Dalla parte dei bambini
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Soprattutto quando si parla di lingua e di scuola, è come gettare una scintilla su delle ceneri mai del tutto spente. La storia dei totalitarismi purtroppo non fa mai prigionieri, e il ventennio fascista ha lasciato nella terra tra i monti ferite profonde e non ancora risanate. Eppure, quando si parla di bambini, bisognerebbe imparare a avere rispetto.
L’escalation scatenata dal giornale dei fratelli Ebner in difesa della dirigente delle scuole Goethe di Bolzano vale per quel che vale: una prova di prepotenza per definire posizioni e ruoli di potere a livello provinciale. Chi pensava che i due fossero troppo intenti a pensare alla loro stazione turistica in Val Senales e a disbrigare le pratiche burocratiche e politiche per il suo avvio, si è dovuto ricredere. Quando si tratta di usare la Dolomiten come una clava per colpire i nemici, i fratelli terribili non hanno pari.
Eppure la diatriba delle classi speciali esplosa a seguito della proposta dalla direttrice delle Goethe e dei provvedimenti disciplinari avviati nei suoi confronti a norma di legge, dovrebbe fare riflettere forse in modo un po' più onesto e serio di quanto sta venendo fatto.
La domanda a cui rispondere è: posto fosse legalmente perseguibile, la proposta di una classe speciale per stranieri e italiani che tipo di problemi avrebbe risolto così gravi da giustificare l’attuazione di un programma segregazionista per bambini delle elementari. Le posizioni si sono divise come sempre accade in Sudtirolo su due fronti della barricata. I favorevoli all’ipotesi delle classi speciali lamentano il rischio della perdita dell’identità linguistica dei bambini della minoranza/maggioranza in lingua tedesca e evocano lo spettro di un nuovo fascismo; i contrati accusano invece la direttrice e i suoi fans di malcelato razzismo. Ora la questione non dovrebbe essere così difficile da dirimere, se si vivesse in un posto normale.
Quali sono i risultati linguistici raggiunti dai bambini tedescofoni inseriti alla Goethe rispetto ai bambini di madre lingua tedesca inseriti in classi solo o a assoluta maggioranza tedesca? Questo dovrebbe essere l’unico metro di misura per potere parlare della questione. Chi esula da questo argomento inevitabilmente: o non sa di cosa parla oppure è in malafede.
Se i risultati linguistici fossero eguali a quelli delle altre classi non si porrebbe alcun problema di gestione delle classi miste e la storia dovrebbe essere derubricata. Qualora l’apprendimento linguistico risultasse compromesso allora dovrebbe aprirsi sicuramente una discussione per capire come intervenire. Quello che a livello internazionale si sa dell’apprendimento in classi con padronanza della lingua di insegnamento molto diverse è che intervengono sull’apprendimento diversi fattori: l’età dei bambini coinvolti, la percentuale di bambini che non conoscono la lingua di insegnamento, il sostegno delle famiglie all’apprendimento sono tra i più studiati e conosciuti.
Se i bambini sono piccoli, come quelli di prima elementare il mezzo principale dell’apprendimento è il gioco e la capacità di sviluppo di competenze linguistiche è molto elevata. I divari di conoscenza linguistica tendono a essere compensati dunque rapidamente e non ci sono grandi problemi a tenere insieme bambini con conoscenze diverse. Più aumenta il livello di istruzione richiesto invece più i differenziali si fanno sentire e possono ostacolare o avvantaggiare l’apprendimento di chi si trova in posizione di vantaggio a discapito di chi si trova in svantaggio.
Se la percentuale di bambini che non conoscono la lingua di insegnamento è bassa o contenuta si possono introdurre abbastanza facilmente con successo dispositivi di sostegno che permettono di gestire bene il processo di apprendimento per tutti gli studenti; qualora la percentuale diventa molto elevata tutto diventa invece più difficile.
Infine, a essere decisivo è il ruolo di sostegno delle famiglie: famigliari disponibili a mettersi in gioco aiutano i figli a frequentare con successo una classe non in lingua madre; genitori che non collaborano o, addirittura a casa, usano toni spregiativi o contestativi nei confronti della nuova lingua di apprendimento (e del gruppo che ne fa uso) sono disfunzionali e andrebbero bene informati sulle conseguenze delle loro azioni.
Più o meno, i termini della questione dovrebbero essere questi, il che mette chiaramente molti improvvisati commentatori di questi giorni all’angolo e, usando una metafora della scuola ottocentesca, meritevoli di indossare le classiche orecchie del somaro e di essere costretti a stare in ginocchio davanti alla lavagna.
Esiste poi un'altra questione che andrebbe affrontata quando si parla di scuola in provincia di Bolzano e che è riassumibile in una bella frase estrapolata da un discorso dell’assessore Achammer: non dimentichiamo che stiamo parlando di bambini. Chi ha oggi sei otto, o dieci anni non ha vissuto il periodo delle scuole nelle catacombe, non ha visto le opzioni, e non ha conosciuto nessun fascista. L’Autonomia della provincia di Bolzano è oggi saldamente ancorata a livello internazionale e con buona pace degli irredentisti di destra e di sinistra locali, non c’è più alcun pericolo di assimilazione. Il vero pericolo è che, a forza di rivangare il passato, si finisca per perdere di vista il fatto che nei prossimi decenni sul sacro terreno della Heimat vivranno - si spera felici - persone di più di centotrenta gruppi linguistici e etnici, tedeschi, italiani, albanesi, cinesi, marocchini che per la maggior parte non hanno alcuna intenzione di tornare ai loro paesi di origine perché sono nati e cresciuti qui e questa è la loro nuova patria. Costruire le basi per un vivere insieme fecondo di benessere per tutti è l’unica strada che si può seguire quando il pluralismo linguistico e culturale diventa un elemento fondativo di un sistema sociale, perché altrimenti nessuna prospettiva di crescita, sociale, economica e culturale è possibile e alle lunghe il conflitto e la perdita di competitività sono assicurati.
Magari il corvaccio della Dolomiten gracchierà ancora stridulo per qualche anno. Ma il futuro non è per fortuna più il suo, ma il loro. E dunque tutto quello che si può fare per investire su nuovi cittadini che non si guardino con sospetto, e si sentano parte di un'unica patria dovrebbe essere il principale obiettivo di chi si occupa della loro istruzione e della loro educazione.
Sie sprechen mir aus der…
Sie sprechen mir aus der Seele, Herr Fazzi.
Es ist erstaunlich, wie eine Zeitung, die einst eine Partei besaß, nun zum Sprachrohr xenophober Parteien im Land geworden ist und das nur aus machtpolitischen Interessen.
In reply to Sie sprechen mir aus der… by richter a
Herr Richter, il giornale di…
Herr Richter, il giornale di cui stiamo parlando ha avuto per decenni un caporedattore le cui simpatie naziste - anzi: alle volte più che simpatie - non erano un mistero per nessuno. Ne parlano insieme Martha Ebner e Leopold Steurer nell'intervista di Florian Kronbichler per la FF del 2021.
Caro Luca, «irredentisti di…
Caro Luca: «irredentisti di destra locali» va bene; ma «di sinistra» la dovresti proprio spiegare, perché a me sembra un ossimoro...
PS
«il ventennio fascista ha lasciato nella terra tra i monti ferite profonde e non ancora risanate»: diciamo invece che nel 2024 possiamo tranquillamente parlare di mitologia della ferita tenuta continuamente purulenta al fine di poter invocare la cura eterna.
In reply to Caro Luca, «irredentisti di… by Luca Marcon
Es gab nicht nur das…
Es gab nicht nur das zwanzigjährige faschistische Regime, sondern auch den Nationalsozialismus, der letztlich mehr Tote forderte als der Faschismus und die Option. Die Vergangenheit ist auf allen Seiten – deutsch, italienisch und ladinisch – voller Schmerz und Trauer, und jeder erinnert sich an das, woran er sich erinnern will, auch in mythischen Erzählungen.
Die Zukunft hingegen scheint rosiger, und alles erinnert mich an den mit Gold beladenen Esel, der, um bei der Mythologie zu bleiben, laut Plutarch jede Mauer überwindet.
nei prossimi decenni sul…
nei prossimi decenni sul sacro terreno della Heimat vivranno - si spera felici - persone di più di centotrenta gruppi linguistici e etnici, tedeschi, italiani, albanesi, cinesi, marocchini che per la maggior parte non hanno alcuna intenzione di tornare ai loro paesi di origine perché sono nati e cresciuti qui e questa è la loro nuova patria.
Una scuola tedesca nel cortile di cui in pausa oltre del 50 % dei bambini parlano italiano, è un'ambiente italianizzato. In quanto di fatto costringe anche il restante 50% de i bambini a parlare per lo più italiano.
È ipocrita nascondersi dietro i bambini di origine straniera, perché nessuno di loro parla altre lingue a scuola, oltre all'italiano.
In reply to nei prossimi decenni sul… by Evelin Grenier
Frau Greiner, ich fürchte,…
Frau Greiner, ich fürchte, die Sprachlernprozesse sind viel komplexer, als Sie sich vorstellen. Aber es ist richtig, dass jeder seine eigenen Überzeugungen hat.
In reply to Frau Greiner, ich fürchte,… by Luca Fazzi
Non stiamo parlando di…
Non stiamo parlando di processo di apprendimento. E lo sa bene che ho scritto tutt'altro, non cerchi di cambiare tema, La prego.
Vada ad appostarsi vicino una scuola tedesca, vedrà se in cortile sente parlare arabo, albanese o altre lingue. Sentirà parlare ITALIANO. perché i bambini stranieri parlano tutti italiano. Tra di loro e con chiunque.
Io sono straniera, mia figlia frequenta l'elementare tedesca e conosco benissimo la situazione di cui parlo.
In reply to Non stiamo parlando di… by Evelin Grenier
Entrambi i miei figli hanno…
Entrambi i miei figli hanno frequentato la scuola Goethe, ma non mi sarei mai accorto che si parlasse in italiano durante le pause o prima, o dopo la scuola.
In reply to Entrambi i miei figli hanno… by Manfred Klotz
Quale lingua parlano in…
Quale lingua parlano in pausa i 10 bambini che non parlano tedesco nella classe 1A, e gli altri 10 bambini che non parlano tedesco della classe 1B?
Quale lingua parlano quando si rivolgono ai bambini che sanno sia il tedesco che l'italiano?
E in quale lingua risponde il bambino madrelingua tedesca ma che sa anche l'italiano?
Die Schüler sollten beim…
Die Schüler sollten beim Eintritt in den regulären Unterricht Basiskenntnisse in der Unterrichtssprache beherrschen. In anderen Ländern gibt es diesbezüglich bereits Modelle. Vielleicht könnte man sich da mal umsehen und schauen, was für uns passen könnte.
Questo pezzo è stato…
Questo pezzo è stato richiamato nell'articolo seguente:
https://salto.bz/de/article/04102024/la-fabbrica-del-potere
Le mie figlie quando sono…
Le mie figlie quando sono andate in una scuola all'estero senza conoscere una parola di inglese, sono state immediatamente messe in una classe di 25 bambini e in un mese l'hanno imparato. Ci hanno semplicemente detto " qui siete a casa vostra". Io insegno dal 1998 in classi di ragazzi "tedeschi" con un livello di conoscenza dell'italiano che va dall'A1 al C1. E poi fanno la maturità italiana. Classi in cui nessun giornalista ma nemmeno nessun esperto della scuola o di lingue è mai entrato, cosa che a me farebbe invece molto piacere. Ma si preferiscono fare polemiche politicamente utili che nulla hanno a che fare con vere questioni didattiche. Peraltro il "siete a casa vostra" mi pare qui sia frase sconosciuta, ma sarebbe quella più importante per far imparare una lingua a bambini e anche a adulti. E il fascismo non c'entra proprio nulla. Se non a voler continuare a giustificare il considerare la scuola luogo di scontro politico. Il tema poi " cosa si parla durante la pausa" è già trito e ritrito dalle estreme destre austriache. E anche il ruolo delle famiglie non sarebbe così importante "in un posto normale". Ma non lo è, per cui da decenni per imparare il tedesco le famiglie si indebitano per mandare i figli in Germania. In 35 anni di insegnamento in questa provincia ho visto diminuire le competenze linguistiche e aumentare le divisioni e il pregiudizio: questo purtroppo devo dire.