Castel Roncolo un Artushof?
In fondo la mostra inizia nella Casa d'Estate dove sulla facciata, sotto il tetto, campeggia il ciclo delle triadi. Dopo gli eroi pagani dell'antichità (Ettore, Alessandro Magno e Giulio Cesare) e gli eroi dell'Antico Testamento (Giosuè, re Davide e Giuda Maccabeo) troviamo quelli della cristianità: Artù, Carlo Magno e Goffredo di Buglione. Si tratta, nel contempo, della precisa raffigurazione dei “Nove prodi”, un tema iconografico e letterario assai popolare del tardo medioevo e che troviamo anche rappresentato nel vecchio municipio di Colonia, sul Schöner Brunnen al mercato principale di Norimberga, nel castello di Villa Castelnuovo (Torino), al Castello della Manta (Saluzzo) e nel Chevalier errant di Tommaso di Saluzzo, negli arazzi del castello di Langeais (Touraine). La lista degli eroi è fissata dal poeta loreno Jacques de Longuyon nel suo romanzo Le Voeux du Paon (1310-12). In questa sorta di panteon della cavalleria gli eroi incarnano le virtù del perfetto cavaliere con un'indubbia funzione esemplare. Sono figure storiche o almeno considerate come tali. Alla fine del XIV secolo verrà ampliata con le nove preuses (eroine). L'artista delle triadi di Castel Roncolo prosegue però la sua opera in modo del tutto originale (tre eroi della tavola rotonda, tre coppie di amanti, tre eroi dei Nibelunghi, tre giganti, tre gigantesse e infine tre nani).
Nelle sale interne di questa parte del castello, verosimilmente destinate alla rappresentanza, si narrano la storia del prode Garello e quella di Tristano e Isotta. Nella loggia sottostante il soggetto è Wigalois, figlio di Galvano e anche lui cavaliere della tavola rotonda. In tutti e tre i casi l'argomento è letterario.
Scegliendo questo programma i Vintler lanciano un chiaro messaggio. Aderendo a quella che all'epoca era una vera e propria cultura arturiana, non più limitata alla nobiltà ma ampiamente diffusa anche fra la borghesia, in tempi di turbolenze e grandi cambiamenti scelgono di richiamarsi agli ideali cavallereschi di re Artù e della sua corte. Ma il rimando non ha solo una valenza altamente simbolica. Lo status nel frattempo raggiunto dalla famiglia portava i Vintler a voler creare qualcosa di degno del loro ruolo (erano mercanti con rapporti oggi diremmo internazionali e N. Vintler era tra l'altro una sorta di ambasciatore dell'imperatore).
Esistevano poi veri e propri Artushöfe, luoghi d'incontro creati in varie città anseatiche, in cui si ritrovavano soprattutto i rampolli di grandi mercanti, anche per far rivivere lo spirito delle corti arturiane. È suggestiva l'ipotesi che vede in Castel Roncolo la sede di una di queste “corti d'Artù”.
La mostra vera e propria nelle sale espositive del castello illustra e va alle origini della figura di re Artù. L'”inventore” o almeno il suo primo “biografo ufficiale” è il chierico poi vescovo gallese Goffredo di Monmouth che nella sua Historia Regum Britanniae (1336-1338), opera secondo lui assolutamente storiografica, magnifica le gesta di questo re che combatte vittoriosamente contro i sassoni all'inizio del VI secolo. Scriverà poi anche una Vita Merlini, personaggio strettamente legato ad Artù. Nel suo Roman de Brut (attorno al 1155) il poeta anglo-normanno Wace rielabora e continua l'opera di Monmouth. La sua è più di una traduzione in francese. È lui che introduce la tavola rotonda.
Sebbene storia, folclore e leggenda siano strettamente legati, Artù è considerato da tutti una figura storica e la sua corte costituisce la cornice all'interno della quale si sviluppano numerose storie, in cui l'esperienza individuale di un eroe, la sua aventure, ricopre un ruolo sempre più centrale. La materia di Bretagna conosce un grandissimo successo, le storie arturiane si moltiplicano, i continuatori diventano sempre più numerosi e l'epopea si diffonde in tutta l'Europa. Il prestigio della corte di Artù è così grande da attrarre nella sua orbita vicende di provenienza diversa. La tavola rotonda è così anche un modello (o ideale) della nascente letteratura “europea”.
E tre di queste opere sono raffigurate nella Case d'Estate. In mostra sono così esposti un foglio del cosiddetto manoscritto meranese, proveniente dall'abbazia di Stams, del romanzo Garel vom blühenden Tal, assieme a uno del Wigalois di Wirnt von Grafenberg e uno del Tristano e Isotta di Gottfried von Straßburg (entrambi concessi dal Ferdinandeum di Innsbruck). Se Tristano è già piuttosto conosciuto e il ciclo di Wigalois è in buona parte illeggibile, in quest'occasione i curatori hanno scelto di mettere in evidenza la stanza di Garello. In una sala della mostra troviamo le varie scene del racconto delle avventure di Garello. Quelle mancanti a seguito del crollo di parte delle mura nel 1868 sono state ricostruite grazie ai disegni di Ignaz Seelos. In mostra è anche presente un modellino molto preciso della stanza (a cura dello Studio Giorgi).
In estate la mostra verrà ampliata con una sezione dedicata all'analisi dell'araldica arturiana, perché i blasoni degli eroi non sono mai lasciati al caso, ma rientrano anch'essi in un sistema codificato e denso di significato.
Per approfondire i numerosi aspetti e forse per un pubblico già un pochino più conoscitore della materia, è disponibile, in italiano dal titolo Artu a Castel Roncolo. L'eterno sogno del buon governo e in tedesco Artus auf Schloss Runkelstein. Der Traum vom Guten Herrscher, un interessante catalogo.
Infine nel lodevole intento di diversificare l'offerta è stato anche predisposto un programma per bambini.
Anche quest'anno una bella mostra che ci aiuta a conoscere meglio quello che è un gioiello della città di Bolzano e nel contempo un pezzettino della nostra storia.