Il senso di un romanzo
Desidero richiamare l’attenzione dei lettori sul mio nuovo romanzo dal titolo Dragan l’imperdonabile (infinito edizioni). Le mie origini bolzanine e l’aver conosciuto la stagione politicamente tesa, nell’epoca dei dinamitardi, unita alla percezione del momento storico che sta vivendo l’italia, mi hanno fortemente stimolato nella composizione di questa storia.
Una donna ferita da un amore sbagliato ed un serbo di Bosnia dal passato sconosciuto, che il destino fa incontrare, sono i protagonisti del romanzo. Rilevo nel nostro Paese, che dovrebbe guardare ad un’Europa costruttiva e pacifica, l’erigersi di nuove barriere ideologiche, accompagnate da una fastidiosa ostentazione politica di appartenenze religiose che, spogliate della sostanza, esibiscono i simboli della fede come i crocefissi quasi con la protervia delle armi. Recentemente il Presidente della Repubblica Mattarella si è incontrato col proprio collega austriaco Van der Bellen ed ha ribadito la necessità di guardare alla realtà europea con la necessaria consapevolezza che ciascun popolo rappresenta una minoranza, perché l’Europa nasce composita e la sua forza consiste nel saper unire le diversità.
Questo mio nuovo romanzo dai forti connotati psicologici è ambientato agli inizi degli anni ’90 nella provincia veneta dove da qualche anno risiedo. Chi abbia letto i miei precedenti lavori, sa che amo affiancare alla quotidianità di vite comuni l’irrompere di eventi della Grande Storia che, a volte inconsapevolmente, ci riguardano. Nella mia nuova opera Giada, giovane cassiera di un supermercato, è turbata da questioni personali e da una solitudine interiore, solo a tratti spezzata dal dialogo rassicurante con una bambina inesistente, generata dalla propria fantasia. Su questo scenario entra come un fulmine il dramma della vicina, ma affettivamente lontanissima guerra che si combatte nei Balcani, dopo la disgregazione della ex Jugoslavia. Dragan, giovane ex insegnante di Višegrad, cittadina bosniaca, fuggito in Italia per ragioni misteriose, stabilisce uno strano rapporto con la protagonista: appaiono sullo sfondo episodi dell’inenarrabile genocidio consumato in Bosnia, a cui questa storia, pur nella finzione narrativa, fa riferimento in modo circostanziato. Cosa c’entra in tutto questo il Südtirol-Alto Adige? La vicenda di Bosnia può essere l’esemplificazione estrema, nella civile Europa, di come la mentalità delle masse possa essere distorta da messaggi incitanti alla radicalizzazione delle differenze, da posizioni furbamente vittimistiche che puntano a far sentire la gente preda di prevaricazioni insopportabili da parte di un nemico individuato nel vicino di casa, magari di un’altra religione se non di altro idioma. La storia si ripete, al punto che molto spesso lo sguardo critico degli analisti sa prevedere soltanto… il passato, quando tutto è già di fatto accaduto e succede l’irreparabile. Una cascata d’acqua devastante inizia pur sempre da una goccia. Nella vicina Bosnia la somministrazione di un veleno a lento rilascio, preparata ad arte da leader senza scrupoli, ha via via assuefatto la mentalità della gente fino al punto di portarla a compiere il più grande genocidio che la storia contemporanea ricordi in Europa, dopo gli orrori dell’Olocausto. Rimanda alla questione irrisolta sulla natura contraddittoria dell’uomo, sempre in bilico tra l’aspirazione ad una limpidezza irraggiungibile e l’abisso dei propri istinti peggiori, di cui sono vittime soprattutto gli esseri più deboli e in particolare le donne. Ho avuto l’occasione di visitare la realtà della ex Jugoslavia e di confrontarmi con alcuni dei testimoni critici, approfondendo più di quanto la semplice cronaca dei fatti non dica. Personalità intellettualmente rilevanti come Kanita Focak e Bakira Hasečić, unite alle discussioni con il giornalista Luca Leone mi hanno aiutato a filtrare il significato del conflitto bosniaco e a trarne un senso attuale nell’interpretazione del presente, dove il prevalere delle idee cosiddette sovraniste, il vittimismo che allude ad un’invasione pericolosa da parte di poveri cristi, l’economia nostrana fiaccata da presunti manovratori, la riproposizione di segni distintivi di appartenenza da difendere con i denti, l’ideologia che affiderebbe alle masse il compito di giudici spiccioli: tutti segni che è utile interpretare in una chiave meno folcloristica e più seria. Naturalmente, il mio romanzo Dragan l’imperdonabile muove da intenti narrativi letterari e non da propositi didascalici, ma la forza dei libri, se e quando sono apprezzabili, sta proprio nella capacità di far riflettere, pur trattandosi di uno spettacolo per la mente. Mi auguro di poter presentare anche agli amici sudtirolesi/altoatesini il senso insito della mia nuova opera.