Society | diritti umani

L’altra pandemia

Disuguaglianze, violenza di genere, razzismo e intolleranza. Lo stato di salute dei diritti umani nel report di Human Rights Watch: “L’Italia complice di azioni brutali”.
Human Rights
Foto: free speech

È online il report 2021 di Human Rights Watch, il trentunesimo realizzato dall’osservatorio indipendente nato nel 1979 che riassume le condizioni dei diritti umani in quasi 100 paesi e territori in tutto il mondo, indagando e denunciando gli abusi messi in atto soprattutto da parte dei governi, militari e paramilitari, forze poliziesche e organizzazioni terroristiche.

Quello che l’Ong ha constatato è un generale deterioramento dei diritti fondamentali dell’essere umano e l’aumento vertiginoso delle disuguaglianze, fattori aggravati dalla pandemia e dalle derive autoritarie da parte dei governi di tutto il mondo. Spiccano in particolare i crimini d’odio e le politiche aggressive nei confronti delle donne, specie per quanto concerne l’esercizio dei loro diritti (non) riproduttivi, l’utilizzo strumentale delle restrizioni anticovid per limitare la libertà di espressione e di movimento della società civile, le politiche ostili adottate nei confronti di profughi e migranti che avvengono parallelamente ai tentativi di intimidire, ostacolare e criminalizzare le organizzazioni attive nel campo della solidarietà.

 

 

Guardando all’Italia, lo scorso ottobre la Commissione europea ha manifestato preoccupazione per quanto riguarda l’indipendenza politica dei media, l’efficienza della giustizia e le campagne diffamatorie messe in atto nei confronti di attivisti e volontari, soprattutto quelli solidali con i diritti dei migranti. Nel Paese che per primo, dopo la Cina, sono state messe in atto le restrizioni per il contenimento della pandemia, i crimini d’odio - ribadisce il report - rappresentano un problema serio che lo Stato deve impegnarsi ad affrontare.


La violenza di genere e gli ostacoli ai diritti delle donne

 

Lo scorso agosto, il ministro della Santità Roberto Speranza ha annunciato l’introduzione a nuove linee guida che andrebbero ad estendere il diritto al ricorso all’aborto fino alla nona settimana di gravidanza. Tuttavia, si sottolinea, il governo durante il lockdown non ha previsto un iter chiaro per garantire l’accesso delle donne all’assistenza medica necessaria, sospendendo i servizi ed esasperando la barriera normativa, che hanno causato una forte limitazione nel libero esercizio dei diritti riproduttivi delle donne. Allo stesso tempo si è verificata un’impennata, più del doppio rispetto l’anno scorso, di richieste d’aiuto da parte delle donne vittime di abusi all’interno delle mura domestiche.


Crimini d’odio e razzismo di stato

 

Human Rights Watch ricorda il pestaggio che ha provocato la morte del ventunenne Willy Monteiro Duarte, un fatto che ha riportato alla ribalta del dibattito pubblico nazionale i temi del razzismo e del degrado sociale, ma ha sottolineato al contempo il ruolo di candidati politici e rappresentanti istituzionali nell’alimentare retoriche xenofobe, correlando in maniera del tutto infondata la diffusione dell’epidemia all’arrivo dei migranti sulle coste italiane.

A tal proposito vengono analizzate anche e soprattutto le responsabilità dell’attuale governo in materia di migrazione e diritto d’asilo, sottolineando la cattiva gestione relativa agli sbarchi e alle misure di accoglienza. Sebbene sia stata messa in atto una modifica del pacchetto “Immigrazione e Sicurezza”, introdotto e utilizzato come grimaldello di propaganda politica da parte dell’ex ministro Matteo Salvini e dichiarato successivamente incostituzionale in alcune sue parti, il Decreto Lamorgese porta con sé uno strascico di ombre non indifferenti. La nuova normativa introduce una sorta di protezione umanitaria, rinominata “protezione speciale” e già prevista dalla legge Turco-Napolitano e dal Testo Unico sull’Immigrazione del 1998, ma continua ad ostacolare le organizzazioni non governative impegnate nelle operazioni di soccorso, prevedendo e mantenendo per legge la possibilità garantita dai decreti Salvini, di vietare l’ingresso delle navi all’interno dei porti nazionali. In caso di violazione è previsto l’avvio di un procedimento penale, che può comprendere anche una multa fino ai 50 mila euro.

Dopo aver dichiarato, ad aprile, i porti italiani “insicuri” a causa della pandemia di Covid-19, le autorità pur permettendo, spesso con ritardi ingiustificati, alle organizzazioni di soccorso la possibilità di sbarcare le persone salvate in mare, proseguivano con il sequestro delle loro imbarcazioni, motivato da ragioni tecniche o cavilli amministrativi. Nel mese di settembre, Sea Watch si è vista vietare l'utilizzo del proprio aereo di ricognizione necessario ad individuare le barche in difficoltà durante la traversata del Mediterraneo, oltre ad aver subito il sequestro della propria nave di soccorso. Lo stesso mese le autorità hanno acconsentito alla nave di Saving Humans di porre fine all’agonia  e di far sbarcare le 25 persone bloccate da 38 giorni su una petroliera a causa dei ripetuti dinieghi di accesso da parte delle autorità italiane e maltesi.

 

 

Allo stesso tempo l’Italia continua a respingere una serie di importanti raccomandazioni sui diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. In particolare viene contestato il mancato impegno nel garantire il rispetto dei divieti in materia di respingimento e di espulsioni collettive.

Ad aggravare la situazione è il memorandum di intesa siglato lo scorso febbraio con la Libia, che ha rinnovato per tre anni gli accordi di cooperazione in materia di migrazione: “Nonostante le prove schiaccianti di brutalità riservate ai migranti e la completa assenza di un sistema che garantisca il diritto di asilo - denuncia il rapporto - l’Italia a luglio ha commissionato sei motovedette da donare alla Libia per potenziare le intercettazioni in mare”.