Politics | Elezioni 2016

Destra e sinistra chi?

Proseguono le manovre di partiti, esponenti politici in ordine sparso e personalità della società civile più o meno pronte a scendere in campo a Bolzano.

A tenere banco sono soprattutto i due più grandi (si fa per dire) schieramenti di parte ‘italiana’. Un inciso, già che ci siamo e prima di cominciare: la parentesi ‘interetnica’ avviata dal PD con la quasi elezione di Cornelia Brugger in consiglio provinciale è morta e sepolta, come la stessa sindacalista ha avuto modo più volte di segnalare, con molta enfasi. 

Il PD è reduce dalla leopolda in salsa altoatesina, un oggetto non identificato di fatto molto distante dalla kermesse originale concepita da Matteo Renzi per rottamare, comunicare in modo pop e soprattutto creare un elettorato alternativo a quello tradizionale del PD dialogando con persone, blocchi sociali, istituzioni, al di fuori del classico steccato della sinistra. Nella Leopolda originale il rito si compie utilizzando il format dei pochi minuti a disposizione per ogni intervento, volti a mettere al bando il politichese e andare al sodo, concedendo la medesima chance in termini di spazio e tempo a l’ultimo dei cittadini rispetto al segretario del partito. Per chi conosce l’abc della dinamica di gruppo una sorta di brainstorm, insomma, ma senza sintesi finale. E con la giusta dose di spettacolo per santificare i promotori.
Pur essendo una novità la leopoldina del PD altoatesino di sabato 21 novembre è stata tutt’altro e quindi più che altro un format alternativo di incontro, da sperimentare con curiosità e distacco. Ma nel quale rispetto al modello originario molti elementi sono mancati o sono stati presenti in modo molto trascurabile. 
Su tutti il mancato intervento della segretaria Liliana Di Fede, ad un certo punto allontanatasi in realtà non per manifestare lo sdegno nei confronti di Holzmann (ma la Leopolda non è aperta a tutti?), ma invece  perché le era stato negato di proporre il suo intervento dove voleva e cioè dopo il collegamento skype con Deborah Serracchiani. 
Sul fatto che a Bolzano Christian Tommasini e Carlo Costa volessero andare oltre lo stretto steccato della sinistra non ci piove, tant’è vero che di sinistra non ce n’è stata traccia neppure per sbaglio. In merito poi all’apertura a ‘persone, blocchi sociali e istituzioni’ potremmo dire senza timore di essere smentiti che le 'persone' erano forse tre o quattro mosche bianche e i blocchi sempre gli stessi, organici alle varie fazioni interne del partito. Forse la novità più interessante, anche se a dire il vero non poi così significativa, è stata la presenza di qualche manager pubblico. Ma, ad esempio, il fatto che per quanto riguarda la categoria dei grandi imprenditori fosse presente solo Hager la dice lunga sulla strada da fare per mobilitare politicamente i privati che a Bolzano danno lavoro e fanno girare l’economia. 

Presente e docile, la minoranza del partito che fa capo a Roberto Bizzo sabato 21 ha detto la sua. Ma poi a stretto giro ha sferrato la sua controffensiva. 
Per il prossimo 12 dicembre il vicepresidente del consiglio provinciale ha infatti organizzato un evento che in qualche modo appare una controleopoldina, un convegno dedicato alla riforma dell’autonomia della quale Bizzo sarà in qualche modo cerimoniere attraverso il Konvent che partirà a gennaio.   
Ed è molto interessante il fatto che l’iniziativa di Bizzo appaia in sostanza anche come una sorta di doppione in chiave politica del convegno accademico organizzato alla Lub insieme all’Upad da Gianni Lanzinger insieme al Centro di Cultura dell’Alto Adige. Un evento quest’ultimo concepito con scopo di sottrarre il tema del futuro dell’autonomia dalle pastoie della politica, oggi ritenuta sostanzialmente inadeguata. Ma poi condito nella tavola rotonda conclusiva dalle presenze di Lidia Menapace, Siegfried Brugger, Luigi Spagnolli, Michele Buonerba e Claudio Corrarati. 
Con ogni probabilità è stato dopo aver visto la lista dei politici invitati all’Upad che Bizzo invece stilato il suo elenco per la convention, alla quale prenderanno parte il Landeshaptmann Kompatscher, la ricercatrice dell’Eurac Aber, il vicario generale della diocesi Tomasi, i parlamentari Palermo e Dellai, il presidente del consiglio provinciale di Trento Dorigatti e il collega Tommasini. Per segnalare la sua continuità rispetto alla ‘tradizione cattolica autonomista' Bizzo ha quindi aggiunnto dulcis in fundo alla lista i gli ex assessori ‘democristiani’ Bolognini e Di Puppo, non tralasciando di dare spazio anche all’onorevole Luisa Gnecchi rimasta negli ultimi anni orfana della sua ‘sinistra’ fagocitata da una parte da Tommasini e Costa, e dall’altra da Spagnolli. 

A proposito di sinistra: emblematiche sono state le parole lapidarie pronunciate nei giorni scorsi fa Luigi Gallo e Guido Margheri. L’ex assessore di Rifondazione ha decretato la morte del centrosinistra, affermando che per lo meno ora (bicchiere mezzo pieno, ma non si sa di cosa) la sinistra potrà lavorare ora finalmente e liberamente su un progetto unitario. Margheri invece, dopo aver lanciato un durissimo messaggio alla leopoldina (“non ci vado perché non ci sono le condizioni politiche”) è tornato a testa bassa a lavorare sui temi, come se fosse ancora seduto su uno degli scranni del consiglio comunale. E i Verdi? Scottati dalla triste vicenda Stefanelli si sono rituffati nella politica provinciale, dove a loro avviso dispongono di margini e risorse per tentare di riaccreditarsi anche a Bolzano. 

Passando dall’altra parte e ai temi, è curioso ma non troppo il fatto che la stragrande maggioranza della costellazione PD condivida le stesse posizioni del centrodestra moderato. Si tratta in sostanza dei sì, evocati da Pietro Calò nel suo intervento alla leopoldina, nello specifico ad: ‘aeroporto’, ‘Benko’ e gestione futura dell’inceneritore aperta all’importazione di rifiuti. 
Ma, si sa, se è pur vero che oggi si guarda più alle appartenenze ideologiche, la politica bolzanina resta comunque un gioco di lobby, nelle più tipica tradizione italiana e quindi mai pubblicamente esplicitato e sempre sotto traccia. 

Le manovre nel centrodestra, ma forse dalla caduta di Berlusconi davvero non ha più senso chiamarlo così, sono state invece portate avanti in questi giorni da Ivan Benussi e Christian Bianchi, due esponenti politici a prima vista antitetici (il sindaco moderato di Laives e il candidato ‘anche di Casapound’). 
In casa centrodestra non ci sono stati incontri pubblici, leopoldine, segreterie, convegni. I primi contatti si sono svolti nell’ambito di cene informali, volte soprattutto a sondare il terreno. E in questi giorni i temi principali usciti sul tappeto sono stati ancora una volta più legati alle candidature, la leadership e alla strategia da adottare, nella consapevolezza comune che solo una proposta moderata e unitaria potrebbe consentire al centrodestra di conseguire a Bolzano una vittoria che sarebbe davvero storica. 

Qui la contraddizione di fondo sta nel fatto che a muoversi siano stati i medesimi esponenti politici che nel passato hanno portato alla guerra totale e alla frammentazione in piccoli rivoli. E solo in queste ultime ore sta cominciando a farsi strada un'idea di fondo su come gestire la reazione con tre interlocutori irrinunciabili per i ‘moderati’ del centrodestra. Su questi innanzitutto la Lega che prosegue il suo lavoro certosino nei quartieri della città e che per prima ha sollecitato il centrodestra a “risolvere i suoi problemi” nell’ottica di un possibile dialogo di coalizione. C’è poi la SVP con cui il centrodestra verosimilmente dovrebbe andare a governare se arrivasse l’auspicata vittoria e con la quale in questi giorni è aperto un dialogo per forza di cose delicatissimo e riservatissimo. Infine il centrodestra deve gestirsi Casapound, vissuta come una sorta di foglia di fico (“non vogliamo avere a che fare con loro”) e comunque in ascesa a Bolzano nonché desiderosa di scendere in piazza al prossimo comizio Bolzanino di Matteo Salvini (in primavera?) per manifestare nuovamente ‘simpatia a distanza’. 
Ora sarà interessante vedere in che misura il centrodestra sceglierà di lasciare da parte le bandiere (tra questa quella consunta di Forza Italia, praticamente azzerata) per sfruttare invece il passaporto delle civiche. Che però hanno un difetto di fondo: normalmente sono concepite per sostenere partiti (quali?) oppure singoli esponenti politici che però appaiono oggi tutti in un modo o nell’atro impresentabili, perché vecchi protagonisti della vecchia (?) stagione del disastro. 

Insomma: restate sintonizzati.