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L'Università a misura di bambino

Apre i battenti il nuovo Kidspace all'interno dell'unibz. Steffen Kaz, docente di product design, racconta come si progetta guardando ai più piccoli.
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Una sala grande, luminosa, fatta di mobili ricomponibili, librerie pronte per essere riempite ma, allo stesso tempo, per diventare esse stesse un gioco: è il nuovo Kidspace inaugurato lunedì scorso alla Libera Università di Bolzano. Un progetto che ha visto la luce grazie al lavoro di squadra di diversi soggetti: la sinergia tra docenti, studenti e Comitato per le Pari Opportunità è stata infatti un tassello fondamentale per la creazione della nuova area giochi, che presto sarà bissata da un’altra apertura nella sede di Bressanone. La ristrutturazione, inoltre è andata di pari passo con l’organizzazione di un servizio di custodia e assistenza per consolidare questo servizio e renderlo più fruibile da parte della popolazione universitaria. 

“Il Comitato per le Pari Opportunità promuove la conciliazione della vita familiare e lavorativa per tutta la popolazione accademica”, spiega la professoressa Federica Viganò. "Proprio per questo abbiamo supportato l’allestimento di un luogo come il KidSpace, che potrà accogliere e ospitare i figli dei dipendenti per alcune ore nella giornata”.  Lo spazio, infatti, è aperto a bambini fino ai 10 anni, genitori e mamme che allattano e il design interno porta la firma di due studentesse neolaureate, Noemi Biasetton e Lucia Fiorani e del loro docente Steffen Kaz, titolare dello studio di design Lorenz+Kaz  nonché docente di product design presso la facoltà di Design e Arti dell’unibz. 

Proprio il docente racconta come si è sviluppato il progetto e quali sono stati i punti più interessanti: “Intanto va ricordato che il Kidspace è il terzo tassello di un progetto curato dai nostri studenti molto più ampio e che va avanti da circa due anni e mezzo: Lost in space, infatti, ha già visto il rinnovo del Welcome Desk dell’università e di piazza Darwin, due luoghi che sono stati oggetto di alcuni interventi volti a migliorarne l’aspetto e la vivibilità. Adesso ci siamo invece occupati di questo nuovo spazio, e le due studentesse hanno lavorato in particolare sulla progettazione della libreria. C’è da dire - aggiunge Kaz - che inizialmente l’idea era che lo spazio ospitasse bambini da 1 a 5 anni, eventualmente insieme alle loro mamme, e dunque anche noi in una prima fase abbiamo lavorato riflettendo su questi presupposti. Nel corso del tempo l’idea è cambiata, abbiamo avuto modo di confrontarci continuamente con il Comitato Pari Opportunità, e dunque anche il nostro punto di vista è mutato. Dal progetto iniziale, infatti, si è pensato di allargare l’accesso ai bambini fino ai 10 anni e aprire il Kidspace anche a eventi speciali o corsi tenuti da docenti, motivo per cui inevitabilmente ci siamo dovuti orientare su un altro tipo di oggetti. Alcuni punti fissi, però, ci sono: gli spazi sono molto accessibili, abbiamo una grande libreria ad alveare che crea delle sedute non convenzionali. Abbiamo lavorato poi su un certo tipo di materiali, naturali e sostenibili”. E ancora: “Quando si tratta di questi spazi io poi penso che non sia necessario riempirli già di colori: sono i bambini che portando la vita portano anche la fantasia, per questo non credo che i mobili, ad esempio, debbano essere per forza colorati”. A conferma di questo, il professor Kaz racconta del giorno dell’inaugurazione del Kidspace: “Come volevasi dimostrare, i bambini hanno immediatamente “occupato” lo spazio, vivacizzandolo”. La progettazione di spazi simili, però, non è priva di punti critici: “L’aspetto più problematico per noi è stato pensare e creare un luogo dove non ci fossero possibili fonti di incidenti, uno spazio che fosse a misura di bambino anche sotto il profilo della sicurezza. Su questo il continuo confronto con gli altri soggetti coinvolti ci è stato di grande aiuto: le studentesse si sono sedute a un tavolo con il Comitato Pari Opportunità e hanno cercato di capire tutti insieme cosa poteva essere realizzato e in che modo. Le idee sulla carta sono una cosa, la loro effettiva concretizzazione un’altra, specie quando si deve lavorare insieme a tanti partner, dai docenti ai dipendenti delle officine. È stato un bel percorso e siamo soddisfatti”.