Non gettare bambino con l'acqua sporca
“Di scuola-lavoro non si può morire!”, denunciano con ragione gli studenti in molte piazze italiane dopo l’incidente nel quale ha perso la vita Lorenzo Parelli, uno studente di 18 anni impegnato in un’azienda nell’ambito del percorso scuola-lavoro. In questo, come in ogni altro incidente sul lavoro, andrà individuata l’eventuale non osservanza delle norme di sicurezza e la responsabilità dei preposti. Se necessario va anche rivista e corretta la modalità del percorso scuola-lavoro così come è stato introdotto nella legislazione scolastica italiana. Di contro, non sarebbe giusto, a parer mio, svalutare questa e tante altre esperienze di formazione tra le aule e le aziende. Se la scuola ha un ruolo centrale, il mondo del lavoro è il suo necessario complemento. L’una senza l’altro non funziona, e viceversa. Nessuno, e in primo luogo lo studente, desidera una scuola “fabbrica di disoccupati”, così come nessuna azienda o ente potrebbe sopravvivere con collaboratori privi di una adeguata formazione generale e specifica. La mancanza di rapporto tra scuola e lavoro avrebbe effetti negativi, soprattutto per chi si deve inserire nel mondo delle professioni.
I “due” – scuola e lavoro – si sono peraltro sempre cercati. Anche il lavoro ha cercato la scuola. Penso ad esempio alla magnifica esperienza delle cosiddette “150 ore”, quando il Sindacato ha rivendicato ed ottenuto che il lavoratori, ancorché già occupati in azienda, potessero tornare a scuola per recuperare i loro ritardi formativi. Altrettanto importante la legislazione e la contrattazione sul tema dell’apprendistato per dare piena dignità ai giovani che scelgono il loro iter professionale partendo dall’azienda, ma senza smettere di frequentare la scuola.
Mantenere e rafforzare la sicurezza nei luoghi di lavoro per dipendenti, stagisti, appaltatori deve essere un impegno di tutti. Far funzionare sempre meglio l’esperienza scuola-lavoro e tutti gli altri tipi di formazione, altrettanto.
Verso un futuro con più formazione per tutti.
Meglio se duale.
(www.albertostenico.it)