Due mostre di disegni d’artista
Esprimono al contempo delicatezza e horror, dolcezza e violenza i disegni molto ben curati dell’artista bolzanina Anuschka Prossliner esposti nello spazio assegnato a Kunsthalle West al terzo piano del Palais Mamming a Merano. Aperta fino al 14 giugno, la mostra dall’intrigante titolo I was quiet but not blind (t.l. Ero tranquillo ma non cieco), curata da Antonella Tricoli e Nicole Abler, comprende poco più di una ventina di immagini, tutte rigorosamente in bianco e nero e dello stesso formato, 60x80 cm.
Salvo una, la numero 6, dove il cappello a punta che entra dal lato sinistro è ricoperto di tanti piccoli quadrati variopinti, come a segnalare un momento di allegria carnevalesca al pari dei confetti coloratissimi buttati al vento in una soleggiata giornata di primavera. Tutte le altre immagini comunicano piuttosto il buio della notte, dove tutto può accadere. Le zone ombra in cui tutto è possibile… Già la scelta del leitmotiv per la mostra che si è vista e si vede in giro per le strade, una silhouette femminile accovacciata con in testa un cappuccio nero, al contempo rilassata e tesa, fa ricordare alcune foto di ostaggi di terroristi, in cui l’umano e il disumano ci sono all’unisono.
Piazzate nel vuoto del foglio bianco-sporco, privo di ogni altro elemento scenico o decorativo, le esili figure inventate dall’artista che si è formata tra Bologna, Sevilla e Madrid e che ha all’attivo parecchie mostre collettive e personali, assumono una forte valenza simbolica nel loro essere forme abbozzate di corpi, per lo più umani, e per lo più femminili: due braccia unite nelle mani disegnano la cintura che stringe un ipotetico abito di cui vediamo l’allargarsi verso l’alto del petto femminile e verso il basso del bacino – tutto qui. La nostra mente compone il resto.
Una treccia lunga copre metà di un altro foglio, a partire da un tondo che segnala la testa. Busti a mo’ di cocoon si formano idealmente grazie a un insieme di volumi e agglomerati disegnati con tratto nero più grosso, altri eseguiti con punta finissima contraddistinguono, ad esempio, tre forme femminili galleggianti: la prima, col volume dei capelli unito sopra la testa in modo da formare un triangolo (e qui richiama la forma del cappuccio presente in altri); la seconda, in piedi, è sostenuta unicamente da un filo che nel nostro immaginario si lega a un cappio, invisibile, perché fuori quadro; e la terza, sempre in piedi, appare avvolta da tante frecce sottilissime che si incidono nel corpo intero.
Violenza, abbiamo detto all’inizio. Sì - richiamano la violenza sulle donne queste fragili figure, lo si percepisce sulla pelle, così come queste tele che ne fanno da supporto ne hanno percepito l’intingersi dell’inchiostro nero e pertanto due di esse si fanno esplicitamente veicolo del movimento costituito la scorsa primavera - #metoo - a difesa delle donne contro la violenza sessuale: intitolate Daphne 1: “#metoo” e Daphne 2: “#metoo”, rappresentano un accenno a un busto con tondo, la prima, e a un abito svolazzante, la seconda. Innocenti segni caricati di ampio significato. Non è a questo che serve l’arte? Veicolare emozioni tra chi la crea e chi la guarda? Certo, non soltanto quelle dolorose.
Alcuni artisti, infatti, sentono la spinta di voler fermare l’emozione e per farlo la traducono immediatamente in segni, abbozzati, tratteggiati con matita nera o a colori, su fogli di carta o in un carnet di appunti. Markus Vallazza è uno di quelli, e ai suoi molteplici diari è dedicata la mostra che si apre stasera nella sede principale della Kunsthalle West presso l’Eurocenter di Lana: Der Eros des Zeichners. Die Skizzenhefte / I diari, visitabile da domani, 28 aprile, fino al 5 maggio negli orari serali (dalle 17,30 alle ore 20).
La selezione a cura di Arnold Mario Dall’O e Ulrich Egger di sicuro non sarà stata facile visto che l’ottantunenne artista della Val Gardena disegnava sempre e ha riempito quaderni su quaderni con migliaia di schizzi sotto forma di ritratti di persone famose e/o ignote, di vedute di paesaggi urbani e/o rurali in giro per il mondo, da Vienna a Parigi, da Londra a New York. Ispirato dalla “lezione dello sguardo” concepita da Oskar Kokoschka, Vallazza ha così voluto alimentare il proprio magazzino di idee, per ampliare il campo sperimentale o semplicemente allenare la mano per dar seguito a ciò che vedeva con occhi e cuore, giorno per giorno, luogo per luogo, atmosfera per atmosfera.