratta di un attacco intenzionale o di un errore? L’arma può essere abbattuta? Gli Stati Uniti reagiranno?

    Il film è diviso in tre parti: per tre volte ripercorre quasi in tempo reale lo stesso arco temporale, raccontando i diversi punti di vista e le reazioni della catena di comando americana fino ai vertici della Casa Bianca. Il primo segmento si apre in quella che sembra una mattina come le altre nella base militare di Fort Greely, Alaska, dove i radar del 49º Battaglione di Difesa Missilistica rilevano il missile. L’azione si sposta a Washington D.C. nella Situation Room, negli uffici del Segretario alla Difesa, per arrivare in ultimo alla decisione cruciale e irreversibile del Presidente USA che valuta gli scenari possibili come se stesse leggendo le opzioni di un menù a pranzo.
    Nell’ampio e solidissimo cast figurano fra gli altri Rebecca Ferguson, Tracy Letts, Jared Harris e Idris Elba.

  • (c) Netflix

  • Com’è

    Un grande merito del film, o meglio della sceneggiatura di Noah Oppenheim, è quello di riuscire a semplificare una situazione complicatissima fatta di procedure di crisi, acronimi, dipartimenti governativi e relative funzioni, tecnologie sofisticate. Detto questo, Kathryn Bigelow è una che sa girare. Il modo realistico e grintoso in cui riesce a orchestrare, con coesione assoluta, tutte le componenti del gioco man mano che le circostanze diventano sempre più critiche rende l’esperienza spettatoriale decisamente appagante. Di contro ognuna delle tre sezioni del racconto raggiunge la piena intensità senza però mai arrivare al climax – uno stacco che lascia inevitabilmente dietro di sé una certa frustrazione –, tornando indietro per “resettare” la linea temporale e ripetere il ciclo. 

    La regista di Point Break non vuole commuovere, mantiene una posizione rigorosamente apolitica, ci mostra l’anticamera della catastrofe in un mondo in cui la minaccia nucleare è più concreta che mai. In altre parole: “Quello che state vedendo potrebbe succedere davvero” è il messaggio disturbante e destabilizzante che esce dallo schermo. Non ci sono rassicurazioni né soluzioni. Nemmeno la certezza che qualcuno o qualcosa potrà salvarci all’ultimo minuto. 

    Il thriller bellico di Bigelow mantiene altissima la tensione per tutti i suoi 112 minuti, la camera è nervosa, il ritmo adrenalinico, il panico palpabile nell’assistere all’impotenza di una classe politica completamente spaesata di fronte al rischio atomico in cui “resa o suicidio” si rivelano essere le uniche opzioni plausibili. 
    A House of Dynamite è un esercizio di fantasia saldamente e profondamente ancorato al reale, e proprio per questo agghiacciante. L’apocalisse (contemporanea) è dietro l’angolo.