Politics | Antifascismo oggi

Non manca solo #laparolaconlaF

Nonostante tre consiglieri comunali "fascisti del terzo millennio" non si usa #laparolaconlaF: neanche per parlare della Resistenza.
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Foto: Screenshot del sito della Piattaforma, di proprietà di Young Inside

Da molto tempo credo sia necessario questo articolo: il Re è nudo da tantissimo tempo, molti lo sanno ma spesso viene detto solo a mezza bocca, lontano dai riflettori. La scintilla è venuta da una frase di Selene Pascarella (@talpabis) nel suo ultimo post per Giap, “Il format con la F. L’omicidio di #Alatri e la violenza fascista che i media preferiscono ignorare”.

L’autrice di Tabloid Inferno scrive che i giornalisti non chiamano “fascisti” i fascisti:

«Forse per paura di ritorsioni? […] Oppure sono ragioni di convenienza economico-produttiva? La violenza politica non vende. Non piace al pubblico e tantomeno agli inserzionisti. Ma se invece fosse per adesione – anche inconsapevole – a un modello culturale? Un modello che ha deciso di cancellare il fascismo dal proprio orizzonte per non essere costretto a farci i conti quotidianamente?»

L’analisi di Selene si riferisce all’assenza de #laparolaconlaF, ma personalmente ha fatto suonare anche un altro campanello: a Bolzano la parola fascismo non manca solo nei media, come avevo già scritto lo scorso anno (“Chiamare le cose con il proprio nome”, Salto.bz), ma anche dal discorso pubblico di chi dovrebbe rappresentare i “democratici”, “gli antifascisti”, la “Repubblica nata dalla Resistenza”. Tutta quella sequela di istituzioni e di personaggi a carico della collettività, che da anni fanno parate militari o progetti da decine di migliaia di euro, ogni 25 aprile, riuscendo così a svuotarlo completamente di significato. Perché nella migliore delle ipotesi la festa nazionale creata nel 1946 «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano» è diventata poco più di una ricorrenza, in cui a malapena si ricorda che la Liberazione avvenne ad opera di Partigiani ed Alleati, uniti nella lotta contro il nazi-fascismo.

Senza prenderla tanto alla lontana. Piattaforma delle Resistenze Contemporanee, già Festival dal 2011 al 2013, presentazione sul proprio sito internet: indovinate cosa manca? #laparolaconlaF! Non è nemmeno citata per antitesi, mentre Resistenza viene citata una sola volta (resistenza storica).

L’altra volta avevo inserito #laparolaconlaF nel motore di ricerca del giornale Alto Adige, ci proviamo anche con il sito della Piattaforma? Ecco qua!

Il sito è stato rinnovato dopo i numerosi cambi di pelle della Piattaforma, ma anche se contenesse solo gli articoli relativi all’edizione 2017 sarebbe stupefacente: una sola volta viene nominato il fascismo, nonostante tra i “percorsi” vi fossero Cultura per resistere, Memory sharing e Sharing_Emotion_Maps.bz. Più che parlare di fascismo serviva avere ospiti come Platinette, Capossela o Gad Lerner, per parlare di identità e confini. La Resistenza è stata relegata alla sola mattinata del 25 aprile: invece che di antifascismo si parla di memoria, più neutra, con un concorso per aspiranti giornalisti, la chiusura del corteo istituzional-militare e un’amatriciana del Partigiano (cucinata dagli alpini), citando il sito “Amatriciana di solidarietà per festeggiare assieme e rendere ancora una volta la Resistenza... contemporanea.”. I "cattivi" sono del resto solo i nazisti, autori dell'eccidio raccontato nello spettacolo teatrale "Platino", parte delle anteprime della Piattaforma.

Perché raccontare la Resistenza in questo modo? Togliendo qualsiasi riferimento al fascismo si cancella il carattere di guerra civile della Liberazione, eliminando così i problemi di contrapposizione e polemica. Parlando di una generica "libertà" garantita da non meglio identificati Partigiani non serve fare i conti con la realtà della guerra. Tutto diventa più sfumato.

Diluendo la Resistenza, che fu non solo italiana ma europea, in generiche Resistenze, per di più contemporanee, si cancella anche il riferimento chiaro agli antagonisti del fascismo. Chi resiste oggi viene messo sullo stesso piano dei Partigiani. Per carità, sono convinto vi siano persone che fanno moltissimo per resistere tutti i giorni: ma resistere a cosa? Ha senso accomunarle ai Partigiani, quando la loro lotta è tanto lontana da quella antifascista? Si possono forse fare dei paralleli, forse stimolare la riflessone sulla necessità di essere partigiani oggi... ma se ci si dimentica che il fascismo ancora esiste, che tre consiglieri comunali sono stati da poco eletti "seppur fascisti", a cosa può servire?

Abbiamo bisogno di persone pronte a dire che un enorme problema è ancora oggi il fascismo. Che non siamo stati del tutto liberati nel 1945, che ancora molto rimane da fare oggi. Persone che almeno chiamino le cose con il proprio nome: identificare il problema per poter lottare contro di esso.

Anche tralasciando i problemi legati ai soggetti che organizzano questo tipo di eventi, per non aprire un’enorme parentesi sul mondo cooperativo e l’affidamento a privati di progetti prima pubblici per centinaia di migliaia di €, è chiaro che a monte vi è una volontà politica quantomeno sbadata. Non si accorge l’Assessore e vicepresidente della Provincia Autonoma di Bolzano, Christian Tommasini del PD, che il progetto finanziato e voluto dai suoi uffici parla di Resistenza marginalizzando l’antifascismo?

Non può bastare la collaborazione con ANPI e Deina (associazione che organizza Pro_memoria Aushwitz), anche per la timidezza che proprio l'ANPI di Bolzano ha dimostrato in questi anni nell'affrontare il problema CasaPound.

Quindi parliamo di chi fa politica nelle istituzioni comunali. Finiti i tempi del vicesindaco Ellecosta (per il quale la Liberazione dei sudtirolesi avvenne l’8 settembre, con la creazione dell’Operationszone Alpenvorland) e del sindaco Spagnolli, abbiamo oggi in Comune un “sindaco ANPI” che i lettori di Giap ricorderanno per la menzione nello storify CasaP(oun)D.

Conoscete la campagna di CasaPound “Basta Feccia”, con manifesti neri affissi in giro per l’Italia? È nata dopo un intervento del consigliere Andrea Bonazza, responsabile locale di CasaPound, in Consiglio Comunale, che si riferiva ai frequentatori del parco della stazione ed in particolar modo gli stranieri. Quella volta il Presidente del Consiglio Comunale, Silvano Baratta (politico di lunghissimo corso, ora del PD) non aveva fatto nulla, riprendendo anzi l’assessora verde Lorenzini e difendendo poi il proprio operato. Quando Bonazza si presentò in Consiglio Comunale con una felpa con il logo della divisione Charlemagne, collaborazionisti nazisti francesi, Baratta disse semplicemente «Non credo nei divieti, ma inviterò i consiglieri a presentarsi con un abbigliamento rispettoso delle idee di tutti».

Quando Davide Brancaglion, consigliere di Circoscrizione per CasaPound, venne denunciato per la seconda volta di un pestaggio (al momento siamo a 3), il Presidente della sua Circoscrizione Federico De Piccoli, del Movimento 5 Stelle, si disse “colpito e amareggiato”, chiedendo le dimissioni solo formalmente senza “entrare nel merito della denuncia”. Il problema era il carico pendente, non aver mandato all’ospedale un minorenne.

Nel dossier realizzato lo scorso anno, “Una mappa per capire CasaPound Bolzano”, sono presenti numerosi altri esempi. Ormai quasi quotidiani, perché la presenza di CasaPound nelle istituzioni permette ai fascisti di esprimersi su tutto, rendendoli un soggetto della normale vita pubblica, mentre chi è “democratico” e “antifascista” non si accorge che credere nel fascismo non è un’opinione legittima. È un crimine. Per questo bisogna marginalizzarli e ricacciarli nelle fogne da cui sono usciti, impedendo loro di ottenere qualsiasi spiraglio di azione, soprattutto agendo verso chi “casca” nella loro propaganda.

«Da parecchio tempo è possibile evidenziare, facendo attenzione all'utilizzo delle parole, una tendenza a sottovalutare il fenomeno di ritorno in auge di movimenti fascisti e xenofobi» scrivevo oltre un anno fa. La situazione sembra, se possibile, ulteriormente precipitata. L’unica occasione in cui si parla realmente della loro pericolosità è in relazione al frame, citato da Selene, degli “opposti estremismi”, per il quale bisogna condannare sempre tutta la violenza. Ma se nel discorso pubblico si evita accuratamente di parlare di fascismo non c’è neanche bisogno di parlare di antifascismo, di Resistenza, di Partigiani.

C’è chi preferisce dimenticare ciò che fu la Resistenza, un movimento di Liberazione dopo vent’anni di dittatura fascista. Bisogna andare oltre: in nome della storia condivisa, dei crimini dei nazi-fascisti resi meno gravi da quelli (presunti o reali) dei fascisti, in nome della concordia nazionale. In nome del consenso politico, strizzando l'occhio all'ignoranza dilagante. Così il 25 aprile diventa la festa della libertà, o dei patrioti europei in blUE. Insomma parliamo di una tendenza nazionale alla concordia.

«A furia di non usare mai la parola con la F si perde inconsapevolmente la capacità non solo di chiamare le cose col loro nome, ma anche di vederle per ciò che sono.» Selene Pascarella, "Il format con la F."

Dobbiamo dare nomi precisi, chiari e adeguati a fatti e personaggi. Per un dovere storico, per non far cadere nell'oblio il coraggio di chi lottò per noi. Per un dovere attuale: quello di non permettere che accada nuovamente.

Dobbiamo quindi mostrare come certe mancanze siano frutto di disattenzione, o di vera e propria connivenza. Bisogna dire con forza che non è evitando di parlare del fascismo che questo scomparirà. È necessario mobilitarsi per rendere chiaro che non si sta parlando di bravi ragazzi, ma di soggetti che apertamente inneggiano alla dittatura e rivendicano le proprie azioni, anche violente.

Cominciamo chiamando le cose con il proprio nome. Continuiamo quanto cominciato dai primi antifascisti, continuato dalla Resistenza e da tutti i movimenti che nel mondo hanno affermato l'importanza di essere antifascisti.

P.S.: Così per dire: nelle due pagine dedicate alle cerimonie per il 25 aprile il quotidiano Alto Adige non ha mai scritto #laparolaconlaF. C'è però la parola "antifascista", usata per raccontare la partecipazione di Bolzano Antifascista alla cerimonia militare, per ribadire che la Liberazione non è una celebrazione né può essere una parata.