Rorhof: nuovi formati per ampie visioni
In Alto Adige non succede mai nulla. Siamo lontani dai centri di produzione culturale e da noi certe dinamiche non esistono. Siamo costretti dalla natura del luogo e dalle politiche locali a una dimensione di mero provincialismo.
Gli autori di stereotipi hanno per loro natura una visione piuttosto aerea della realtà, come certi cercatori di funghi della domenica che seguono sentieri battuti aspettandosi di trovare famiglie di porcini e poi danno la colpa dell’infruttuosa ricerca al bosco, al clima, alla stagione.
La realtà è che siamo un piccolo territorio con grandi potenziali di connessione, frequenti fughe e rientri di cervelli, posizionamento geografico di cesura e ancora solide possibilità economiche.
Non stupisce quindi che, allontanandosi da alcuni sentieri battuti e scostando il fogliame di certo provincialismo, non si fatichi a trovare una realtà culturale, magari di nicchia, ma di indubbio spessore, rilievo internazionale e pregio.
È il caso della casa editrice Rorhof, insediata un po’ defilatamente in un vecchio maso a Bolzano, in perfetto equilibrio fra una natura artigianale, di laboratorio, e aspirazioni editoriali di alto livello.
A un anno dalla fondazione, nel 2014, il direttore artistico Nicolò Degiorgis, può raccontarmi con comprensibile soddisfazione di come ha trasformato una necessità personale in un’attività editoriale che ha all’attivo 6 pubblicazioni distribuite in tutto il mondo e ne ha in cantiere altre tre che vedranno la luce entro il 2015.
Fotografo di forte impronta documentarista, Nicolò ha voluto innanzitutto dare una veste editoriale al proprio progetto fotografico. Questa la premessa su cui, insieme a Eleonora Matteazzi, fonda nel 2014 la realtà Rorhof. La fotografia diviene un progetto artistico a tutto tondo, che necessita di un medium specifico in cui poter esprimere i propri contenuti, in cui poter svelare tutto il proprio potenziale di narrazione e documentazione, anche oltre i confini dell’immagine, allargandosi alla sua collocazione in uno spazio testuale, alle sue relazioni con la pagina, il materiale cartaceo, la fruibilità di un formato. Il libro è un mezzo ma è anche un oggetto, che dispone di un potenziale narrativo in se stesso. Per questo, quando Rorhof si evolve da progetto personale ad un progetto editoriale di ampio respiro ed ampie finalità, la formula in cui Degiorgis continua a credere è quella dell’esplicazione della relazione intrinseca fra mezzo e contenuto. Oltre alle serie fotografiche di Nicolò Degiorgis (Oasis Hotel, La laguna di Venezia, e il celebrato Hidden Islam), Rorhof inizia a dare spazio anche agli sguardi di altri fotografi, ma sempre mantenendo lo stesso approccio, artigianale, estremamente ricercato, che cela nella cura del dettaglio la chiave di un’identità tanto delicata quanto forte. Questa forza ha incontrato il riconoscimento dei critici in numerosi festival dedicati al libro fotografico. Nicolò me li cita e la lista è talmente lunga che fatico a prendere appunti: Aperture Foundation Photo Book Award alla Paris Photo 2014, oro al Deutscher Fotobuchpreis 2014, Premio Fedrigoni 2014, e il prestigiosissimo Author Book Award ai Rencontres d’Arles... Dei sei libri in catalogo, due sono già sold out. Mantenere la qualità del lavoro e la coerenza del progetto a fronte di una distribuzione che include anche realtà come la Tate di Londra e il MoMA di New York non è impresa semplice. Ma al Rorhof la finalità del progetto è chiara e indiscutibile. È self publishing, ma è principalmente un progetto artistico, con scelte concettuali, editoriali e curatoriali precise, con un forte accento sugli aspetti formali e materici e sulla dimensione artigianale della produzione. Non sembrano esserci margini per tradire questa visione, e Degiorgis ammette sobriamente la propria disponibilità ad accettare una futura chiusura del progetto, piuttosto che vederne venire meno la coerenza.
Intanto il rischio non sembra sussistere, con un’agenda fittissima fino alla fine dell’anno che prevede la partecipazione ad altri festival (Amsterdam, Roma, New York) e la pubblicazione di tre nuove opere: il secondo capitolo di un progetto editoriale, in collaborazione con Sabine Gamper, partito già nel 2014, ovvero un catalogo sugli aspetti critici del linguaggio fotografico, che dopo un primo capitolo sulla gerarchia dell’immagine e delle immagini, ospiterà nuovamente tre fotografi, con relativi approcci al mezzo fotografico, per delineare la natura del conflitto, sia come oggetto della fotografia, che come aspetto etico e morale del linguaggio stesso; un libro-catalogo-manuale curato insieme a Lisa Mazza, di fatto difficilmente definibile, sui quindici anni del festival di arti contemporanee Transart, che ha fatto delle zone liminali di/fra arte, suono e performance la propria cifra stilistica e che il libro intende rispecchiare sia in termini contenutistici che formali; infine una ripubblicazione di un vecchio lavoro di documentazione fotografica, sempre di Nicolò Degiorgis.
Eccellenza formale, ampie visioni e una produzione estremamente vasta, in un periodo di tempo relativamente breve. Dire che in Alto Adige non succede mai nulla sta diventando sempre più difficile.
(www.rorhof.com)