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Dal meteo all’altare

Sabato a Bressanone sarà ordinato un unico sacerdote. Negli ultimi giorni ne sono morti tre. E da settembre tre religiosi indiani cominciano il loro servizio nelle parrocchie di Bolzano.
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Foto: Lars Klauser

“Dal giorno del mio ingresso in diocesi (ottobre 2011) è la diciottesima volta che celebro il funerale di un prete. Domani sarà la diciannovesima”. Lo ha detto il vescovo Ivo Muser a Verdines, una settimana fa, di fronte alla bara di don Martin Frank, spentosi dopo alcuni mesi di malattia all’età di 80 anni.

A Verdines, dove si era ritirato dopo il pensionamento, don Frank dava in parrocchia una mano importante. Negli stessi giorni è morto don Merch Graffonara. Pure lui, malgrado la veneranda età (classe 1922), si dava da fare per la comunità di Marebbe. Infine, l’altro giorno, se n’è andato don Beniamino Lunz. A lungo attivo a Merano, si era trasferito a Pergine Valsugana. È stato stroncato da un malore durante una breve vacanza al mare.

A fronte di questa situazione quest’anno ci sarà un’unica ordinazione sacerdotale (Massimiliano de Franceschi, sabato prossimo, ore 10, nel duomo di Bressanone). Un evento sempre più raro. L’anno scorso i nuovi preti diocesani furono due, nessuno nel 2011, due l’anno prima. Nemmeno uno è previsto per il 2014. La media è presto fatta.

De Franceschi vede nel suo futuro da parroco il modo per mettersi “più profondamente al servizio delle donne e degli uomini di questo nostro tempo”. La sua è una storia particolare. Classe 1974, bolzanino, dottore in Ingegneria ambientale, già esercitatore presso la LUB, ha svolto a Trento attività come ricercatore e docente, occupandosi di tecniche di misurazione meteorologica. Ha vinto anche alcuni premi di livello internazionale. Ora passa dal meteo all’altare.

Il “saldo naturale” del clero è dunque decisamente negativo. C’è tuttavia una compensazione sul piano del “saldo migratorio”. Un tempo (e ancor oggi, per la verità) erano i sacerdoti altoatesini a recarsi in “terra di missione”. Tra i più noti il santo ladino Ujöp Freinademetz, che morì in Cina ai primi del Novecento, e Luis Lintner, ucciso in Brasile vent’anni fa. Oggi il flusso avviene al contrario. Proprio in questi giorni la diocesi ha dato notizia dell’apertura a Bolzano di una comunità della congregazione dei “Fratelli dell’immacolata Concezione”. P. Sajimon, p. Georgekutty e p. Shibu, tre religiosi indiani del Kerala, oltre ad operare nell’ambito della pastorale sanitaria, loro specifico campo di intervento, sono stati assegnati alle parrocchie di Firmian, Don Bosco e Duomo. Non sono i primi “preti extracomunitari” (o “missionari di ritorno”) ad operare in Alto Adige, ma in questa forma si tratta di un’esperienza inedita. “La scelta di Bolzano – spiega fr. Ruggero Valentini, responsabile della congregazione – ha per noi un valore aggiunto: questa terra di confine è una scuola di dialogo e di tolleranza. Con le sue popolazioni di lingua diversa l’Alto Adige offre una straordinaria occasione per educarsi alla reciprocità. Una missione ‘inter gentes’ (tra i popoli, ndr.), quindi, nel vivo della complessità”. La vera novità è proprio l’ottica dello scambio paritario tra “chiese sorelle”. Preti, come il papa, che vengono “dalla fine del mondo”.

Don Massimiliano de Franceschi la vede così: “Questa situazione ci conferma come sia importante saper essere missionari anche ‘in casa propria’. Non solo per i preti, ma per tutti i battezzati. Certo, per il prete la tensione resta quella tra l’essere riferimento presente in parrocchia e, appunto, missionario che va incontro alle persone che vivono il territorio affidatogli”. Il ruolo del sacerdote destinato a cambiare? “A me – dice don Max – piace l’immagine del prete come ‘uomo della soglia’, custode (in senso positivo) dell’interno, ma tutto proteso a scorgere il viandante e a offrirgli accoglienza. Una soglia che di volta in volta si sposta concretamente là dove c’è più bisogno”. 

In una chiesa in cui vuole spirare aria nuova, un meteorologo sarà l’uomo giusto al posto giusto?