Di cosa parliamo quando parliamo di mobilità inclusiva
Quali sono le difficoltà che incontra uno studente diversamente abile che desidera fare un’esperienza di studio all’estero? A questa e ad altre domande sulla “mobilità inclusiva” hanno tentato di rispondere quattro università, quattro istituti geograficamente vicini, quelli di Padova, Trento, Bolzano, e Innsbruck (in rappresentanza di tutti gli atenei austriaci); una ventina di persone fra addetti ai lavori, funzionari di varie università, studenti. Ad organizzare il convegno, che si è tenuto nel campus di Bolzano il 14 e 15 ottobre scorsi, Gabriella Dodero, prorettrice agli studi dell’Unibz e delegata del rettore alla disabilità. Fra gli ospiti presenti all’”Inclusive Student Mobility” Francesca Santulli (IULM di Milano e membro del consiglio direttivo della CNUDD - Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità); Gianni Morelli dell’Opera Università di Trento; Josef Leidenfrost del Ministero della Scienza, Ricerca ed Economia di Vienna.
Professoressa Dodero, come ci si prende cura degli studenti disabili all’interno del circuito universitario?
Ogni università italiana può contare su un delegato del Rettore che ha l’incarico di seguire il diritto allo studio per quanto concerne le tematiche inerenti alle diverse forme di disabilità e dal 2010 anche degli studenti affetti da DSA (disturbi specifici dell’apprendimento, ndr), come la dislessia. Per garantire tale diritto tutte le università statali possono contare su alcuni finanziamenti di cui il professore incaricato è responsabile. Riguardo i fondi che l’ateneo (privato) di Bolzano riceve dalla Provincia non c’è nessuna voce che include il diritto allo studio dei disabili ma di fatto, in merito, si comporta come tutte le università statali. L’unica differenza è che noi rendicontiamo alla Provincia e gli altri al Ministero. I delegati si incontrano due volte l’anno nell’ambito della CNUDD per discutere di nuove iniziative, di novità legislative, delle problematiche relative all’integrazione degli studenti disabili.
Problematiche come ad esempio?
C’è un problema grave in tante università italiane che è quello dei palazzi storici, dove non è possibile intervenire più di tanto. In molte strutture stati posizionati dei montascale ma la situazione non è ancora agevole. Gli istituti “nuovi”, invece, come L’Università di Bolzano o la Bicocca di Milano sono stati invece concepiti e costruiti già senza le barriere architettoniche, un grande aiuto nei confronti di molte disabilità.
Come si è giunti a discutere di mobilità internazionale nell'ambito della disabilità?
È lo studente stesso che chiede di poter andare all’estero. Il punto è che un ragazzo, in base alla sua disabilità, ha bisogno di una serie di aiuti che riesce con più facilità a trovare nella sua “comfort zone”, mentre quando è in un ambiente esterno fa più fatica ad ottenere. Ci sono quindi maggiori difficoltà per uno studente disabile in Erasmus, ma i finanziamenti che vengono erogati dovrebbero consentire un adeguato sostegno in tali circostanze e permettere a uno studente di concludere il suo percorso universitario facendo tutte le esperienze che ha il diritto di fare.
Quali testimonianze sono arrivate dagli studenti durante il convegno?
Olga, una ragazza che ha fatto l’Erasmus in Olanda utilizza un bastone per aiutarsi con la deambulazione e aveva difficoltà a girare per il campus, ha quindi affittato uno scooter per potersi muovere più facilmente. Questo affitto le è stato rimborsato da Erasmus. Ci sono poi casi più complessi. Un’altra studentessa, Chiara, ha bisogno di assistenza 24 ore al giorno e una sua compagna di corso si è offerta di accompagnarla in Erasmus, il guaio è che tutte e due dovevano vincere la borsa di studio per la stessa destinazione e questo non sempre è possibile perché le graduatorie non tengono conto dei rapporti di amicizia fra gli studenti.
All’estero i servizi sono adeguati?
Il problema è questo, perché non in tutti i paesi esiste una legislazione che tuteli gli studenti con disabilità. In Austria, come ci è stato raccontato dai colleghi al convegno, c’è un maggiore intervento dei servizi sociali e l’università è responsabile di garantire solo lo svolgimento delle prove d’esame; in Italia, invece, l'istituto è responsabile di garantire il diritto totale allo studio. Ci sono poi università all’estero che non hanno alcun servizio per i disabili.
Crede che occorrano nuove competenze?
Serve la rete. Noi a Bolzano, ad esempio, ci stiamo specializzando nel come gestire gli esami di lingua per i disabili e soprattutto l’iter amministrativo che ne segue. In quasi tutti i corsi di laurea italiani e non è obbligatorio conoscere una seconda lingua, che solitamente è l’inglese e il cui apprendimento è molto complicato per un dislessico, ad esempio. L’italiano e il tedesco hanno una cinquantina di fonemi, l’inglese ne ha più di duecento. Abbiamo sviluppato all’Unibz una procedura amministrativa per cui lo studente può laurearsi con un riconoscimento delle sue competenze massime raggiunte nella lingua inglese (in quanto la sua disabilità non gli permette di migliorare ulteriormente) e questo traguardo deve essere sempre raggiunto nel rispetto degli obiettivi formativi del corso di laurea.
Esiste in questo caso una formazione specifica del personale docente?
In questo senso siamo all’inizio, si tratta di un processo in continua evoluzione. Abbiamo organizzato una giornata di formazione e ne faremo delle altre. È una problematica piuttosto nuova, del resto la dislessia è riconosciuta solo dal 2010. Il messaggio è che lo studente disabile o affetto da disabilità deve “diventare grande”. Deve imparare quali sono le sue possibilità e quali sono i suoi limiti e deve soprattutto diventare autonomo. L’obiettivo è quello di riuscire a raggiungere il 20% degli studenti tutti che vanno a studiare all’estero, un’esperienza che è un fortissimo momento di crescita sia per i normodotati che per chi è affetto da disabilità.
Quanti sono gli studenti disabili all’interno dell’università di Bolzano?
Al momento sono una quindicina su 3.500, ma il numero aumenta ogni anno.
Di che tipo di disabilità parliamo?
Di tutte, dalla disabilità motoria a quella visiva e uditiva. In caso di sordità peraltro le difficoltà linguistiche sono particolarmente accentuate. Andare a studiare all'estero, seppure per un periodo limitato, significa riuscire a leggere le labbra in un’altra lingua, comprendere ciò che viene detto e infine dare l’esame; una bella sfida, insomma. Ma siamo fiduciosi che la rete di supporto che abbiamo creato sia in grado di dare risposte sempre più adeguate a questa e ad altre problematiche legate alla disabilità.