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Alto Adige, il problema del rumore

L’inquinamento acustico è una delle criticità più segnalate. Nel 2019 6.111 utenti. Nel mirino anche le facilitazioni per le cave e le procedure dell’Azienda sanitaria.
Morandell, Gabriele, Difesa civica
Foto: Consiglio provinciale Bz

Un numero di reclami piuttosto stabile (1.024 nel 2018, 1.025 nel 2019) e consulenze in leggero calo: 5.086 l’anno scorso dopo il picco di 5.140 dell’anno prima. L’annata 2019 per la Difesa civica in Alto Adige si è chiusa con una piccola riduzione di utenza, che però non toglie nulla al merito dei problemi segnalati dai cittadini sul territorio locale e a cui l’ufficio ha cercato di fornire una soluzione. I Comuni sono gli enti più bersagliati dalle lamentele (33,5% dei reclami), seguiti da Provincia (21,17%), Azienda sanitaria (13,76%), Stato (12,88%) e ancora dai concessionari dei servizi pubblici (6,43%) e dall’Ipes-Wobi, l’istituto per l’edilizia popolare (4,98%). Riguardo agli argomenti spicca il tema del rumore: sempre più cittadini, afferma la Difesa civica, lamentano “le forme più varie di inquinamento acustico e i casi appaiono nella maggior parte complessi”.

 

Mediare tra cittadini e potere

 

Su una popolazione di circa 531.000 abitanti, sono 6.111 le cittadini e i cittadini che nei 12 mesi dello scorso anno si sono rivolti alla Difesa civica. Uno sportello che fornisce un aiuto per “affrontare le difficoltà con la pubblica amministrazione facendo chiarezza e mediando”, così lo descrive presentando la relazione 2019 - non facile da trovare online nel suo testo completo - la  difensora civica Gabriele Morandell.

 

 

Il numero dei reclami è consistente, seppure stabile: “Il fatto che la richiesta di consulenze rimanga costantemente elevata è da mettere in relazione, presumibilmente, con l’alto grado di conoscenza della Difesa civica in Alto Adige”, spiega Morandell. “Il mio lavoro”, prosegue la difensora civica, “non consiste nel fomentare l’insoddisfazione dei cittadini, ma nell’affrontare le difficoltà esistenti nel rapporto con la pubblica amministrazione facendo chiarezza e mediando”.

 

I problemi/1: cave e ricorsi alla giunta

 

Ecco alcuni temi chiave e casi salienti evidenziati dalla relazione. Dai permessi delle cave al caso di una paziente a cui l’Azienda sanitaria ha richiesto, prima di concedere una risposta al suo quesito, di rinunciare ad un’eventuale richiesta di risarcimento.

Le comunità interessate devono poter dire la propria sull’apertura di una cava. La legge va cambiata

Primo, riguardo alle attività estrattive, assume contorni critici secondo l’ufficio l’attuale mancanza di un via libera da parte del consiglio comunale e quindi del territorio interessato. Secondo l’articolo 130 della legge urbanistica provinciale, ricorda la Difesa civica, le cave possono essere autorizzate e aperte dalla giunta provinciale indipendentemente dalla destinazione urbanistica indicata nel piano urbanistico comunale. Questo però rappresenterebbe un vulnus democratico e di partecipazione delle comunità. “Il coinvolgimento dell’amministrazione comunale e della cittadinanza - questo il parere della difensora civica - dovrebbe diventare, in futuro, vincolante fin dall’inizio: è necessario ripensare urgentemente la normativa quadro del settore”.

 

 

Seguono i ricorsi gerarchici alla giunta provinciale “che, nella maggior parte dei casi, non vengono presi in considerazione in quanto inammissibili”, lamenta la Difesa civica. Dunque occorre “garantire in futuro un’amministrazione più vicina ai cittadini e alle cittadine: la possibilità di ricorso all’organo sovraordinato dovrebbe essere possibile per ogni misura amministrativa”.

L’inquinamento acustico è un problema molto sentito. I soldi per le barriere sono scarse e ci sono danni alla salute

 

I problemi/2: rumore e trasparenza per Sabes

 

Si arriva poi a inquinamento acustico e Azienda sanitaria. “Sempre più cittadini - è il messaggio di Morandell - si rivolgono alla difensora civica lamentando le forme più varie di inquinamento acustico e i casi appaiono nella stragrande maggioranza piuttosto complessi. Le barriere antirumore vengono finanziate e messe in atto a stento dalla mano pubblica; per molte misure, semplicemente, mancano i mezzi finanziari, e così cittadine e cittadini devono attendere molti anni, mentre la continua esposizione all’inquinamento acustico crea forti danni alla salute”. 

Risposte dall’Azienda sanitaria in cambio di rinuncia ai risarcimenti: questa non è la strada giusta

C’è poi il caso di una paziente che ha sollevati vari quesiti alla sanità provinciale. Come risposta, l’Azienda sanitaria ha vincolato il rilascio di una presa di posizione scritta alla sottoscrizione da parte della richiedente di dichiarazione preventiva di rinuncia al risarcimento danni. Questa sarebbe la prassi adottata “sulla base di una nuova procedura di elaborazione dall’Azienda”. Ma questo tipo di iter, conclude l’ufficio, “non è certamente la strada giusta per confrontarsi a pari livello, in maniera trasparente e corretta, con un paziente dubbioso”.