"La tenda ti schiaffeggia, non perdona"
La parola impossibile non rientra nel suo vocabolario. Greta Vieider, 31 anni, è la prima non-vedente in Europa ad affrontare un esame di Kung Fu, specialità Wing Chun. “Bruce Lee l'ha popolarizzata negli anni '70. Il Dachverband, l'istituto che ne coordina le scuole in Europa, sta in Germania”, spiega il maestro Luca Stancher, tra i massimi esperti in Italia.
Da quanto tempo la sua allieva pratica Wing Chun?
“Greta è arrivata all'SSV Bozen nel 2018, accompagnata da un amico ipovedente. Da allora si allena due volte alla settimana. Il 6 maggio tenterà l'U1 (Unter Eins), l'esame di livello 1 di Siu Lim Tao, una delle tre forme a mani nude di Wing Chun. A Hong Kong, però, gli esami, come li intendiamo noi, proprio non esistono”.
In che senso?
“Lì ti alleni e il maestro t'insegna man mano che diventi più bravo. Gli esami sono stati inventati dal maestro Wilhelm Blech, formatosi a Hong Kong dal maestro Lok Yiu; tornato in Europa, fondò la scuola European Lok Yiu Wing Chun International Martial Art Association (ELYWCIMAA). Per rendere gli allenamenti più adatti agli occidentali, per mostrare a ogni allievo a che punto è arrivato, vengono fatti degli esami; il tuo Si Fu – maestro – quando vede che sei pronto, ti manda a superare la prova in un'altra scuola; oppure arriva un Si Fu esterno. L'esame non te lo può fare il tuo istruttore, la valutazione non sarebbe oggettiva. È anche un modo di mantenere elevati gli standard. Il più possibile, perlomeno. Se l'allievo va male, forse è anche il maestro che non è l'altezza”.
Da cento per cento non-vedente ci si allena diversamente?
“No. Non ho dovuto adattare il mio insegnamento. Greta s'allena con la stessa frequenza di tutti gli altri; ed è molto costante. Le piace. Viene da Collepietra due volte la settimana, in pullman. Nei mesi di lockdown per il Covid si è allenata da casa, mandando foto. Ma in generale non teniamo un allenamento particolare. Chiaro che io non posso andare lì e fare bang, non farebbe in tempo a reagire. Con altri, invece, si può provare ad andare un po' più forte”.
Che livello hanno gli altri allievi?
“Come responsabile, come Sektionsleiter dell'SSV, ho diversi allieve e allievi, ma ci sono anche altri insegnanti, non potrei fare tutto da solo. Abbiamo un po' tutti i livelli. Io sono quello con più esperienza, ultraventennale, ma c'è anche Emanuela Costa, ad esempio, istruttrice di lungo corso. L'allenamento è quasi uguale per tutti. Cambia l'intensità; e alcuni esercizi, chiaramente, che all'inizio non ha senso far fare. La filosofia che ci ha insegnato Blech, e così Lok Yiu a lui, è che bisogna evitare che un allievo nuovo si senta un pesce fuor d'acqua. Non lo si spinge in piscina per vedere se riesce a nuotare. A parte, poi, che tutti arrivano con l'idea di Bruce Lee, ed è giusto che ognuno giunga con le idee sue, per carità, ma il Wing Chun ha poco a che vedere con il cinema. Se un ragazzo arriva e tu lo metti subito a fare cose a contatto pieno non imparerà mai il Wing Chun, userà sempre tutta la sua forza. Si bloccherà, diventerà rigido, proprio quello che non deve imparare. Il Wing Chun ti dice: 'Quello non lo devi fare'. Paradossalmente, a me che sono un metro e novantuno per novantasette chili, non mi servirebbe neanche il Wing Chun. Questa disciplina è nata proprio per le persone più piccole. La leggenda rimanda a quel periodo storico intorno ai primi del 1600, allorquando la dinastia Ming stava collassando sotto la spinta dei Qing. Vi si narra che il Wing Chung sorse in uno dei monasteri di Shaolin, nel sud della Cina, in cui la monaca Ng Mui insegnò tutta una serie di tecniche a una sua allieva di nome Yim Wing-chun. Ci affidiamo alle parole di Yip Man, la leggenda la raccolse lui a metà del secolo scorso; da maestro, ha diffuso la disciplina a Hong Kong, la quale infatti proviene dalla Cina continentale e non dall'ex colonia britannica come si tende a credere per via di Bruce Lee. Certo, a Hong Kong il Wing Chun gode dello status di immaterial heritage della città, ma vi è stato importato: Yip Man negli anni '40 scappava dall'avanzata comunista, e arrivato nell'arcipelago liberale, da nullatenente, avendo perso tutto nella fuga pur essendo in origine benestante, si mise a insegnare. Prima la praticava soltanto senza tenere lezioni. La nostra arte marziale gli permise di risollevare le sue sorti guadagnandosi così da vivere. Fu il maestro di Lok Yiu, uno dei suoi quattro grandi allievi, dai quali poi il Wing Chun ha preso le mosse per diffondersi nel mondo. Bruce Lee, per esempio, fu allievo di un altro dei quattro: Wong Shun-leung. Questi presentò Bruce Lee a Yip Man. Yip Man lo prese con sé a scuola. Di fatto la scuola era di Yip Man, ma nel concreto il maestro era Wong Shun-leung. Quello che Bruce Lee sapeva fare lo imparò da lui. A onor del vero, Lee non lo imparò tutto il Wing Chun, arrivò circa a metà del sistema; nei suoi film vediamo solo alcuni esercizi di base, perché a un certo punto, emigrando in America, seguì una strada propria, tutta sua, che col Wing Chun ha poco da spartire; di base, dico, e tuttavia devastanti. Il Wing Chun è per autodifesa. Quindi, se dici di seguire uno di loro quattro, ti riconoscono che stai seguendo una linea di Wing Chun ufficiale”.
Ma Bruce Lee s'inventò cose?
“Sì. La sua è la Jeet kune do. La Via del pugno che intercetta”.
La Via di Bruce Lee, quindi?
“È la via che sviluppò proprio lui, personalmente; ed esiste tutt'ora, portata avanti dagli allievi dell'attore. Ha poco a che vedere col Wing Chun, ripeto, nel senso che lì lui imparò alcuni elementi, poi la vita lo condusse lontano da quest'ambiente, fece tutt'altro e sviluppò la sua cosa. Era un grandissimo attore e un grandissimo atleta. Aveva un fisico scolpito, ma per via del cinema; Yip Man non era così, eppure si ha notizia che non fu mai battuto. Gli americani hanno poi realizzato dei film ispirati a Yip Man, pronunciando Man all'inglese – man –, quasi fosse un altro Iron Man, alla stregua di un super-eroe. Uno dei figli di Lok Yiu, che insegna anche a noi di Bolzano, ha chiamato uno dei suoi figli Man. Forse in onore”.
Blech come s'inserisce?
“A fine anni '80 Blech conosce il Wing Chun in Europa, giunto da noi con un altro maestro, Leung Ting, cinese. Blech in seguito si trasferì a Hong Kong; lì vide una foto di Lok Yiu che si allenava e volle imparare da lui. All'epoca, Lok Yiu, ormai sessantenne, aveva già smesso d'impartire lezioni. Dopo varie insistenze Blech riuscì a farsi insegnare il Wing Chun. Neanche i figli l'hanno mai capito: era impensabile che Lok Yiu insegnasse a un europeo, a un Quai Lo (ovvero bianco, in senso dispregiativo). Farlo era visto male. E invece Blech è poi entrato nella famiglia, come gli allievi più stretti a cui tradizionalmente s'insegna il livello più elevato detto Bju Gee; da noi in Europa si testa con gli esami Ober 1, O2 e O3. Bju Gee, ovvero Le dita che trafiggono”.
Che significa Siu Lim Tao?
“La nostra arte marziale è suddivisa in tre sequenze di movimenti a mani nude. Siu Lim Tao è una di queste; vuol dire, letteralmente, la Via a Siu Lim. Ufficialmente significa La piccola via, verso cioè la tradizione del Monastero di Shaolin. I primi esami che riguardano questa forma sono l'U1, l'U2 e l'U3”.
U1, quindi Unter 1 inteso come primo anno?
“No, U1 sta solamente per livello 1. Gli anni di allenamento non contano. Puoi affrontarlo dopo un anno se ti alleni bene. Greta ci ha messo un po' di più. Ognuno ci impiega quello che serve. Poi non vuol dire – per lo meno per la nostra scuola – che tu non possa già sperimentare con qualcosa di più progredito mentre attendi di fare il tuo esame. Con il Covid i test si erano tutti bloccati. Era tutto fermo, in tal senso. Ma durante il periodo peggiore della pandemia gli allievi proseguivano con gli allenamenti, in autonomia”.
Quali sono le probabilità che Vieider superi l'esame?
“Molto buone. In questo esame non è previsto il combattimento. Il Wing Chun è fatto di tecniche a cortissima distanza. Quando entri in contatto con le sue braccia, lei riesce a muoversi al momento giusto. Sa muoversi nella maniera corretta. Ovvio, è difficile capire da non-vedente quando il contatto ti sta arrivando. È una difficoltà che non so se riuscirà mai a eliminare. La cosa importante, tuttavia, è che riesce a fare tutti gli esercizi che le potrebbero permettere d'affrontare un combattimento. Percui: preparazione del corpo, equilibrio, passi. Wing Chun è uno stile ambolaterale, qualunque cosa tu faccia con la destra devi saperla fare anche con la sinistra. Attacco e difesa vengono fatti insieme. A questo livello, lei deve prima superare la prova da sola e poi con un compagno che ti fa un attacco prestabilito. Tu metti là le braccia e mostri di aver adottato la tecnica corretta. Greta sa già fare tutto ciò egregiamente. Anche con gli esercizi a contatto ci sa fare: si è in due e ti devi muovere a seconda di come si muove l'altro. Greta ha sviluppato molto bene il feeling con le braccia. Quello che le manca un po', ovviamente, è il dover prendere il contatto perché non ci vede. Per chi non vede c'è una barriera quasi insuperabile, ma è difficile per tutti, in ogni caso. Per il suo livello non è previsto un combattimento libero; è previsto parzialmente in U2 e completamente in U3”.
In definitiva cos'è il Kung Fu, che stile è?
“Il Kung Fu non è nessuno stile. È un termine che raggruppa tutte le arti marziali cinesi: il Tai-chi, il Tang-Lang, e centinaia di altri. La Cina è enorme. Le arti marziali, dicono, risalgono in alcuni casi a millenni prima di Cristo. Per fare un parallelo, il praticante di arti marziali era come un atleta nell'Antica Grecia. Corpo, mente, spirito. Era un po' quella l'idea. Con innesti militari. Soprattutto per alcuni stili che sono rimasti molto legati a quel mondo. Usano infatti armi enormi, alabarde. Cose che non ci sono nel Wing Chun. Kung Fu vuol dire duro lavoro; oppure: essere molto bravi in qualcosa. Dominare, beherrschen per dirla con Blech. E non necessariamente nelle arti marziali. Un mio amico cuoco, cinese, dice che il suo Kung Fu è la cucina. Per estensione, Kung Fu è arrivato a significare arti marziali, ma solo in Occidente”.
Ha senso prendere lezioni di Wing Chun per difendersi da un'aggressione per strada?
“Il Wing Chun nasce da uno stile definito da una donna. Nessuno però lo sa con certezza. Così dice la tradizione. I principi ti fanno capire perché l'hanno pensata così: non è uno stile che fa forza contro forza. Tendenzialmente il Wing Chun evita di mettere la mia forza contro la tua forza. Potrebbe essere che la tua forza sia troppo per me. Se mi baso solo sulla mia forza, può essere che io soccomba. Quindi si deve usare meno la propria forza e usare altre cose; è definito anche stile interno. E qua si apre un mondo. Le arti marziali si dividono in due stili: interno ed esterno. Gli stili esterni sono più del nord della Cina; più “militareschi”, quindi, in cui si usa maggiormente la forza esteriore, fisica. Richiedono tanta energia. Adatti nei combattimenti in grandi battaglie, con grandi schiere. Gli stili invece interni hanno meno tecniche di forza contro forza; vengono considerati stili morbidi. Cioè: arriva qualcosa verso di te? Ti devi difendere? Se ce la fai, attacchi subito; se non ce la fai, devi spostarti. Lo stile esterno direbbe, 'Vai e con le tecniche che t'insegno blocchi l'attacco dell'avversario'”.
Un non-vedente non potrebbe mai ricorrervi...
“Certo. È più difficile. Uno stile interno è più adeguato: presuppone che tu prenda il contatto con l'assalitore, in qualche modo; le braccia sono dei ponti, prendi così il contatto, dopodiché sai cosa fare, il Wing Chun te lo insegna. Il corpo ha registrato [con l'allenamento] in una memoria quello che devi fare quando la forza arriva in un modo o nell'altro. Morbido quindi non significa mollo, schwach... anzi, devi essere molto potente e con il Wing Chun arrivi a esserlo. Con il Wing Chun sei estremamente potente nella corta distanza. Se sei una persona piccola non devi per forza prendere una distanza, caricare un pugno e arrivare a darlo, ma ti basta essere un paio di centimetri dal tuo bersaglio e scaricare in quei due centimentri tutta la forza che riesci. È come tirare i pugni su una tenda, se attacchi un esperto di Wing Chun. Quasi come tirare pugni nel vuoto; quasi, perché poi la tenda torna indietro e ti schiaffeggia, non perdona. Detto questo, tenevo a precisare che l'esame di Greta ha un'importanza relativa – non è obbligatorio sostenerlo. Ho allievi che non fanno esami, non perché siano scarsi, ma perché hanno altri impegni, hanno la loro vita... se non hanno voglia di fare l'esame, non lo fanno. Tutto lì. Con l'apprendimento vai comunque avanti, esame o non esame. Non c'è la propedeutica come all'università. Gli esami esistono solo perché siamo occidentali e ci piace metterci alla prova e mostrare al mondo che siamo in grado. L'esame è anche un esame all'istruttore. Quando le è stato proposto di affrontarlo, Greta ha risposto subito di sì perché è un'entusiasta di natura. Io non gliel'avrei neanche fatto fare. Ma Greta il livello 1 lo ha già raggiunto. Poi l'esame è una performance, quel giorno si può avere sfortuna. Va in tilt perché si agita? Non passerà l'esame. Capita a tutti. Però lei è pronta per superarlo. Non ho nessun dubbio”.
Un ultimo commento?
“Un grandissimo grazie all'SSV Bozen; ci ha sempre aiutati, in ogni modo, trovando gli spazi adeguati, dal 1997. Senza la società non saremmo qui a parlare”.