Alla ricerca della registrazione perduta
Mario Bertoldi, cronista del quotidiano Alto Adige, racconta a Ossigeno per l'informazione, (Osservatorio sui giornalisti minacciati, promosso da FNSI e Ordine dei giornalisti) la perquisizione del suo posto di lavoro del 21 marzo, volta a individuare e punire un operatore delle forze dell’ordine che aveva deciso di rivolgersi alla stampa per denunciare presunti favoritismi.
Il giornalista stava approfondendo l'inchiesta della magistratura sul caso di evasione fiscale dei fratelli Podini, finiti sotto processo penale per l’evasione di 1,7 milioni di euro.
Bertoldi aveva avuto un lungo colloquio con uno degli ispettori della Guardia di Finanza che ha indagato sulla vicenda . L'ispettore aveva denunciato al giornalista presunti favoritismi nei confronti della famiglia di imprenditori e annunciato l’intenzione di presentare un esposto alla Corte dei Conti per presunto danno erariale a chi non intendesse procedere in maniera ferma nei confronti del gruppo imprenditoriale. A questo punto è partita una frenetica caccia alla registrazione per identificare l'ispettore delle fiamme gialle che ha rilasciato la dichiarazione e poterlo così debitamente redarguire.
Il giornalista venne invitato in caserma per “un colloquio sulla vicenda e per un caffè”. Una volta in caserma, non volendo rivelare la sua fonte, gli fu notificato l'ordine di perquisizione della Procura. Poi, scortato da quattro uomini in divisa, fu accompagnato nella sede della redazione del giornale dove scattò immediatamente la perquisizione della sua scrivania, della memoria del computer e del tablet. Il tutto per una durata di circa 5 ore.
L’Ordine dei giornalisti e il sindacato del Trentino Alto Adige hanno espresso solidarietà al cronista e ribadito che il segreto professionale di un giornalista è espressione della libertà di stampa. Ogni picconata al segreto professionale di chi per legge è tenuto alla riservatezza delle fonti è una picconata alla libertà di stampa.