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L'informazione, bene pubblico che soffre

Nuove chiusure di iniziative informative in Trentino-Alto Adige. La ricerca di un nuovo business model ed i giornalisti categoria debole.

Continuano le brutte notizie all'interno del martoriato settore dei media, anche in regione. La prima viene indirettamente da Weinbergweg, passando per la Valsugana. Il ventennale mensile di valle “La Finestra” infatti chiuderà i battenti a breve, dopo essere stato recentemente acquistato da Athesia e immesso all'interno dei “giornali di valle” di Quimedia. L'idea è sempre più quella che un medium debba riuscire ad autosostenersi, anche in questo caso, nel quale l'editore ha una posizione di mercato decisamente dominante. In Valsugana intanto il papà de La Finestra, Armando Munaò, così come altri collaboratori del Bezirksblatt Athesia si sono organizzati ed hanno portato alla luce una nuova iniziativa, ValsuganaNews, sempre su carta.

Un'impresa coraggiosa, visto che se oggi è titanico riuscire a tenere in piedi un'iniziativa editoriale anche solamente online, su carta è quasi al di fuori delle ragionevoli possibilità. Anche La Finestra targata Athesia era partita dopo il restyling con 35mila copie e si è trovata via via con la metà delle copie ed una foliazione ridotta. Con le aziende locali che fanno sempre più fatica a pagare uno spazio ed a farlo con costanza.

Se la pubblicità è in caduta libera su quotidiani e periodici, in moderato calo in tv (dove però da dati Nielsen di luglio 2015 passa comunque sempre il 58,86% del totale pubblicitario), si è stabilizzata online mentre vede la “vecchia radio” ha una nuova giovinezza. Il vecchio modello di business però, più “industriale”, è chiaramente in crisi perché online non arrivano tutte le risorse perse dalla carta. Online le aziende possono farsi autonomamente pubblicità senza dover passare da chi propone contenuti informativi ed è faticosamente in definizione un modello di business che metta assieme servizio pubblico informativo ai lettori/spettatori/ascoltatori, condizioni umane di lavoro per chi sta dietro alle iniziative, equilibrio tra costi e ricavi.

L'avventura online de Ilfatto24ore.it

Dopo un anno di pubblicazioni recentemente si è chiusa anche l'esperienza di www.ilfatto24ore.it, giornale online edito dal consigliere comunale 5stelle di Rovereto Paolo Vergnano. Bella iniziativa, come tante altre di chi con buona volontà cerca di mettere online qualcosa di nuovo, perché online più che negli altri 3 canali più navigati (carta, tv, radio) il cittadino riesce ad avere un'offerta maggiore e più plurale. Ilfatto24ore in poco tempo era arrivato ad avere anche una media non trascurabile di 5mila visitatori al giorno, ma appunto nemmeno passati 12 mesi sono cominciati ad arrivare ritardi nei pagamenti, risorse scarse, fino alla chiusura dell'iniziativa.

Chissà se Vergnano, dopo questa breve esperienza editoriale, continuerà a supportare uno dei dogmi 5stelle, l'abolizione del finanziamento pubblico ai giornali. Altri giornali online locali si reggono sul fatto che siano iniziativa unipersonale o basino molto del loro supporto su lavoro volontario o quasi.

Nella recente discussione sul Mediengesetz in Consiglio provinciale a Bolzano, dove molti consiglieri hanno avuto esperienza diretta nell'ambito dei media, forse chi ha descritto meglio la situazione del settore è stato Riccardo Dello Sbarba, che ha sottolineato come ad ogni sua visita alle redazioni ci siano sempre più scrivanie vuote.

Passata probabilmente dal punto di vista culturale l'era dei “giornali di partito”, con relative laute prebende (ve lo ricordate “Il campanile” dell'Udeur di Clemente Mastella?), oggi anche il legislatore cerca di metterci il suo nella complessa costruzione di un nuovo business model per l'informazione. Anche in Trentino è in fase di definizione una proposta di legge sui media in Consiglio provinciale, con l'obiettivo per lo meno di suddividere la pubblicità istituzionale tra più soggetti.

 

La corporazione senza forza corporativa

In questo ecosistema dell'informazione in turbolento cambiamento ciò che è rimasto ancora abbastanza ai tempi dei linotipisti che avevano a che fare col piombo è come i giornalisti si organizzano fra loro.

Al di là dell'opportunità o meno di avere un'Ordine di categoria, è affascinante e vintage pensare che c'è ancora un accordo, almeno in regione, secondo il quale le cariche all'interno di Ordine, sindacato, Inpgi (ente previdenziale), Casagit (prestazioni sanitarie complementari) si spartiscono secondo un “manuale Cencelli” per provenienza e lingua.

Andando oltre i giochi di potere l'effetto concreto è che nei fatti vi è uno svilimento inaccettabile e continuo della professionalità del giornalista, dato dalla frammentazione descritta e da un'incapacità di andare oltre lo “status quo”.

Tanto che vi sono ad esempio dei Comuni che affidano la comunicazione istituzionale, aspetto fondamentale considerando anche il calo verticale dell'affluenza dei cittadini alle urne, proponendo un rimborso spese o magari 1500 euro lordi annui. Considerando che l'informazione è un bene pubblico, del quale tutti in qualche forma beneficiano, è un qualcosa che fa più che pensare...