Museo Museion: l’ironia anarchica e colta di Francesco Vezzoli
Ha collaborato con star come Lady Gaga (poco tempo fa in una performance al MoCa, Museum of Contemporary art di Los Angeles), Sharon Stone, Milla Jovovich, ma anche Iva Zanicchi e Franca Valeri, tra le protagoniste della “An embroidered trilogy” e ha rappresentato per ben tre volte l’Italia alla Biennale di Venezia, nel 2001, 2005 e 2007. Francesco Vezzoli, il guest curator per il 2016 di Museion, è uno degli artisti italiani più noti al mondo, capace di esprimersi con ironia ed erudizione, gioco e profondità. Tra i suoi lavori più noti, anche quelli che ricorrono alla tecnica del ricamo, costante l’ironia che riveste i riferimenti colti e il dialogo con la storia, sempre presenti all’interno dei suoi progetti. L’intervento a Museion si articola in due progetti, inaugurati entrambi il 29 gennaio, tra loro più che comunicanti, strettamente connessi, che compongono “Francesco Vezzoli Museo Museion”, un concetto espositivo articolato in una mostra sulla collezione del museo, che appunto vede Vezzoli nelle vesti di curatore, e una seconda esposizione a cura di Letizia Ragaglia, che lo vede invece protagonista della prima retrospettiva dedicata al suo lavoro.
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L’impatto al piano terra è immediato, con una scenografia fatta di tende di velluto bordeaux che si aprono su un’enorme veduta del pittore settecentesco Giovanni Paolo Pannini. L’artista in questa occasione ha deciso di provocare un cortocircuito di carattere storico-artistico, nel quale le cornici di quadri celebri di altrettanto noti maestri, come Michelangelo, Raffaello o Caravaggio, sono dipinte su foglia d’oro con l’illusionistica tecnica del trompe-l'œil, intorno alle opere della collezione Museion. Tra gli autori dei lavori selezionati dalla collezione, accanto a nomi celeberrimi come quelli di Andy Warhol, Nan Goldin e Michelangelo Pistoletto, troviamo quelli qui più famigliari e meno noti di Karl Plattner e Albert Stolz.
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Attraverso gli accostamenti proposti, si generano cortocircuiti che mettono in gioco aspetti sia storici che semantici. A volte gli accostamenti coinvolgono opere tra loro in qualche modo vicine, o almeno potenzialmente dialoganti, in altre però vengono suggeriti abbinamenti e dialoghi inaspettati. La mostra propone ventisette lavori, tra installazioni, dipinti e fotografie e si articola in un percorso espositivo che segue la suddivisione delle aree tematiche nella classificazione classica dei generi nell’arte, ritratto, autoritratto, paesaggio, natura morta. In ogni sezione sono presenti lavori dello stesso Vezzoli che, nell’articolare il percorso espositivo, è intervenuto anche sull’architettura, con le vetrate e la veduta del terzo piano, nascoste da pareti bianche, che trasformano il suo spazio in un “white cube” dove le opere della collezione si collocano in un’atmosfera sospesa.
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Al quarto piano, nella mostra dedicata alle sculture, diciannove lavori realizzati tra il 2011 e il 2016 vedono l’ironia di Vezzoli chiamare in causa reperti provenienti direttamente dall’antichità. E se in “Antique not Antique: Self-portrait as a Cryng Roman Togatus” del 2012, si rifà all’uso di cambiare la testa e lasciare il torso nelle statue dei magistrati togati, in “Self-Portrait as Emperor Hadrian Loving Antinous”, sempre del 2012, Vezzoli si ricollega alla passione dell’imperatore per il giovane Antinoo, e quindi alla fragilità e sottomissione dell’uomo di potere. In altre opere l’intervento di appropriazione dei reperti avviene attraverso l’uso del colore. Nei lavori appartenenti a questo ciclo, l’artista interviene su opere storiche seguendo ipotesi, basate su consulenze archeologiche circa la policromia della statuaria antica, in contrapposizione con l’interpretazione ereditata, prima dal Rinascimento e poi dal neoclassicismo, che vede il bianco delle statue antiche come espressione di perfezione. Tra i soggetti noti però, non solo quelli colti dall’antichità, ma anche miti contemporanei, come Sofia Loren trasformata in musa di De Chirico.