Politics | Bolzano 2016

Zaia: "A Bolzano serve una ventata di ottimismo"

“Uniti per Bolzano” incassa la sponsorizzazione del governatore veneto e inaugura in modo prestigioso la galleria dei big leghisti attesi in città.

Bolzano, Hotel Laurin. Si approssima la data delle elezioni amministrative e le varie liste cercano di calare sul tavolo i propri assi (almeno chi ne ha, o pensa di averli). In questo gioco la Lega (carro sempre più trainante della coalizione di centrodestra “Uniti per Bolzano”) ha sicuramente le carte migliori. La venuta a Bolzano del governatore veneto Luca Zaia ha costitituito il primo atto di un'opera che andrà a completarsi la prossima settimana, sempre all'Hotel Laurin, con l'arrivo di Roberto Calderoli e, apoteosi finale a ridosso dell'8 maggio, del “capitano” Matteo Salvini (pare gli abbiano concesso piazza del Municipio).

Il candidato sindaco Mario Tagnin - nella sua campagna elettorale fino adesso abbastanza remissivo persino nella veste di “moderato”  – gongola di luce riflessa: “Il nostro intento è quello di superare gli ultimi 10 anni tristi in una nuova chiave per tutto il centrodestra. Vogliamo in particolare mandare in archivio la contrapposizione tra mondo agricolo e città. Da questo punto di vista Bolzano – che non è solo la città altoatesina in cui vivono più italiani, ma anche quella col maggior numero di abitanti di lingua tedesca – deve diventare la vetrina per il mondo produttivo dell'intera provincia. Perciò sono particolarmente onorato, e direi quasi incredulo, di avere qui con me il governatore del Veneto, una regione che è un esempio per tutti noi”.

Il protagonista dell'incontro, già acclamato e coccolato anche nella visita al mercato di via Rovigo compiuta a metà mattinata, ringrazia e sfodera subito una frase che sembra un riadattamento aziendalistico del motto reso celebre dal poeta Tonino Guerra: “Solo i pessimisti non fanno fortuna”. L'allusione, spiegherà, la deve a una sua recente visita a un liceo: “Avevo chiesto ai ragazzi chi, fra loro, pensa di riuscire a realizzare i propri sogni. Solo in dieci, tra centinaia, hanno alzato la mano”. Il messaggio è chiaro: se finora, a Bolzano, il centrodestra non è riuscito a raccogliere quanto meritava (il tema del merito campeggia non a caso sui manifesti della coalizione in questione), adesso è l'ora di cambiare. “I cittadini siano intelligenti, abbiamo un buon candidato e un buon programma”, e il resto – par di capire – dovrebbe logicamente venire da sé. Bisogna solo avere un po' di ottimismo, per l'appunto.

Zaia non ha però troppa voglia (né, forse, capacità) di calarsi nei meandri della politica locale (non nomina mai la Svp, per dire, forse anche per non infastidire troppo il leader dei Freihetlichen, Walter Blaas, che siede in prima fila) e il suo discorso diventa subito governativo in senso molto lato. Si toccano i grandi temi. Quello dell'immigrazione (“non vogliamo che i vigili urbani perdano tempo a fare le multe ai cittadini, facciamogli piuttosto controllare chi ciondola per le strade e per i parchi...”), quello dell'onestà e del recupero di un senso onorevole dell'agire politico (“la Lega è l'unico partito che ha passato indenne la tempesta del Mose”) e quello del federalismo, ovvero la versione soft e più spendibile dell'autodeterminismo hard-casareccio di Maurizio Fugatti: “Luigi Einaudi, uno dei padri costituenti, ha detto che il nostro Risorgimento finirà quando ogni regione avrà la sua autonomia. Di una cosa perciò potete stare sicuri: finché ci sarà la Lega l'autonomia dell'Alto Adige, che per noi è un modello, sarà al sicuro”.

Ovviamente non poteva mancare un accenno al cosiddetto “muro” del confine. Qui gli slanci un po' beceri con i quali molti leghisti (a cominciare da Salvini) hanno applaudito alla politica neo-isolazionista dell'Austria vengono smorzati e declinati in senso critico nei confronti del governo centrale: “Il ripristino della frontiera del Brennero rappresenta per me la fine dell'Europa e della stagione di  Matteo Renzi. Su quel muro io ci vedo scritto un messaggio: non siete credibili. Noi non ci rallegriamo della chiusura del confine del Brennero, perché è un risultato parziale. Il vero obiettivo è chiudere tutte le frontiere europee. Dobbiamo identificare quelli che vengono [Zaia perde un po' l'aplomb e li chiama senza peli sulla lingua “falsi profughi”] quando partono, non quando arrivano. Oggi come oggi l'unica gestione dei flussi è affidata al meteo”. Una chiusa che già fa intravedere, sotto la cravatta e la camicia abbottonata, la più agguerrita felpa indossata da chi non si accontenta certo di “intercettare le inquietudini del cittadino”, ma è abituato ad amplificarle fino a far assumere loro la consistenza di paure ancestrali mescolate con nuovi terrori, e quindi meno schizzinoso di raccogliere il consenso dove la vista si annebbia e gli istinti prevalgono.