Economy | Welfare terza età

Urge un albo badanti

Sono quasi 6 mila le lavoratrici che in Alto Adige attendono il rinnovo del contratto: crescono gli occupati e diminuiscono le tutele.
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Foto: Fabio Petrini

Si chiama lavoro domestico, ma in realtà include prestazioni che vanno dalle pulizie di casa alla sorveglianza dei bambini fino, e certo non da ultimo, all’assistenza a persone non autosufficienti, quest’ultimo lavoro, più propriamente di cura, prerogativa per la stragrande maggioranza delle cosiddette badanti. Una figura che ha assunto una connotazione centrale nel sistema del welfare in Alto Adige come nel resto del paese e che da venti mesi attende il rinnovo di un contratto già di per sé debole, se non lacunoso, rispetto ad alcuni tra i più importanti istituti di tutela, come la maternità e la malattia. Basti sapere che in entrambi i suddetti contesti, le lavoratrici sono licenziabili in deroga, nettamente in peius, alle normative vigenti in materia.
La crescente longevità e con essa l’incidenza di patologie legate all’invecchiamento e la non autosufficienza da una parte, e le difficoltà delle risorse pubbliche, e quindi degli investimenti in strutture sociosanitarie di accoglienza, dall’altra, hanno determinato un vero e proprio mercato del welfare che si alimenta di mano d’opera di cui le famiglie non potrebbero più fare a meno.

E i dati Astat, secondo cui a giugno scorso, in Alto Adige, i contratti in essere per il lavoro domestico, regolarmente registrati all’Inps, erano 5.500, in continua crescita rispetto agli anni precedenti, confermano il trend. La badante, senza ombra di dubbio, rappresenta la principale risorsa che grazie all’assegno di cura erogato dalla Provincia è sostenibile per migliaia di famiglie altoatesine consentendo non solo servizi a domicilio, ma anche la possibilità della massima flessibilità organizzativa, attraverso un rapporto privato tra famiglia e lavoratrice.
Il problema dell’assistenza domestica e a persone non autosufficienti è poliedrico e i suoi risvolti sociali sfaccettati: affrontarlo significa necessariamente accogliere i temi della femminilizzazione del lavoro domestico e della sua trasformazione in occupazione svolta prevalentemente da straniere con le conseguenze che questo comporta. In primis il fatto che i diritti concessi o negati alle immigrate e la loro regolarità, influenzano direttamente la condizione degli impiegati nel settore con inevitabili riflessi sul comparto stesso.
Sempre i dati Astat confermano infatti che il 92% degli occupati nel settore sono donne (61% comunitarie e 31% non comunitarie). I principali paesi di provenienza sono l’Ucraina (13,1% degli occupati), la Romania (9,5%) e la Moldavia (5,2%).
Un ulteriore elemento interessante che emerge dai dati Astat è il continuo innalzamento dell’età degli occupati  presso le famiglie: la fascia più rappresentativa rimane quella degli ultracinquantenni (55,5%), i quali accrescono di anno in anno la propria importanza a scapito dei 30-49enni e degli under 30. Elemento quest’ultimo che lascia presagire, senza necessità di una sfera magica, futuri risvolti sociali per le esigenze e l’assistenza di queste lavoratrici.
Una realtà di cui deve farsi carico la politica, perché gli effetti di tutto ciò si registreranno sempre più sulla qualità del servizio erogato nelle famiglie. Come Cgil-Agb siamo convinti che un valido e concreto aiuto potrebbe essere rappresentato dall’istituzione di un registro provinciale delle badanti: un albo alla cui iscrizione siano subordinati titoli, formazione continua attestata, regolarità contributiva da parte delle famiglie e fiscale da parte delle lavoratrici. In altre parole una sorta di piattaforma ad hoc per creare i presupposti basilari per lo sviluppo di un welfare per la terza età sano, regolare e di qualità.

Dalla nostra esperienza riteniamo che sia necessario supportare ulteriormente la rete di cura, in modo che la non autosufficienza non si trasformi per le 11 mila famiglie che hanno diritto all’assegno di cura e hanno optato per la soluzione a domicilio, in una spirale infernale, che si alimenta di disequilibri e irregolarità.