Environment | NAtura

Lupo, quali sono i rischi reali?

Domani (27 maggio) l'atteso convegno dell'Eurac. La ricerca norvegese del NINA: in Europa rischi per l'uomo pari a zero, ma il fenomeno va controllato.
Lupo
Foto: (c) pixabay

Si può ragionare intorno alla presenza dei lupi sulle nostre montagne con dati precisi, pareri scientifici e senza isteria? In Alto Adige purtroppo ancora no. Per ragioni non sempre chiarissime gran parte del sistema mediatico locale alimenta una campagna di disinformazione che spesso sconfina nel “procurato allarme”. Di contro, il variegato mondo degli animalisti, ha al proprio interno esponenti per i quali sembra che l'incolumità degli animali venga sempre e comunque prima di qualsiasi cosa, compresa la sicurezza delle persone. La più classica delle polarizzazioni a cui ormai si è quasi tutti assuefatti. Il guaio è che il dibattito viene spesso condotto come se a livello provinciale si potesse decidere autonomamente di sterminare – come vorrebbero le lobby di riferimento – tutti I lupi che arrivano a tiro di schioppo o introdurre forme di tutela più stringenti. Ma non si può. In un clima da caccia alle streghe, per evitare che le paure create in modo doloso si trasformino in psicosi, è necessario far parlare la scienza.  Con questo scopo Eurac propone nella giornata di domani (27 maggio) un convegno online dedicato al tema. La popolazione di lupo, infatti, è in espansione naturale sulle Alpi a partire dagli anni Novanta. E se sulle Alpi non si registrano casi di attacchi ad esseri umani, altrove, nel mondo, anche se in percentuali bassissime, sì. (qui lo studio del NINA, di cui riferiamo più avanti nell’articolo). 

Ad ogni modo per migliorare la coesistenza tra il lupo e le persone che vivono e lavorano sulle Alpi, all’interno del progetto europeo LIFE WOLFALPS EU sono state realizzate delle azioni coordinate nell’intero arco alpino. Alcune di queste misure verranno presentate domani (27 maggio 2021) durante la conferenza online “Coordinated Actions For Wolf-Human Coexistence Across The Alps” durante la quale verrà fatto il punto sul lavoro di squadra svolto a livello transnazionale per favorire la coesistenza lupo-uomo. La presenza del lupo nelle Alpi, anche a bassa quota, innesca talvolta alcuni problemi legati soprattutto alla protezione del bestiame e deve essere affrontata utilizzando strumenti di protezione adeguati e condivisi anche oltre i confini regionali e nazionali.  Durante la conferenza verrà riportata la situazione di Italia, Francia, Austria e Slovenia e si discuterà di passato, presente e futuro della gestione del lupo in Europa. L’incontro è anche l’occasione per presentare le attività selezionate da ogni gruppo di lavoro internazionale su: monitoraggio, protezione del bestiame, relazione tra attività umane, predatori e prede, prevenzione dell'avvelenamento illegale. La conferenza sarà trasmessa via web streaming su Zoom e tradotta simultaneamente dall'inglese in italiano, francese, tedesco e sloveno.  Il programma dettagliato è disponibile sul sito della conferenza: https://www.lifewolfalps.eu/conference.

Lo studio del NINA

Lo studio pubblicato nei giorni scorsi dal Norwegian Institute for Nature Research (NINA) fornisce un quadro sugli attacchi di lupi che si sono verificati nel mondo ai danni di persone dal 2002 al 2020. Ne emerge che il lupo raramente rappresenta una minaccia per gli umani. Ma, appunto, raramente, non mai, ed è bene saperlo.

Nei 18 anni presi in esame, in tutto il mondo si sono verificati 489 casi di attacchi ad esseri umani. Di questi 67 erano effettivamente attacchi predatori (9 mortali), 380 da parte di animali rabbiosi (14 mortali) e 42 di attacchi provocati dall’uomo  (3 mortali). Gli eventi si sono verificati in Canada, Stati Uniti, Croazia, Polonia, Italia, Iran, Iraq, Israele, India, Kirgizstan, Turchia, Kazakistan, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Russia, Mongolia, Armenia, Azerbaigian, Tagikistan e Arabia Saudita.

Quello dei lupi rabbiosi rappresenta un rischio molto basso per l'Europa in virtù della quasi eradicazione della rabbia. Nel resto del mondo gli attacchi predatori hanno origini diverse. Alcuni, come quelli avvenuti nell'Iran occidentale, sembrano essere collegati a territori con bassa densità di prede selvatiche ed alta densità di esseri umani che vivono in condizioni socio-economiche sfavorevoli. Altri casi, tuttavia, sono associati a situazioni in cui i lupi avevano tenuto un comportamento che non mostrava alcuna paura degli esseri umani e in precedenza avevano avuto ottenuto cibo di orine antropica. 

Secondo lo studio norvegese c'è un “urgente bisogno di saperne di più sul comportamento dei lupi 'coraggiosi' e capire fino a che punto un crescente grado di assuefazione agli esseri umani (che è loro necessario per vivere in paesaggi dominati dall'uomo) può portare a comportamenti potenzialmente pericolosi”. È inoltre necessario “sviluppare procedure di gestione chiare sia per prevenire lo sviluppo di situazioni pericolose (ad esempio l'alimentazione da parte degli esseri umani) sia per reagire a tali situazioni quando si verificano”. Dal momento che non è possibile sterminare tutti i lupi, il chiudersi a riccio da parte di agricoltori e allevatori e il rifiuto aprioristico di un approccio razionale alla tematica, non aiutano. Per gli esperti norvegesi sono necessarie, quindi, “una maggiore comunicazione e sensibilizzazione in questo settore”, diretta sia ai cittadini che alle istituzioni mediche, veterinarie e di gestione della fauna selvatica. In Europa e Nord America gli studiosi hanno trovato prove di 12 attacchi, di cui 2 (entrambi in Nord America) sono stati fatali, in un periodo di 18 anni. Considerando che ci sono quasi 60.000 lupi in Nord America e 15.000 in Europa che condividono lo spazio con centinaia di milioni di persone, è evidente che i rischi associati a un attacco di lupo sono sicuramente di poco superiori allo zero, ma troppo bassi per essere calcolati.