Pasta secca e riso, cambia l'etichetta
D’ora in poi sulle confezioni di pasta secca si dovranno indicare il Paese di coltivazione e quello di molitura del grano, mentre con riguardo al riso è previsto l’obbligo di segnalare non solo il Paese di coltivazione e lavorazione, ma anche quello di confezionamento. Le aziende hanno 180 giorni di tempo per adeguarsi al nuovo sistema.
A stabilirlo sono stati i decreti interministeriali firmati il 20 luglio dai ministri Maurizio Martina (Politiche agricole alimentari e forestali) e Carlo Calenda (Sviluppo Economico).
Le norme, che introducono l’obbligo di segnalare in etichetta la provenienza del riso e del grano in via sperimentale per due anni, decadranno quando con gli atti di esecuzione della Commissione sarà attuato l’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento UE 1169/2011 che individua i casi in cui riportare il Paese di origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario degli alimenti.
Vogliamo soffermarci su punti di forza e aspetti critici dei suddetti decreti attraverso la lente sia della Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura di Bolzano sia degli imprenditori agricoli.
Per tale motivo abbiamo interpellato Lukas Pichler (Camera di Commercio di Bolzano) del servizio di etichettatura per gli imprenditori presso la Camera di Commercio di Bolzano e Barbara Battistello, coordinatrice regionale di Campagna Amica della Coldiretti.
La posizione di Lukas Pichler
Salto.Bz: Lukas Pichler, come valuta la nuova normativa?
Lukas Pichler: Non siamo né a favore né contro. Ad ogni modo, la decisione sulle etichette è di competenza di Bruxelles. Il regolamento UE 1169/2011 ha costituito un notevole passo in avanti per aver previsto una soluzione normativa unica in Europa volta a superare testi diversi da Stato a Stato. Peraltro, affinché un singolo Stato possa apportare eccezioni alle norme europee, sono previsti specifici presupposti tra cui la prevenzione della salute pubblica. Nel nostro Paese, che vanta un patrimonio alimentare enorme, non vi era questa necessità, sicché tale requisito difetta. Ne consegue che l’Unione possa opporre il veto sulla norma italiana. Quindi rimaniamo in attesa di verificare se i decreti italiani troveranno o no concreta applicazione.
Quale sarà secondo lei l’impatto della norma sui processi produttivi e sulla competitività delle aziende?
Il costo della materia prima incide al di sotto del 10% sul prezzo finale, il quale è determinato in misura prevalente dagli oneri cui è sottoposto l’imprenditore. Per questo motivo due sono gli scenari possibili: l’imprenditore o dovrà aumentare i prezzi della merce con più informazioni in etichetta oppure mantenerli inalterati e guadagnare di meno. Vi è un ulteriore rischio: nel mercato unico europeo la nuova norma sulle etichette vale solo per l’Italia e non per gli altri Paesi Eu, quindi l’imprenditore tenderà a scegliere la merce laddove costi meno, quindi all’estero, dove non vige l’obbligo di segnalare determinate informazioni in etichetta.
I nuovi oneri a carico degli imprenditori avranno secondo lei ricadute positive sui consumatori?
No, l’attuale norma non porta vantaggi al consumatore per la sua salute né incide sui diritti di proprietà industriale. Per quanto concerne la prevenzione alle frodi alimentari, esiste già la normativa sul Made in Italy che sanziona a livello amministrativo e penale il prodotto estero spacciato per italiano. La normativa introduce obblighi che portano solo più burocrazia.
Come Camera di Commercio quale indicazioni state fornendo alle imprese?
Noi non comunichiamo ancora a tutti gli imprenditori tale nuovo obbligo, perché realisticamente potrebbe anche non entrare in vigore. Intanto, continuiamo a fornire il servizio di orientamento ed a mettere a disposizione l’applicazione web Food Label Check per le etichette.
La posizione di Barbara Battistello
Salto.bz: Barbara Battistello, come valuta la nuova norma?
Barbara Battistello: Sono favorevole. Un’etichetta semplice, leggibile e riconoscibile va nella direzione della trasparenza e chiarezza per il consumatore. Si deve salvaguardare la consapevolezza del cittadino su ciò che mangia e sulla sua provenienza. In un periodo di forte crisi economica poter utilizzare prodotti italiani facilita la ripresa economica.
L’etichetta del riso dovrà contenere più informazioni rispetto a quelle per la pasta secca. Trova giuste queste differenze?
No, non va bene. Per correttezza le informazioni devono essere quanto più complete possibili.
I 180 giorni per l’adeguamento alle nuove etichette previsti per le aziende sono a suo avviso sufficienti?
Per le imprese sarà sicuramente una difficoltà aggiornarsi. Tuttavia, più si allungano i tempi, meno risultati immediati si hanno.
Si sono registrate molte mistificazioni alimentari nella nostra regione?
No. La nostra popolazione ha una densità diversa rispetto a quella del resto d’Italia. La vicinanza ai confini e le lotte continue come i blocchi di camion al Brennero hanno reso il consumatore qui più informato che altrove. In questa regione poi il cittadino è molto legato ai prodotti della sua terra, quindi è più difficile che si faccia ingannare. E’ comunque molto importante continuare a svolgere opera di sensibilizzare sul territorio per valorizzare i prodotti italiani con filiera trasparente.
Quali saranno le prossime strategie di Coldiretti?
Le nostre azioni saranno finalizzate a custodire l’esistente soprattutto mediante l’informazione con iniziative che comunicheremo in seguito.
Infine, dopo le nuove etichette qual è il prossimo passo che secondo lei si deve fare?
Una revisione profonda delle norme doganali ed agroalimentari. Ad ora viene definita per esempio farina italiana un prodotto macinato in Italia ma da grano proveniente da un Paese straniero. E’ una contraddizione che dovrà essere superata. Dare merito al prodotto primario porta valore aggiunto alla trasparenza ed alla chiarezza, inoltre tutela il produttore, necessità particolarmente avvertita in questo momento di difficoltà economica.