Culture | Ricorrenze

I proiettili di Sarajevo

Esattamente 100 anni fa gli spari di Sarajevo davano inizio alla Prima Guerra Mondiale (1914-1918). Un evento tragico, che è stato ricordato oggi dal Presidente del Consiglio provinciale Thomas Widmann.

Nel suo libro più bello, Claudio Magris parla delle macchie di sangue rapprese sulla giubba azzurra dell'arciduca Francesco Ferdinando. Il reperto è custodito nel Museo storico dell'esercito, a Vienna, e la sua visione suggerisce allo scrittore triestino considerazioni amare, estese al presente (un presente che però è per noi diventato già distante, in quanto Danubio fu pubblicato nel 1986). “La ferita di quel 28 giugno 1914 è ancora aperta, per tutta l'Europa. Può darsi debba disastrosamente chiuderla una terza definitiva catastrofe, perché due guerre mondiali non hanno sostituito stabilmente l'equilibrio scosso a Sarajevo. (…) Quelle macchie ricordano anche che niente passa, che le cose sono, che nessun momento significativo della nostra vita viene archiviato”.

In realtà non è proprio così. Sono molte le cose che passano, tracce sempre più lievi nella nostra memoria. Ma è chiaro che alcuni eventi si lasciano, per così dire, digerire più difficilmente di altri. I rigurgiti sono sempre possibili e, anche se poi riusciamo a metabolizzarli, non è scontato che poi quegli eventi non ci avvelenino a lungo il sangue, negandoci il possibile nutrimento di cui potrebbero essere comunque considerati portatori (fra parentesi, è lo stesso Magris a suggerire la metafora organica del metabolismo a proposito del nostro modo di ricordare, e scordare, le cose: “Il Menu di Francesco Ferdinando, in quel 28 giugno, comprendeva Consommé en tasse, Oeufs à la gelée, Fruits au beurre, Boeuf bouillé aux légumes, Poulets à la Villeroy, Riz Compote, Bombe à la Reine, Fromage, Fruits e Dessert”).

 

Thomas Widmann, che apprezza la haute cuisine (a Merano non è raro incontrarlo al Ristorante Sissi, luogo in cui rifulgono soffusi bagliori da Belle Epoque) ed è sicuramente dotato di una buona digestione, in questo giorno di rimembranza solenne ha perciò posato la forchetta, ha impugnato la penna e ha commemorato così quel tragico evento.

Esattamente 100 anni fa sparò Gavrilo Princip: i proiettili raggiunsero già dopo un paio di metri l'erede al trono d'Austria-Ungheria Francesco Ferdinando e sua moglie, uccidendoli; ma volarono anche oltre, colpendo dritto al cuore la vecchia Europa.

Quella che doveva essere una breve campagna militare, con cui chiudere un paio di conti aperti e da cui tornare vincitori prima di Natale, finì - dopo inimmaginabili sacrifici - nel totale esaurimento delle parti in guerra e in un nuovo ordine mondiale. L'Austria disgregata, la Germania rovinata, la Russia che avviava il suo esperimento bolscevico, l'Inghilterra e la Francia indebolite e l'America come nuova potenza egemone: il terreno era pronto per il noto sviluppo nel XX secolo.

Tutto può accedere così in fretta: questo è uno degli insegnamenti.

Le forze motrici che hanno portato a questa catastrofe erano le grandi ideologie dell'epoca, cioè nazionalismo, materialismo marxista, razzismo etnico: questo è l'altro insegnamento.

E anche per la nostra terra, il Tirolo centrale, fu preparato il terreno.

Il vecchio Stato multietnico è annientato: per errori propri, certo, ma troppo potenti furono le forze cui era esposto. A molte nazionalità del vecchio Regno non è andata meglio, dopo la sua caduta, e anche noi abbiamo avuto bisogno di tanto tempo per tornare ai diritti che nel periodo imperial-regio erano ovvi.

Probabilmente, però, popoli e Stati hanno dovuto prima sperimentare i limiti della loro autorealizzazione nazionale, per unirsi volontariamente su una nuova base nell'Unione Europea: in questo modo l'Europa avrebbe faticosamente di nuovo raggiunto, dialetticamente, un gradino più alto.

E, in piccolo, anche l'Alto Adige.

Almeno, così speriamo!