Society | È stato indetto dal vescovo Muser prenderà il via in dicembre

Il sinodo diocesano ed il futuro della chiesa altoatesina

I cattolici altoatesini sono stati chiamati a raccolta per fare il punto della situazione. Dopo una fase preparatoria di 6 mesi a fine anno prenderanno il via le sessioni di discussione. Per cercare di capire a fondo cos’è un sinodo e quali sono i suoi scopi abbiamo intervistato Paolo Valente che per diversi anni è stato direttore del settimanale diocesano “Il Segno”.

Cos’è un sinodo diocesano?
Tecnicamente il sinodo è una ”riunione di sacerdoti e di altri fedeli della chiesa particolare (diocesi), scelti per prestare aiuto al vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana”. “Sinodo” (syn odos) significa letteralmente interrogarsi sulla “strada comune”. In altre parole: la comunità si rende conto che “siamo tutti sulla stessa barca” e che tutti vanno ascoltati e resi responsabili. Più concretamente si indice un sinodo per guardarsi in faccia e chiedersi: e adesso? Da che parte si va? Così come è strutturata la comunità assolve ancora ai suoi compiti? Cosa c’è da tenere e cosa c’è da cambiare? Poi che le risposte siano all’altezza delle domande dipende dall’intelligenza e dal coraggio delle persone che partecipano e naturalmente dal vescovo.

Il sinodo precedente ebbe luogo 40 anni fa. Di cosa si occupò?
Nel 1970 si trattava in primo luogo di dare attuazione alle grandi novità emerse dal Concilio Vaticano II. Poi bisognava trovare un denominatore comune alla nuova diocesi, nata appena nel 1964, con la ridefinizione di confini. Furono introdotte delle innovazioni, ad esempio i consigli pastorali parrocchiali. Fu sottolineata la necessità della presenza della comunità cristiana nei settori più sensibili della società, ad esempio nel mondo del lavoro. Al vescovo Gargitter non mancava certo il coraggio. Però la domanda che la chiesa si deve porre, in qualsiasi tempo e a qualsiasi latitudine è questa: qual è il modo migliore per annunciare a tutti la “buona notizia” (vangelo)?

Il fatto che il vescovo ha indetto il sinodo è legato alla recente elezione di papa Francesco?
No. Del sinodo si parla già dall’anno scorso quando nessuno osava sognare un papa Francesco. Che ora soffi da Roma un vento nuovo è un caso (oppure piuttosto un messaggio da cogliere). C’è un precedente curioso. Il vescovo Gargitter indisse l’ultimo sinodo della diocesi di Bressanone il 28 settembre 1958. Esattamente un mese dopo fu eletto Giovanni XXIII, il papa “rivoluzionario” del Concilio. 

Il sinodo si occuperà solo di fatti interni alla chiesa o dialogherà anche “con l’esterno”?
Come dice papa Francesco (e molti prima di lui), “la malattia tipica della chiesa è l’autoreferenzialità, guardare a sé stessi, ripiegati su sé stessi”. Aggiungo: non certo solo della chiesa. Dice ancora Bergoglio: “Una chiesa che non esce fuori da se stessa, presto o tardi, si ammala nell’atmosfera viziata delle stanze in cui è rinchiusa”. 
Cosa ne consegue? Non esistono “fatti interni alla chiesa”. Tutto ciò che è e fa la chiesa lo è e lo fa in relazione al mondo. Il cristiano stesso non è cristiano per sé, ma lo è per gli altri. “Uscire da se stessi” mi pare un invito più che eloquente.

Chi saranno i protagonisti del sinodo e come si svolgerà?
Concretamente al sinodo parteciperanno 200-250 persone in rappresentanza di tutta la diocesi. Ci saranno otto sessioni in cui si affronteranno i vari temi messi all’ordine del giorno. Ci sarà da qui a novembre una fase preparatoria e organizzativa e poi, dopo il dicembre 2015, comincia la lunga stagione dell’attuazione. Nel frattempo è auspicabile che tutta la comunità faccia sentire la sua voce. Lo stesso vescovo ha invitato chiunque abbia qualcosa da proporre di farlo da qui alla fine di giugno.

Perché durerà così tanto (2 anni)?
Non è tanto. L’ultimo sinodo è durato quattro anni. È necessario che le persone, magari senza chissà quale preparazione teologica, siano messe in condizione di approfondire con calma i problemi. Altrimenti sarebbero solo “i soliti” a dettare la musica. L’ascolto e la riflessione hanno bisogno di tempo.

Il sinodo cercherà anche di trovare delle risposte per la crisi delle vocazioni?
Penso di sì, pur nei limiti delle competenze di una diocesi. Diciamo che a Bolzano o Bressanone non si potrà decidere sull’ordinazione delle donne o sul celibato del clero. Però si potranno assumere decisioni capaci di declericalizzare la comunità cristiana. Quando si dice “crisi di vocazioni” di solito si intende “carenza di preti”. In realtà non sono solo i preti a mancare, ma anche i laici impegnati, i volontari e, aprendo a tutta la società, le persone sinceramente dedite al bene di tutti. La crisi di impegno colpisce la realtà sociale nel suo complesso e, certissimamente, ha bisogno di risposte serie e urgenti.