Ospedale, Bolzano
Foto: Azienda sanitaria dell'Alto Adige/Ivo Corrà
Politics | L'analisi

Teniamoci cara la sanità pubblica

Positivo che l'assessore Messner abbia a cuore il mantenimento dei livelli di assistenza negli ospedali provinciali. Affidare troppi servizi ai privati sarebbe rischioso.
  • Uno passa davanti all'edicola e vede lo strillo di un quotidiano locale: “L'incubo di una paziente novantenne al Pronto soccorso”. Incuriosito (solo le cattive notizie sono buone notizie) legge e viene a sapere che l'anziana era caduta, fratturandosi tre costole e una vertebra. A segnalare il caso è la figlia: “Mia madre ha trascorso 13 ore al Pronto soccorso del San Maurizio, dalle 13 alle 2 di notte, prima di essere curata. Era in barella, si lamentava”. 

    La scena è drammatica e fa indignare. Però, un momento! Un'anziana donna in barella, dolorante, abbandonata per 13 ore... Via, non può essere proprio così, all'ospedale di Bolzano, con tutto che anche qui manca personale. Intanto avrà fatto il triage, che solitamente si sbriga in pochi minuti appena entri al Ps, per stabilire le priorità di trattamento con i codici rosso (emergenza), arancione (urgenza alta), giallo (urgenza moderata), verde (urgenza bassa), blu (non urgente). Inoltre, certamente la signora sarà stata sottoposta agli accertamenti necessari alla diagnosi ben prima delle 2 di notte, quando è stata dimessa. 

    La cosa è confermata giorni dopo, quando il quotidiano riprende la notizia e dà voce ai responsabili del Ps che ricostruiscono la vicenda, tornano a scusarsi e promettono di far meglio in futuro; si parla, tra l'altro, di un codice d'argento per gli anziani. Precisano poi che quel pomeriggio il Ps “ha fronteggiato circa 80 accessi” tra cui “5 pazienti in pericolo di vita e altri 7 con lesioni da compromettere funzioni vitali”. Vista così, la scena cambia, e le valutazioni pure. Alla signora e alla figlia va tutta la comprensione. Ma chi lavora al Ps deve prendersi cura di tutti i casi che si presentano e dunque deve agire secondo priorità.

    C'è una crescente domanda di salute, insieme alla speranza di poterla preservare sempre. Ed è questa domanda la causa delle lunghe attese.

    Attese di ore al Ps e attese di mesi per le visite specialistiche. Chi non si lamenterebbe, soprattutto se ha motivo di essere preoccupato e vive nell'ansia dell'incertezza? Però anche qui, in fondo, è la stessa situazione del Ps: troppi accessi e poco personale. Invecchiamo, viviamo più a lungo e perciò sviluppiamo più patologie che si cronicizzano, per ognuna delle quali ci aspettiamo analisi, terapie e assistenza. Ricorriamo alla piccola chirurgia per molti fastidi che non sono di importanza vitale, ma peggiorano la qualità della vita: ci operiamo di cataratta, di ernia, ci rifacciamo il ginocchio o l'anca... Nel campo della diagnostica si sviluppano apparecchiature sempre più sofisticate (e dispendiose), per le quali occorre formare il personale. Se abbiamo un neo, prenotiamo una visita dermatologica, se sentiamo un dolore insolito ci sono raggi, tac, risonanza magnetica, eventualmente biopsia, e altro. Le farmacie sono piene di pubblicità che invitano a farci l'elettrocardiogramma, lo sleep monitor, il profilo lipidico e quello glucidico, l'analisi del sangue, della pelle e via dicendo. C'è insomma una crescente domanda di salute, insieme alla speranza di poterla preservare sempre. Ed è questa domanda la causa delle lunghe attese. È come nel traffico: non siamo capitati in un ingorgo, l'ingorgo siamo noi. 

  • Hubert Messner: L'assessore alla sanità è un ex primario che conosce molto bene il settore. Foto: Seehauserfoto

    Si sa: un po' tutti siamo inclini a pensar male, piuttosto che bene. Siamo diffidenti verso gli altri e verso il “sistema”; vediamo inefficienze e disfunzioni anche là dove non ci sono, sospettiamo scandali e corruzioni, presumiamo di avere a che fare con persone incompetenti o peggio disoneste, ci sentiamo trattati ingiustamente, convinti di subire torti e soprusi. Non sempre, ma spesso.

    Ora, la diffidenza, come la paura, è un meccanismo di difesa. In molti casi è giustificata da episodi di corruzione e dalle pessime prove che l'amministrazione dà di sé, comprese le tante imprese private con il loro marketing aggressivo e la loro pretesa trasparenza. Sullo sfondo, mica tanto!, uno scenario inquietante tra guerre, mutazioni climatiche, crisi economiche, disuguaglianze crescenti, fondamentalismi religiosi ed etnici... L'incertezza del futuro ci rende ancor più sospettosi, severi e rancorosi. Ma se c'è un servizio di cui non abbiamo alcuna ragione di diffidare o sospettare, questo è il Servizio sanitario nazionale e, per quanto ci riguarda, quello provinciale. Qui gli ospedali garantiscono cure e assistenza 24 ore al giorno, ogni giorno dell'anno, in strutture adeguate e spesso di eccellenza, con tecnologie all'avanguardia e personale che si segnala per professionalità, dedizione e empatia.

    Dobbiamo rispetto alle persone cui affidiamo il nostro corpo malato. In tutti i casi gravi, il luogo dove veniamo curati e assistiti al meglio è l'ospedale. Le cliniche private, a parte la diagnostica, praticano interventi di piccola chirurgia, che non necessitano di grosse apparecchiature e dalle quali i pazienti escono di solito senza grosse complicanze – salvo che quando se ne presenta una, c'è l'ambulanza per il trasporto all'ospedale. Si presentano come efficienti, addirittura eleganti, camere singole, trattamento personalizzato e quant'altro. Ma nessuna clinica, almeno in Alto Adige/Südtirol, fa tanto quanto la rete ospedaliera, dove il sapere si accumula, i team si affiatano, le terapie si perfezionano. Nessuna è attrezzata meglio, né dispone di personale così qualificato, né di uguale esperienza.

    Gli imprenditori privati hanno riconosciuto da tempo il guadagno che c'è da cavare dal mercato della sanità. Le loro cliniche sono convenzionate con l'Azienda sanitaria, si fanno carico di certe prestazioni e incassano secondo un tariffario fissato dalla Provincia. Attualmente l'8,6% delle spese dell'Azienda se ne va per prestazioni pagate alla sanità privata. È decisivo che l'ente pubblico resti il perno di questa collaborazione, evitando il rischio di trovarsi esautorato dalle funzioni date in outsourcing, perché allora saranno loro, i privati, a dettare prezzi e condizioni da una posizione di maggior forza. È ciò che sta succedendo nella sanità in altre regioni ed è ciò che è successo in altri settori. L'Assessore Hubert Messner si è detto più volte intenzionato a mantenere questa centralità.

    Il Sistema sanitario nazionale è “fortemente sottofinanziato”, tanto da “non essere in grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza”. Dice così l'appello “Non passiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico” firmato da 14 scienziati, tra i quali il premio Nobel per la fisica 2021 Giorgio Parisi. L'Italia è tra i Paesi europei che spendono di meno per la sanità. Per il 2025 il Governo ha tagliato la quota del Pil destinata a questa voce: 6,2% contro il 6,6% del 2023, mentre la media europea è del 7,1%. Conseguenze: “arretramento di alcuni indicatori di salute”, “difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura”, “aumento delle diseguaglianze regionali e sociali”.

    Il servizio sanitario provinciale non presenta scenari allarmanti. Merito degli investimenti in strutture sanitarie fatti negli anni passati; e dei circa 10.000 dipendenti pubblici

    Anche la Giunta provinciale di Bolzano è sparagnina: calcolato sul Pil dell'Alto Adige/Südtirol (circa 25 miliardi), la quota destinata al bilancio dell'Azienda sanitaria nel 2024 (tra 1,4 e 1,5 mld) è intorno al 6%. Nonostante questo, il servizio sanitario provinciale non presenta scenari allarmanti, come quelli di altre regioni italiane. Merito degli investimenti in strutture sanitarie fatti negli anni passati; e merito soprattutto dei circa 10.000 dipendenti pubblici che vi lavorano.

    Noi diamo per scontato che lo Stato si prenda cura della salute dei suoi cittadini, senza che siano i pazienti a dover pagare le terapie, che costino 1.000, 10.000, 100.000 o più Euro (tranne che nei casi in cui c'è il ticket). Curiamo tutti, per tutte le malattie, a carico della fiscalità generale. Altri Paesi hanno le tradizionali “casse malati”, che secondo un principio mutualistico incamerano i versamenti degli iscritti per garantire le prestazioni sanitarie secondo tariffari contrattati. In una forma o nell'altra, la sanità ci è garantita. Ma ricordiamoci che solo una piccola parte dell'umanità gode di questo trattamento, praticamente solo l'Europa occidentale e, per quanto ne sappiamo, la Nuova Zelanda.

    Teniamocela cara, la sanità pubblica, finché l'abbiamo e finché dura.

Herr Giudiceandrea, ihr wort in gottes ohr, aber angesichts der vorfälle alla dr. Köllensberger, der politisch u fachluch gemobbt wurde u letztlich gekündigt hat, (u ähnliche fälle gibt es viele) sehe ich schwarz für daöffentliche gesundheitswesen in südtirol, denn es ist selber schwer krank

Wed, 05/29/2024 - 17:36 Permalink