Economy | Agricoltura

“Speriamo nell’estate”

Il settore agricolo italiano è in crisi, complice la pandemia di Covid-19. Tonfo per l’Alto Adige. Tiefenthaler: “Ambito collegato a doppio filo con quello del turismo”.
Agricoltura, Alto Adige, mele
Foto: IDM/Manuel Kottersteger

Ulteriore flessione per la produzione agricola del Paese, il cui volume complessivo scende del 3,2% rispetto l’anno precedente. I dati del nuovo rapporto Istat non lasciano spazio a interpretazioni: dopo la contrazione dell’1,6% della produzione del 2019, nel 2020 - seppur con qualche eccezione - risulta chiaro che nemmeno i settori dell’agricoltura, silvicoltura e pesca sono stati risparmiati dalla scure del Covid-19.

A venir maggiormente ridimensionate sono state le produzioni di olio d’oliva (-14,5%) e il settore florivivaistico (-8,4%). Annata negativa anche per il vino, con un calo generalizzato da Nord a Sud, e per le coltivazioni di legumi che, dopo il boom degli ultimi cinque anni con una crescita complessiva di quasi il 50%, perdono il 5% del proprio volume di produzione. Dato drammatico per le attività secondarie e i relativi servizi di supporto, crollati del 20,3%, e con una perdita complessiva di 1,2 miliardi di euro rispetto al 2019, un calo che ha riportato il settore ai livelli del 2012. Le ripercussioni pandemiche si sono accanite particolarmente sulle attività legate all’agriturismo (-60,8%), che comprendono anche le diverse attività ricreative e sociali, come le fattorie didattiche, e che hanno registrato a loro volta una perdita annua di 950 milioni di euro complessivi.

Ad aumentare è invece il fronte dei prezzi: dagli ortaggi (+2,9%), ai prodotti provenienti dalle coltivazioni industriali (+7,3%), passando per cereali (+4,8%), ortaggi (+2,9%) e legumi (1,8%). Il balzo più consistente lo fanno i prezzi della frutta, che aumentano complessivamente del 9,4%, in particolar modo nettarine (+68,6%), kiwi (+37,5%), pesche (+36,7%), poponi (+31,8%), susine e prugne (+26,2%), albicocche (+25,8%) e fragole (+24%).


“Cicatrici profonde”

Sebbene il calo generalizzato della produzione agricola abbia interessato l’intero paese, a sperimentare i risultati peggiori è proprio la provincia autonoma di Bolzano, la cui produzione agricola scende in picchiata del 15,8% (-21,9% del valore aggiunto). Arranca anche la vicina Trento che registra perdite per il 9,4% del volume produttivo e il rispettivo 12,9% del valore aggiunto.

“L’agricoltura non si è mai fermata, nemmeno con la crisi da Coronavirus, contribuendo all'approvvigionamento costante e sicuro di cibo per l’intera Europa. Non si può dire lo stesso per la produzione di altre merci, come le stesse forniture mediche, per esempio -  commenta a salto.bz Siegfried Rinner, direttore del Südtiroler Bauernbund -. L’Alto Adige è un caso particolare perché nonostante si caratterizzi per le sue aziende di piccole dimensioni, il settore agricolo resta comunque in grado di generare un indotto pari al 5% del prodotto interno lordo della regione, occupando il 9% della popolazione. Tuttavia - continua - con la crisi pandemica l’industria ortofrutticola, i servizi agricoli, la produzione e la vendita di vino, in cui abbiamo registrato perdite per il 20%, hanno sofferto e stanno soffrendo ancora molto e con loro i lavoratori, sia autonomi che dipendenti, che portano sulla loro pelle cicatrici profonde”.

 

Solo in Alto Adige possiamo contare ben 2800 agriturismi e il crollo della produzione e vendita di vino e latticini è direttamente consequenziale alla loro chiusura forzata

 

Ad andare in rosso sono anche le produzioni non strettamente agricole: nelle due Province autonome il calo è pesante, del 42,5%. Trento e Bolzano detengono il record negativo anche per le attività inerenti ai servizi di supporto, con un calo netto del 7%.

“La produzione agricola si lega a doppio filo con il settore del turismo e dell’agriturismo in particolare - ci spiega invece Leo Tiefenthaler, Obmann del Bauernbund -. Solo in Alto Adige possiamo contare ben 2800 agriturismi e il crollo della produzione e vendita di vino e latticini è direttamente consequenziale alla loro chiusura forzata. Quello che possiamo fare - conclude Tiefenthaler - è sperare nella bella stagione e che porti al contempo con sé una ripresa il più rapida possibile”.