“Scuola, la battaglia non si ferma”
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SALTO: Stefano Barbacetto, segretario provinciale della Flc/Cgil, i due contratti collettivi di recente sottoscritti dai sindacati della scuola e la Provincia prevedono alcuni miglioramenti delle condizioni lavorative per gli insegnanti, come l’innalzamento dell’indennità di congedo parentale o il riconoscimento di una somma “una tantum” di 4000 euro sull’adeguamento degli stipendi all’inflazione 2022/2024. In che misura siete soddisfatti di quanto ottenuto?
Stefano Barbacetto: Si tratta di contratti stralcio, frutto di una contrattazione che avrebbe già dovuto concludersi poiché relativa al triennio 2022/2024. Quindi già per questo motivo dal punto di vista economico non possiamo ritenerci esattamente soddisfatti. Soprattutto nel caso del secondo dei due contratti, che riconosce una somma una tantum, si tratta di un mero anticipo sull’inflazione già trascorsa. In sostanza è un anticipo in ritardo, siamo al paradosso. Parliamo non di un aumento strutturale dello stipendio ma di un rimborso parziale dell’inflazione già registrata il cui ammontare definitivo va ancora contrattato. Ciò che i sindacati della scuola, Cgil compresa, sono riusciti a chiarire con la Provincia è che si tratta di un anticipo sull’adeguamento degli stipendi all’inflazione e non di un saldo, dunque la partita contrattuale è ancora aperta.
In sostanza è un anticipo in ritardo, siamo al paradosso
Resta in sintesi prioritario il problema dell’inflazione e di come pareggiarla.
L’inflazione è stata particolarmente pesante, soprattutto nel 2022, poi è calata ma comunque parliamo di cifre più alte rispetto agli anni precedenti. Intanto il costo della vita, che come sappiamo in Alto Adige è più alto rispetto alle altre province italiane, continua ad aumentare, sebbene al momento con un ritmo più lento. La situazione è ancora più difficile se aggiungiamo il problema del prezzo degli alloggi e infatti molti insegnanti, categoria esposta a un alto turnover e a un alto tasso di precariato, l’abitazione non se la possono permettere.
“Sudata” è stata anche la conquista sui congedi parentali…
Un altro contratto stralcio riguarda infatti il recepimento, a lungo atteso, della legislazione nazionale che ha migliorato i congedi parentali. Di questo, nonostante il ritardo, possiamo dirci soddisfatti.
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Un’altra questione aperta è l’aumento dell’orario di lavoro, com’è cambiato il carico lavorativo per gli insegnanti?
Abbiamo registrato in oltre 10 anni un aumento strisciante dell’orario di lavoro. Gli insegnanti non hanno solo un orario fisso di lezione ma anche un numero di ore che riguarda fondamentalmente riunioni e attività formative e per il quale è definito un tetto massimo. Oltre a ciò c’è la preparazione culturale – lezioni da disporre, compiti da correggere – che però non viene contrattualmente computata. Il fatto è che la parte relativa a riunioni e formazione è drammaticamente cresciuta negli anni poiché è aumentata anche la complessità della scuola e della società insieme. Una fotografia del nostro tempo ma che in termini pratici si esprime in un aumento del carico di lavoro. E non è tutto.
Cioè?
Ad esempio il riconoscimento dei bisogni educativi speciali (che comprendono un amplissimo novero di condizioni diverse, dalla disabilità grave alla dislessia); altri bisogni speciali come situazioni di recente immigrazione o situazioni famigliari particolari potrebbero determinare la necessità di pianificare una didattica e delle verifiche separate; l’alternanza scuola-lavoro che comporta tra le altre cose l’impegno nel seguire gli stage. Si tratta di aspetti del lavoro sicuramente importanti, introdotti negli anni generalmente senza dotare la scuola di risorse aggiuntive. Vi si aggiunge il fatto che i progetti del PNRR spesso vengono organizzati da docenti che diventano di fatto dei contabili; la carenza del personale amministrativo e ausiliario – la Provincia fa fatica ad arruolare personale delle segreterie e bidelli – che appesantisce in alcuni casi anche il lavoro degli insegnanti. Tutto questo si traduce in un aumento del carico lavorativo, che è difficile da misurare. Una situazione peculiare che merita di essere ricordata, poi, è quella degli insegnanti di sostegno: a livello nazionale la norma stabilisce il rapporto di un docente di sostegno per ogni due alunni diversamente abili. In Alto Adige, a causa di una vecchia legge provinciale mai corretta, è previsto un insegnante di sostegno ogni 100 alunni. Ciò vuol dire che un insegnante potrebbe dover seguire 5 o 6 alunni nel suo orario settimanale e questo significa: moltiplicare la burocrazia e diminuire l’efficacia didattica con conseguenti difficoltà per gli studenti che hanno più bisogno di sostegno. È una situazione scandalosa, la legge andrebbe cambiata. Una società che istruisce meglio chi ha una disabilità è una società non solo più giusta ma che avrà meno problemi in futuro.
Detto questo si è aggiunta qualche anno fa la proposta provinciale di aumentare istituzionalmente, pur su base volontaria, l’orario frontale di lezione dei docenti fino a 28 ore settimanali. Proposta che abbiamo rigettato perché a nostro parere ne avrebbe risentito la qualità dell’insegnamento. Non dimentichiamoci che ogni ora di lavoro si porta dietro altro tempo da dedicare alla professione fuori dalla scuola.La Provincia ha promesso di mettere sul piatto nuovi fondi ma questi stanziamenti a singhiozzo e in ritardo non affrontano in modo strutturale il problema dell’inflazione
Alla luce di tutto ciò cresce, inevitabilmente, l’insofferenza della categoria.
Sul piano economico basta fare un confronto con le province vicine. Prendiamo come riferimento un pubblico di insegnanti di lingua tedesca: non ci si deve stupire se c’è carenza di insegnanti di tedesco alla scuola primaria dal momento che chi si è formato ad esempio in Austria vi resta perché può contare su stipendi più alti a fronte di un costo della vita sostanzialmente paragonabile a quello sudtirolese. Certo, è vero che l’insegnante in provincia di Bolzano è pagato un po’ di più che nel resto d’Italia – anche se ha un carico orario lievemente maggiore – però i salari continuano a non essere adeguati al costo della vita locale.
Quali sono i prossimi passi sul fronte della contrattazione?
In questo momento con l'amministrazione provinciale si discute di stanziamenti e di percentuale di inflazione da riconoscere al personale dell’intercomparto e delle scuole a carattere statale per il triennio trascorso al netto degli anticipi già avuti. La Provincia ha promesso di mettere sul piatto nuovi fondi ma questi stanziamenti a singhiozzo e in ritardo non affrontano in modo strutturale il problema dell’inflazione. La seconda questione è definire la percentuale di inflazione da riconoscere ai lavoratori. Quando si fa una previsione dell’inflazione per il futuro si suole non tenere conto del costo dell’energia, che è molto volatile. Ci preoccupa al momento la ventilata ipotesi che la Provincia possa non considerare i costi dell’energia nei calcoli inflazionistici anche per il passato. Una eventuale decisione in questo senso aggraverebbe ancora la perdita del potere d’acquisto. Non è giusto, poi, che siano solo i lavoratori a pagare le scelte politiche, economiche, belliche fatte che hanno portato al forte rincaro dell’energia. Ci attende insomma una trattativa impegnativa, ma siamo pronti.