"AI: serve formazione"
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Nella sua ultima giornata (domenica 26 maggio) Il Festival conclude la sua lunga serie di conferenze e panel con gli incontri finali, già pronto a proiettarsi verso la prossima edizione. Ma prima di stilare il bilancio di un evento che nelle recenti edizioni è diventato sempre più una vetrina per gli esponenti delle forze di governo, gli incontri considerati, forse, secondari riescono ad aprire il dibattito su alcune tematiche interessanti per il futuro dell’economia: è il caso del panel dal titolo L’impatto dell’intelligenza artificiale sull’informazione, organizzato con la partecipazione di esperti di varie discipline, dal mondo del giornalismo alla filosofia, dall’economia alla tecnologia. Nel seppur breve incontro, il filosofo Cosimo Accoto, la segretaria generale FSNI (Federazione Nazionale Stampa Italia) Alessandra Costante, il custode di Terra Santa Francesco Patton, il professore del Politecnico di Torino Francesco Profumo e quelli dell’università di Bolzano Federico Boffa e Francesco Ravazzolo hanno cercato di aprire finestre di informazione in un campo che spaventa e preoccupa molti. La rivoluzione dell’Intelligenza artificiale, infatti, sta già iniziando a modificare il mondo del lavoro, in una maniera alla quale l’umanità non era abituata.
Nonostante ci si trovi davanti alla quarta rivoluzione industriale, i termini del cambiamento sono così peculiari da destare molta paura, soprattutto, in ambito lavorativo
Nonostante ci si trovi davanti alla quarta rivoluzione industriale, i termini del cambiamento sono così peculiari da destare molta paura, soprattutto, in ambito lavorativo. Le precedenti rivoluzioni avevano coinvolto il lavoro come sforzo fisico, in un arco temporale abbastanza lungo da permettere un adattamento sul medio periodo, l’intelligenza artificiale, al contrario, si sviluppa su tempistiche così rapide da richiedere costanti aggiornamenti, in un ambito che, come sottolinea Cosimo Accoto, era ed è considerato tipico e unico dell’uomo: il linguaggio. Ora anche le macchine riescono a padroneggiare la parola e questo crea sospetto, anche in un’umanità che si serve ormai da tempo della tecnologia in ambito lavorativo e domestico; il timore di non poter controllare gli strumenti crea un forte disorientamento, soprattutto in paese come l’Italia, che, come ribadisce Alessandra Costante, ha mal gestito la rivoluzione digitale.
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L’approccio italiano è stato particolarmente caotico e ha portato alla crescita esponenziale di luoghi di informazione non controllate a basso costo, con una conseguente crisi nel mondo dell’editoria e una ridotta capacità di corretta informazione che hanno permesso una diffusione rapida delle fake news. Nei contesti democratici questo porta alla riduzione del controllo e dell’analisi dei sistemi di potere, con un conseguente problema sull’utilizzo dell’AI nella propaganda e nella gestione del consenso, con esempi importanti nelle ultime campagne elettorali negli USA o in Asia. La soluzione è, ancora una volta, la formazione, considerata nelle doppia accezione di conoscenza e di competenza, ossia, come ricorda Francesco Profumo, un bagaglio culturale capace di sostenere il continuo aggiornamento di competenze, necessario nella rapidità del mondo digitalizzato. Il problema non è, ovviamente, solo italiano, come afferma Francesco Ravazzolo, che collabora con le università in Norvegia, dove il governo ha deciso di destinare alcuni fondi alla costruzione di alcuni centri di ricerca sull’AI chiamati TRUST.
In Italia, però, la scuola ha saputo rinnovarsi pochissimo ed aspetta ancora cambiamenti che sarebbero dovuti avvenire decenni fa
In Italia, però, la scuola ha saputo rinnovarsi pochissimo ed aspetta ancora cambiamenti che sarebbero dovuti avvenire decenni fa, per prepararsi ad un mondo lavorativo nel quale l’attrattiva del costo a ribasso è rimasta il motore principale, accanto ad uno smantellamento delle tutele. Il sistema scolastico e produttivo saprà prepararsi e reagire alla nuova rivoluzione?